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"Vi racconto mio padre Lucio". Intervista a Eleonora Angeletti

  • Immagine del redattore: Luca Fazi
    Luca Fazi
  • 17 nov 2019
  • Tempo di lettura: 7 min

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- di Luca Fazi - Da pochi giorni aveva fatto il suo ingresso l’estate, la stagione delle scuole chiuse, degli amori nati, cresciuti e finiti nel giro di un weekend al mare e delle temperature elevate. Eppure, quel maledetto 24 giugno del 2019 è stato capace di riportare i brividi del freddo a tutti i gualdesi… i brividi di chi perde qualcosa di prezioso, con la consapevolezza che da quel momento in poi nulla sarà come prima. Sì perché colmare il vuoto lasciato dai nostri cari defunti è sempre un’impresa ardua, quasi impraticabile, figuriamoci se l’assenza in questione ha le proporzioni di un cratere che non lascia traccia nel terreno ma squarci abissali nei nostri cuori. Le notizie che filtrano con il passaparola, qualche sms che resta complicato persino leggere per l’incredulità, whatsapp che diventa una polveriera di messaggi e poi la conferma: Lucio Angeletti se n’è andato!

Chi era? Ho sempre creduto che per descrivere una persona non siano sufficienti le parole, perché queste non sarebbero mai impregnate di quella totalità di emozioni, ricordi e gesti che invece può tratteggiare in maniera più accurata l’anima vera dell’uomo in questione. Forse perché, un freddo vocabolo non potrà, neanche una volta, compararsi con un caffè preso insieme, due battute scambiate all’interno di un negozio o di quella pacca sulla spalla che avvicinava senza ricorrere a cose plateali. Ecco allora che la domanda si trasforma e il verbo passa al presente con vista al futuro: chi è Lucio e cosa continuerà ad essere per noi?

Il responso non può che giungerci dalla sincera commozione che in tantissimi hanno esternato, e continuano a farlo, verso un personaggio che a Gualdo poteva benissimo essere etichettato semplicemente con il nome… subito si pensava a lui. Il responso passa anche per quei polpastrelli pigiati in una tastiera per inviare il proprio ricordo, insieme a una preghiera: che la stima e l’affetto gli arrivino fin lassù. Per una volta, non conta se ci sono errori grammaticali e nessun professorino social sottolineerà le inesattezze… sarebbe come guardare il dito di chi ci indica la Luna. Ognuno prova a celebrarlo come può poiché in ognuno ha lasciato un segno.

Cuoco sopraffino, meraviglioso Ponzio Pilato nella storica processione del Venerdì Santo, giovane giocatore di basket oltre che provetto deejay nei primi anni di Radio Tadino: sempre assoluto protagonista. Sì, ovviamente volto storico dei Giochi de le Porte, nonché vera icona per il popolo gialloblù di San Benedetto… e anche qui si è contraddistinto in positivo. No, non parlo solamente per esser stato il priore del primo palio o del record di vittorie conquistate con la propria porta: Lucio è riuscito a ricevere elogi e stima da tutti gli avversari, diventando simbolo di un movimento che ha in comune il colore dell’amore per Gualdo.


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Lucio nelle vesti di Priore di Porta San Benedetto

L’estate sarà stata pure scarsa di piogge ma in quel giorno di giugno abbondanti precipitazioni lacrimali hanno inondato i visi di moltissime persone… e al solo pensiero di quel gigante buono il flusso ricomincia. Allora meglio lasciare lo spazio a chi quel colosso di bontà l’ha conosciuto da sempre, condividendo i momenti più intimi e l’ambiente più sacro… quello familiare.

La figlia Eleonora non è una persona estroversa, forse il suo carattere è indirizzato proprio al polo opposto, eppure ha saputo aprirsi in questa intervista trovando un coraggio che con molta probabilità lei stessa non credeva di possedere. Le parole non sempre escono con facilità dalla sua bocca e certi ricordi fanno più male di altri, ma non esiste nodo in gola che possa resistere all’amore puro. Non leggerete risposte che non abbia meditato appieno, scandendo i tempi con il respiro a mo’ di metronomo… non leggerete risposte prive di sentimento. Il dolore di Eleonora è percepibile a distanza, così come la rabbia per aver perso un padre che in fin dei conti era un padre per molti. Prima di iniziare con l’intervista mi preme ringraziarla, ancora una volta, per la disponibilità e soprattutto per la tenerezza mostrata senza armature… cara Eleonora, non potevi darmi insegnamento migliore.


