Storie di Sanremo - Quando Baudo divenne SuperPippo (1)
- Luca Fazi
- 28 gen
- Tempo di lettura: 5 min

- di Luca Fazi - Doveva essere il Festival del vincitore già annunciato.
Nelle settimane che precedono l’edizione di Sanremo numero quarantacinque, infatti, tutti i pronostici gravitano intorno ad un unico nome: Fiorello.
Proprio così, il talentuoso showman catanese - già presentatore di successo grazie ai programmi come Festivalbar e, soprattutto, Karaoke - si presenta sul palco dell’Ariston decorato con i gradi del trionfatore indiscusso e con un brano, Finalmente Tu, firmato dall’iconica coppia anni Novanta composta da Max Pezzali e Mauro Repetto.
Doveva essere il Festival del vincitore già annunciato… e non c’entra solo la musica.
I quotidiani si concentrano su Rosario Tindaro Fiorello anche perché, nel periodo preso in esame, risulta fidanzato con la bellissima Anna Falchi che proprio in quel 1995, neanche a dirlo, è una delle “vallette” scelte dal Pippo nazionale (insieme con l’altrettanto affascinante Claudia Koll).
Doveva essere il Festival del vincitore già annunciato, ma Fiorello non regge al meglio la pressione e stecca nella prima serata. Lui stesso dichiarerà, in risposta alla provocazione del critico Mario Luzzatto Fegiz, dopo un acceso DopoFestival:
“Sono fatto di carne e ossa… sono salito su quel palco e mi sono cagato sotto”.

Non sarà l’anno giusto neanche per l’altro papabile sulla carta, ossia lo stesso Max Pezzali che figura in gara non solo come autore. Il recente distacco da Repetto e la febbre a 39°, ad ogni modo, non gli agevolano la settimana della kermesse più importante d’Italia; la sua - tutt’altro che sanremese - Senza averti qui deve accontentarsi di un irrisorio ottavo posto (tre gradini sotto Fiorello).
Sì, è l’edizione che vede la definitiva consacrazione di Giorgia come una delle più promettenti voci italiane, mentre nelle settimane successive si canticchia, a casa come negli uffici, il motivetto di Toto Cutugno, Voglio andare a vivere in campagna, seguito dall’immancabile “Ah ah”.

