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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

NO al bullismo: la storia di Tatiana Minelli


- di Luca Fazi - Nei suoi capelli rossi come il fuoco c’è la determinazione di chi vuole affiorare anche controvento; nella carnagione chiara invece, simile alle bambole di porcellana, tutta la dolcezza di chi coltiva ancora una sana innocenza, malgrado la realtà si presenti spesse volte volutamente brutale. E poi? Beh, sicuramente un animo speciale che si mescola al coraggio: parlare delle proprie ferite non è di certo semplice. Tatiana Minelli, gualdese classe 1992, è stata vittima per lungo tempo di un pessimo fenomeno sociale che negli ultimi anni si è alimentato inoltre della proliferazione web e del suo becero uso: il bullismo.

Quando è cominciato?

“Ho sempre sofferto di obesità, ma le prese in giro che ricevevo ai tempi delle scuole elementari e medie rientravano nella “norma”. Invece, quando cominciai le superiori, iniziò per me un vero inferno. Tutto si originò da una mia compagna di classe, che non si limitava nell’offendermi ma provava, purtroppo riuscendoci, a farmi terra bruciata intorno. Praticamente mi sono ritrovata isolata nel giro di pochi mesi, vivendo con angoscia il suono della sveglia che ogni mattina mi avvicinava a quella tortura quotidiana, mai fisica, solo verbale ma non per questo meno importante”.

Cosa ti veniva detto?

“Un numero indefinito di “fai schifo”, “balena”, “ma ti sei vista?”, “scaldabagno” e con la lista potrei andare avanti per ore. Sono stata sempre timida e riservata… forse era questa la mia “colpa”. Se avessi reagito, sempre senza la violenza che ovviamente non tollero, magari sarei stata più serena. Solo che in quel momento non mi sentivo in grado di farlo e, sbagliando, mi sono chiusa in me stessa prendendo tutti quegli insulti. Nel primo quadrimestre del primo anno avevo in pagella solo dei sette e diversi otto… alla fine mi ritrovai con tre insufficienze”.

Come ti sentivi in quei momenti?

“Come mi facevano sentire quei compagni, ovvero sbagliata. Sono arrivata pure a farmi dei piccoli tagli nelle mani e in pancia… è brutto dirlo, ma ho pensato di farla finita. Portavo in classe dei guanti per coprire i segni, eppure anche questi erano motivo di attacchi e frecciatine a riguardo. Ti giuro, vivevo un massacro continuo e solo Dio sa quanti pianti mi sono fatta al buio della mia cameretta”.

Chi ti è stato accanto?

“Devo dire grazie solo ai miei genitori, gli unici che ci sono stati sempre. Non volevo che si intromettessero nella questione e ho cercato di tenerli fuori dalla vicenda, ma il loro amore non è mai mancato. Poi la migliore amica, che purtroppo frequentava un altro istituto e viveva, ironia della sorte, una situazione molto simile alla mia. Con lei mi confidavo e i nostri fardelli, messi insieme, non pesavano come sommati ma dimezzavano nel peso complessivo. Peccato non aver ricevuto il giusto sostegno dai prof, assenti ingiustificati in tal senso se non complici di ciò che ho dovuto patire… non intervenire, certe volte, è peggio del fare male”.

Nel penultimo anno qualcosa è cambiato…

“Sì, mio padre andò a parlare con i docenti e penso che sia stato molto convincente. Qualche giorno dopo, in mia assenza, venne indetta una riunione tra insegnanti e la classe… alcuni miglioramenti li notai. Però, nessuno mi avrebbe ridato indietro il passato e ti assicuro che andare dallo psicologo a quindici anni non è stato indolore, quindi ormai puntavo solo ad arrivare in quinto e terminare quella sofferenza”.

Nel frattempo nasceva la passione per la fotografia: come ti ci sei avvicinata?

“Sì, nonostante il periodo nero, prendeva vita ciò che è stata ed è per me una terapia, una valvola di sfogo potentissima. A sedici anni mi fu regalata una Canon rosa; mi divertiva immortalare i momenti, tuttavia la utilizzavo soltanto per gite o qualche occasione particolare. Poi a diciotto ricevetti una Reflex e mi appassionai all’argomento, studiando da autodidatta. Considera che in quel periodo non c’erano ancora tutti i gruppi, più o meno amatoriali, che ci sono ora e perciò il mio interesse prese campo in maniera genuina, senza seguire la moda… anche perché, per indole, non l’ho mai seguita su niente. Fotografo perché mi fa stare bene”.