Più di quattro mesi sono passati da quel giorno: che sensazioni provi ora?


“Mi piacerebbe dirti che il dolore si sia attenuato e che il tempo mi abbia aiutato a curare le ferite… magari poi, ma al momento non sento nulla di tutto ciò. Forse nei primi periodi ero ancora ovattata dalla botta emotiva e dalla moltitudine di persone che mi hanno mostrato vicinanza, ma sto male e non ho intenzione di simulare uno stato d’animo che non ho. Mi sforzo di regalare sorrisi, per far del bene a me stessa e ai miei cari, eppure non è facile. Non sono mai stata brava a fingere e ragiono con il cuore… lo stesso che, in parte, è andato perso con la scomparsa di mio padre”.


Cosa ti manca maggiormente di lui?


“Sarò banale ma tutto. Manca lui e basta. Mi manca sapere che domani non ci sarà e così sarà ugualmente il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Può suonare strano ma, seppure sia naturale che i figli assistano alla morte dei padri e non viceversa, io non mi sentivo pronta e non ho mai pensato a un’esistenza senza di lui… ora è dura fare i conti con la realtà. Era il mio tutto: era vita e mi manca quella vita”.


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Lo storico Ponzio Pilato nella processione del Venerdì Santo

Che padre era Lucio?


“Giustamente ti rispondo da figlia, però ti assicuro che era speciale anche come marito e nonno. Una colonna per la famiglia, un riferimento per ognuno di noi. Sapevi con sicurezza che lui, in qualsiasi modo e per qualsiasi situazione, ci sarebbe stato. Sin da bambina mio padre e mia madre mi hanno mostrato con gli insegnamenti l’importanza della Famiglia, quella con l’effe maiuscola… quella dove nessuno è lasciato solo. Non ricca economicamente ma florida di valori, di presenze e affetto sincero. Tutte qualità che non si possono acquistare e che in casa mia non sono mai mancate. Mio padre, come ti dicevo, è stato anche un marito meraviglioso. Hai presente quelle coppie perfette che ne trovi al massimo una su mille? Beh, mio padre e mia madre sono stati una rarità, una meravigliosa rarità. Da piccola sognavo di sposarlo… sì insomma, uno come lui. Poi cresci e capisci che le sue doti umane rasentano l’unicità. Infine nonno. Per mio figlio Mattia posso dire che è stato addirittura un padre e ogni suo momento libero dal lavoro era anche per lui”.


Già, il lavoro: anche lì era un numero uno…


“Tutto merito della passione e determinazione. Aprire un ristorante era il suo sogno e c’è riuscito… di questo ne sono felicissima. Sai quante volte lo vedevo magari stanco per la mole di lavoro eppure non smetteva mai di perfezionare o inventare nuove ricette dai sapori particolari. Non aveva hobby specifici e riversava nella cucina tutte le sue abilità. Sono orgogliosa dei riconoscimenti che gli sono stati conferiti pure in questo campo”.


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Lo Chef Lucio: maestro nell'arte culinaria

Lucio - Gualdo Tadino, binomio indissolubile: cosa amava di più della città?


“Sicuramente era legato ai suoi amici, quelli di sempre. Gli stessi che anche se non ti è possibile vedere, sai ugualmente che ci sono… gli uni per gli altri. Poi è chiaro, ha partecipato in mille attività ma non ci sono dubbi… quella a cui si sentiva più legato erano i Giochi de le Porte. E’ stato uno dei fondatori e poi è rimasto nel cuore di tutti i portaioli, non solo quelli gialloblù. Questo mi sottolinea, semmai ce ne fosse stato bisogno, la sua grandezza. Ricevere la stima di tanti non è semplice, soprattutto nel mondo contemporaneo dove le bassezze e le cattiverie prendono spesso il sopravvento”.


