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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Una vita da centravanti puro



- di Luca Fazi - Luciano Riccardo per l’anagrafe, semplicemente Luciano per quegli amici che lo conoscono sin da piccolo… Liga per tutti coloro che grondano sudore ed emozioni vere ad ogni suo concerto.

A Correggio, città che gli ha dato i natali, i tipi come lui vengono definiti “… quelli che cantano invece di lavorare”. Non c’è da meravigliarsi, perché gente operaia abituata a faticare e a guardare la sostanza molto più della forma.

Luciano nasce introverso nella patria dell’esternazione emotiva, con una vena malinconica che alla fine farà la sua fortuna e quella di chi nei suoi testi ritrova la propria esistenza. Eppure quel palco non è stato scontato. Metalmeccanico, calciatore di serie minori, consigliere comunale, ragioniere, bracciante: in “certi notti” il microfono aveva i contorni dell’onirico.

Nel frattempo però si fa largo in un mondo, quello della radio, che dalla metà degli anni settanta apre ai radioamatori e a chi ha qualcosa da dire accontentandosi di colmare brevi distanze. A sedici anni è dura aver qualcosa da raccontare, intrattenere con del materiale proprio e, a dirla tutta, il rocker di Correggio non è il massimo come presenza nell’etere… ma ha una voce che resta difficile confondere con altre. Abbandona quindi presto antenne e trasmettitori (pur narrando di certi ambienti nei futuri film, brani e romanzi) per tentare quella strada che per i concittadini non è paragonabile al lavoro.


Cast di Radiofreccia, pellicola del 1998: esordio del Ligabue regista

Dagli Orazeroai Clan Destino, il passo è breve per emergere nel panorama che conta. Essenziale sarà inoltre la conoscenza, e poi profonda amicizia, con Pierangelo Bertoli il quale include nei suoi album alcuni pezzi di Luciano. Disco Verde (riconoscimento dedicato ai giovani artisti) al Festivalbar del 1990, dove saprà imporsi pure altre due volte ma nella categoria big (2002 e 2006): i “sogni di rock ‘n’ roll” si trasformano in certezze. Le rockstar di un tempo tendevano a bruciarsi ben prima dei trent’anni: lui invece a quell’età comincia giusto ad assaporare la notorietà, stando però sempre ben lontano da certi vizi che non gli appartengono.



Il cantare di Ligabue assomiglia ad un raccontare, con l’occhio mai distratto verso le proprie origini e quindi a quella provincia dalla quale tutto è partito. Al momentaneo flop del terzo album, risponderà con il successo di Buon compleanno Elvis del 1995: da lì in poi sarà solo un salire. Il primo San Siro (1997) lo lancerà definitivamente nell’èlite della musica italiana. Storie di paese nei suoi testi sì, ma anche ampi capitoli dedicati all’universo femminile del quale sa parlare come pochi. Con Campovolo del 2005 registra il record come affluenza per uno show musicale a livello europeo… la popolarità tocca vette vertiginose.

Le sue canzoni vengono apprezzate a diverse latitudini, tanto che un docente di filosofia le utilizzerà per spiegare la materia e scriverci persino un libro (Fare filosofia con le canzoni di Ligabue), ovviamente diviso in sette capitoli. Non di certo un numero casuale per il cantante che tale cifra la ricerca come un mantra, al punto di aprire i concerti all’Arena di Verona con 77 elementi tra orchestra e band… sette come le lettere che compongono sia il suo nome che il cognome.



La fede nerazzurra (per l’Inter) non l’ha mai nascosta e non è un caso che ad ogni gol casalingo del club, risuonino a decibel elevati le note di Urlando contro il cielo, il brano del secondo album inserito in penultima posizione (dove solitamente ci finiscono i brani di riempimento), ma diventato ben presto un cult per i suoi fan e non solo. Quegli “oh,oh,oh” sono l’inno di chi vuole sfogare le proprie ansie, anche solo per un minuto; quegli “oh,oh,oh” disegnano ad ogni concerto i volti sfigurati dei ragazzi che hanno passato la notte fuori pur di accaparrarsi quella benedetta prima fila.



Insomma, un vero animale da palco ben felice però di togliersi, a microfoni spenti, i panni dell’idolo per tuffarsi tra la sua gente, con il proprio (nel vero senso della parola essendone produttore) lambrusco, ascoltando il folk rock di Neil Young… e ovviamente accanto ad una chitarra (che imparò a suonare da autodidatta).

Nella sua Correggio (tra quegli abitanti che durante le riprese notturne di Radiofrecciagli gridavano dalla finestra l’originale “C’è gente che dormono”, non nascondendogli al contempo una forte stima e riconoscenza) ritrova ogni volta l’intimità che da lì a poco si trasformerà in musica e parole. Passano gli anni ma non passerà mai la convinzione che, con lui, il meglio deve ancora venire.



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