E i tuoi soggetti non sono mai casuali…

“Direi proprio di no! Amo immortalare più le persone che il resto, ma nei protagonisti degli scatti ricerco sempre il “difetto” fisico che in fin dei conti ci rende unici. Non siamo tutti uguali ed è proprio la bellezza della nostra diversità, secondo me, ad unirci. Può sembrare un paradosso ma non lo è. Ecco perché adoro dar risalto al diastema, alle lentiggini o alla pelle disegnata dalla vitiligine… c’è tanto splendore in ciò che l’occhio poco sensibile non vede”.


Fotografia e lotta al bullismo possono incontrarsi?

“Assolutamente sì, ed è per questo che sto sviluppando un progetto inerente all’argomento. Ho fatto un appello social al quale hanno risposto in diversi… ma il numero è destinato a salire. Si chiama Proud, orgoglio in inglese, e consiste nell’immortalare su sfondo bianco e con le spalle scoperte il soggetto vittima di bullismo. Sulla fronte viene scritta, con la matita rossa, la parola che più di tutte gli è stata urlata in faccia dal proprio bullo. L’impatto emotivo è forte e credimi, è bellissimo vedere una persona che si apre con te. Prima dello scatto mi raccontano la loro storia e in quel momento è come se buttassero via gli ultimi rifiuti di tutto il fango ricevuto. Mi piacerebbe che in questo progetto partecipassero in tanti, purtroppo il bullismo colpisce molti, ma mi rendo conto che sono pochi quelli che riescono a parlarne. Vuoi o non vuoi ti segna… però si supera, ve lo garantisco!”.

Tatiana per il progetto Proud - Foto di Marco Bazzucchi

A tal proposito: cosa vorresti dire ai giovanissimi?

“Se si hanno le forze mentali, di reagire e non permettere MAI a nessuno, e questo “mai” scrivilo in maiuscolo per favore, di farci sentire inferiori, inadatti ed inutili. Ovviamente cercare il sostegno nella propria famiglia, negli specialisti del settore e in chiunque sia in grado di darci una mano. Denunciare è sacrosanto e non scordiamoci che il primo step parte da noi; convincerci che non siamo ciò che ci dicono, non siamo, grazie a Dio, la cattiveria che esce da quelle bocche aride di umanità”.

Mentre ai tuoi bulli? Saresti in grado di perdonarli?

“Sai, fino a qualche anno fa provavo molta rabbia verso di loro; ora, dentro di me, non la sento più e questa è una delle mie vittorie più grandi a livello personale. Perdonarli? Penso che a distanza di tutto questo tempo non abbia molta logica parlare di perdono o meno. Diciamo che un po’ mi fanno tenerezza perché di base essi stessi hanno dei grossi limiti mentali… altrimenti non si spiegherebbero le violenze gratuite. Quindi ti dico che non gli do più peso, ma non sono falsa e non posso scordare ciò che mi è stato fatto. Perdonare forse, dimenticare mai… quel malessere te lo porti dietro. Comunque, da un lato, potrei pure ringraziarli…”.

In che senso?

“Beh, se sono diventata caratterialmente forte e con le spalle larghe, in parte lo “devo” a loro. Io penso che alla fine il bene trionfi sempre e che l’ottimismo abbia la meglio sulla negatività. Volevano distruggermi e invece sono risorta, finalmente libera di essere me stessa. Ho intrapreso in seguito il percorso della Sleeve (gastrectomia verticale parziale, ndr) per diminuire di peso e ora, anche grazie alla palestra che frequento assiduamente, mi sento meglio. Non pensare però che la scelta chirurgica sia stata dettata da motivi puramente narcisistici o a causa del bullismo subito: sentivo di farla per me, l’ho fatta e sono felice del risultato”.

Che Tatiana è quella di oggi?

“Una Tatiana che sorride alla vita, sempre sensibile e riservata ma con le porte aperte all’allegria. Mi godo le situazioni senza aver fretta di portarle a termine; negli anni del liceo non vedevo l’ora che arrivasse la maturità per uscire da quelle mura, ora invece, in tutto ciò che faccio, mi gusto ogni panorama che c’è tra un inizio ed una fine. Tutto questo insieme alla mia famiglia, agli amici e a Marco, che non è solo il mio fidanzato ma soprattutto un ragazzo d’oro con il quale qualsiasi cosa appare così naturale e colorata. Poi, c’e sempre la mia passione per la fotografia che è diventata un lavoro… mi sento fortunata. Credete sempre in voi stessi e non abbattetevi mai… nel tramonto si prende coraggio solo se pensiamo all’alba che verrà”.

Grazie per questa intervista Tatiana… in bocca al lupo per tutto, sempre consapevole però che il sorriso ritrovato sarà eternamente il tuo scatto (o per meglio dire selfie) riuscito meglio.

“Grazie a te".



* Intervista pubblicata ne "Il Nuovo Serrasanta", numero di febbraio - Anno 2020

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