Quali sono le cose che te lo fanno ricordare di più?


“In questo periodo è un martirio perché ogni cosa mi parla di lui. Non sono esagerata se ti dico che lo penso sempre, da quando mi sveglio fino al momento di andare a dormire. E poi… e poi c’è la notte ma anche lì mi capita di sognarlo quasi ogni volta. Mi manca da morire…”.


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Alessandro Del Piero in visita a Gualdo Tadino: nella foto Lucio, sua figlia Eleonora e sua moglie Graziella

Qual è stato l’insegnamento più grande che ti ha donato?


“Se sono cresciuta buona e leale il merito è il suo e di mia madre. Mio padre mi ha sempre spinto a praticare l’onestà e comportarmi bene. Però ci tengo a dire che i suoi insegnamenti non erano quelli di chi freddamente parla e poi se ne frega; insegnava con i fatti, dando il buon esempio lui in primis, attraverso le azioni quotidiane. Anche per questo la sua scomparsa fa più male… uomini come lui farebbero sempre comodo. Io spesso fatico a riconoscermi in questo mondo e osservavo il modello di mio padre per distrarmi dalle cattiverie presenti… nella sua presenza trovavo il conforto che mi serviva”.


Come ha affrontato la malattia negli ultimi giorni?


“Onestamente non credevamo che sarebbero stati gli ultimi e speravo sempre in un miglioramento. Forse, a ridosso di quel maledetto giorno, aveva capito qualcosa ma mi auguro con tutto il cuore che non si sia accorto di nulla”.


Qual è stato il vostro ultimo momento?


“Poco prima che ci lasciasse… se ci ripenso mi manca l’aria. Sono entrata in rianimazione e avrei voluto dirgli un miliardo di cose ma sono solo riuscita a dargli un bacio e una carezza. Il tempo di dire a mamma che sarebbe servito un miracolo ma… le preghiere sono rimaste inascoltate”.


C’è qualcosa che avresti voluto dirgli in particolare?


“Mi viene da risponderti con la parola “GRAZIE”: appena sei lettere ma dotata di un potere unico. Ringraziarlo per ciò che ha fatto, per tutte le volte che c’è stato e mi ha aiutata pur non meritandomelo. Grazie per quella famiglia che ha creato e conservato con un amore sconfinato… grazie per l’uomo che è sempre stato. Grazie pure per esser stato un nonno speciale e per mio figlio Mattia addirittura un padre. Poi avrei voluto dirgli in più occasioni quanto lo amassi ma sono serena… ne era pienamente a conoscenza. Bastava uno sguardo per intenderci. Non era uno di quei padri che in continuazione danno abbracci ma non perdeva modo di dimostrare affetto nel concreto. Da genitore provo ad emularlo, cercando di riprendere i suoi insegnamenti, ma io sono molto meno paziente e non ho la sua forza”.


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Nonno Lucio con il nipotino e la figlia Eleonora

Eppure sul palco del Talia hai dimostrato una forza immensa…


“Era l’omaggio di una città intera per mio padre… con fatica ho provato a fare del mio meglio. Mi conosci, sai che non amo mettermi in mostra e parlare davanti alla gente mi resta difficile. Per lui però farei di tutto e con le lacrime agli occhi sono salita sul palco… ti giuro, credevo di non farcela. Tante le persone che mi sono state vicine e moltissime le persone realmente commosse. È stato per diversi un padre, un fratello o un amico… ciò mi riempie il cuore d’orgoglio. Lui purtroppo non c’è più e niente potrà far tornare le cose come prima, però avere la certezza che in molti lo pensano dà piacere… è come se lo rendessero immortale”.


Infatti lo é. Grazie di cuore Eleonora… grazie mille per questo dipinto di emozioni.


“Grazie a te”.


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Padre e figlia: non serve aggiungere altro





Testo integrativo all’articolo uscito ne “Il Nuovo Serrasanta” (numero di Novembre 2019)


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