Tutto vero, certo, ma non facciamo finta che sia finito qui: il Sanremo del ’95 verrà ricordato per altro.
È la sera del 23 febbraio quando il conduttore Baudo sveste, di colpo, gli abiti di scena per indossare l’immaginario mantello da SuperPippo. Tra la folla, infatti, prende vita un mormorio che impiega pochi istanti ad incrementare i propri decibel. Il presentatore interrompe dunque l’intervista e indica la balconata del teatro. Lì, sospeso nel vuoto, appoggiato alla balaustra in piena modalità capo ultrà, c’è un signore pronto per mettere a referto una delle pagine sanremesi più caratteristiche di sempre. No, non si tratta del solito Mario Appignani, al secolo Cavallo Pazzo, che meriterebbe senz’altro una menzione d’onore nell’ipotetica antologia del trash. Mi riferisco invece a Pino Pagano che, in una notte di febbraio, si presenta davanti a milioni di telespettatori con il suo maglioncino dalle geometrie baldanzose. Tra gli astanti serpeggia da subito una forte preoccupazione.
Si dice che il folle voglia buttarsi.
Si dice che abbia seri problemi di lavoro, se non proprio disoccupato.
Si dice che sia Cavallo Pazzo travestito da Fausto Leali che vincerà un Festival truccato (per info, ricontrollare Sanremo 1992).
Boutade a parte, Pino Pagano dichiara di essere disperato e minaccia seriamente - almeno a parole - di buttarsi dalla balconata. Pippo, nel frattempo, infila i panni dell’eroe e lo raggiunge sul posto dopo essere passato tra la folla con fare solenne. Si avvicina all’uomo per tranquillizzarlo - “Ti aiuterò… non ti faccio arrestare” - e sussurrargli parole che potrebbero aver ispirato, anni dopo, alcuni sceneggiatori di Don Matteo. Il reverendo Baudo, d’altronde, compie quello che agli occhi dei più - sul momento - si traduce in un salvataggio al limite del miracoloso: Pippo Santo subito!
In realtà sarà lo stesso Pagano, pochi mesi dopo, a raccontare la propria versione. Sarebbe stata tutta una messa in scena, concordata con alcuni organizzatori della kermesse (lo stesso Baudo, forse, ne era al corrente), per garantire a Pagano la notorietà che cercava e al Festival la certezza degli ascolti da record. Versioni prontamente smentite dai vertici Rai, poi confermate solo in minima parte ed infine messe a tacere e tralasciate. Versioni, per l’appunto, abili a smuovere più di un dubbio fugace e che hanno prontamente catturato l’attenzione di chi, a quel tentativo di suicidio, non ha mai creduto.
Trascorreranno diversi anni per poter leggere, finalmente, l’intervista concessa a Vanity Fair da un Pino Pagano tornato sull’argomento.
“Hanno detto che non avevo un lavoro,” racconta il protagonista di quel 23 febbraio “invece facevo consegne con il mio furgone in diverse località dell’Emilia. Volevo diventare famoso, farmi conoscere… e così ho contattato persone vicine a Baudo, ma mai lui”. Lo stesso presentatore, secondo quanto riportato da Pagano, gli avrebbe donato una banconota da 500mila lire come immediato sostegno economico: “Tieni, queste sono per il cappuccino”.
A dir poco singolare, sempre leggendo alcuni passi dell’intervista, si rivela la narrazione che riguarda gli attimi antecedenti al fatto.
“Al bar del teatro, dove ho incontrato Luciano De Crescenzo, mi riempii di Montenegro per farmi coraggio… quando mi decido a raggiungere la balconata, mi trovo una signora che non voleva farmi passare… le dico ‘spostati dai coglioni’ e la scavalcai”.
Il resto è storia
In quegli anni Pino Pagano tira su qualche soldo grazie alle ospitate nei locali e riesce persino a produrre un disco - intitolato Martina – che, oltre a passare in qualche radio, è divenuto un pezzo pregiato per collezionisti e individui dalle varie, e non meglio specificate, problematiche mentali (si scherza!).

Purtroppo la vita - e qui termina il tono scanzonato - non è stata affatto clemente con il caro Pagano che dal 2000, a causa di un brutto male, vive senza un polmone e con tutte le difficoltà del caso. È probabile che i contorni esatti di questa vicenda, ormai trentennale, non verranno mai delineati con millimetrica precisione. Ciò che sappiamo, senza tema di smentita, è che l’uomo con il maglioncino più famoso dell’Ariston non ha mai rivendicato il gesto con fierezza:
“Ho fatto una cazzata di cui mi pento e Sanremo non lo guardo mai… ne ho fin sopra i capelli”.
Già, doveva essere il Festival del vincitore già annunciato e invece passò alla storia per un episodio lontano dalla competizione.
Del resto l’appuntamento musicale più atteso in Italia è da sempre così, imprevedibile e adornato da continui colpi di scena. Già, Perché Sanremo è Sanremo!, come sottolinea il rap melodico composto proprio per la quarantacinquesima edizione e divenuto, con giustificato merito, la sigla storica della manifestazione.
Non conosceremo mai l’esatta verità del 23 febbraio 1995, ma sarà comunque impossibile non avvertire una profonda simpatia per i due protagonisti.
E allora grazie…
A Baudo per aver creato, insieme ad eccellenti e lungimiranti collaboratori, l’impasto degli attuali Festival.
A Pagano va invece una carezza che la vita, spesse volte, si è dimenticata di offrirgli.
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