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Lucio Battisti: il coraggio di dire no!

  • Immagine del redattore: Luca Fazi
    Luca Fazi
  • 9 set 2018
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 8 set 2021


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Una sera d’estate, la sabbia ancora rovente per le pazze temperature della giornata appena trascorsa, un falò improvvisato con sopra qualcosa da cuocere, la compagnia di sempre oppure trovata al momento, una chitarra… e le canzoni di Battisti ad accompagnare il tutto. La ricetta potrebbe sembrare banale o legata ai soliti cliché eppure è uno scenario che stenta a morire, ripetendosi ogni anno con modalità diverse ma alla base la stessa melodia. Tutto ciò profumerebbe di normale ma la magia non si ferma a quegli accordi imparati a memoria, piuttosto risiede nell’animo spensierato di chi continua a suonarli: ragazze e ragazzi che non hanno mai avuto la fortuna di sentire Lucio dal vivo eppure la sua musica continua a girare come un filo conduttore fra qualcosa che è stato e ciò che continua ad essere. Battisti nasce a Poggio Bustone nel ’43 da babbo Alfiero e mamma Dea e in famiglia non sarebbe il primo Lucio in quanto lo stesso nome venne dato al primogenito, venuto alla luce tre anni prima ma deceduto poco dopo aver passato il suo secondo compleanno. A chiudere il cerchio c’è una sorella minore, Albarita, che sarà un punto di riferimento fondamentale durante l’intera esistenza dell’artista. Il valore della riservatezza appartiene da sempre a tutta la famiglia ed ecco spiegato perché risulterà assai complicato avere informazioni riguardanti l'infanzia e le passioni… il suo essere chiuso non l’abbandonerà mai. Sin da bambino, dopo il trasferimento a Roma, tiene i capelli lunghi tanto da esser scambiato spesse volte per una femmina e il suo atteggiamento tranquillo il più delle volte viene confuso per eccessiva timidezza. Per giocare ha poco materiale a disposizione ma di fantasia ne ha da vendere in quantità industrial: con una matita, qualche sassolino ed una manciata di fogli riesce ad immaginarsi scene ogni volta diverse e divertenti. Fuori dagli orari scolastici gli piace servir messa insieme ad altri amici, tanto che la sua mente da bambino lo spinge ad immaginarsi, in un futuro non troppo lontano, già con la veste talare pronto a predicare la parola di Dio. L’idea non gli dispiace per niente ma uno schiaffo ricevuto da un sacerdote (forse perché parlava durante la funzione) lo porterà ad osservare quel mondo in maniera diversa, staccandosi un poco alla volta.


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I primi anni della Nazionale Cantanti: qui Lucio insieme a Morandi

E’ ben noto che le passioni, specialmente da giovani, vengono e vanno e per Lucio sembra arrivare (ma senza nessuna voglia di partire) quella musicale, grazie anche ad una chitarra ricevuta in regalo a circa quattordici anni. Gli anni passano e quelle corde vengono pizzicate molto più del tempo dedicato sui libri per la furia del padre Alfiero che minaccia di rompergli lo strumento in testa. Il futuro cantante sa benissimo quale sarà il suo percorso una volta finiti gli studi come è perfettamente consapevole che la leva obbligatoria gli porterebbe via tempo prezioso per il suo sogno musicale; il genitore, essendo invalido di guerra, potrebbe firmagli l’esenzione militare ma in cambio vuole la garanzia del diploma certo del figlio. Lucio affronta con dedizione gli ultimi mesi della sua carriera scolastica e riscuote il “premio” tanto desiderato. Siamo nel 1962 e Battisti, con quel pezzo di carta da perito industriale, inizia a cercare gruppi interessati ad averlo in squadra. In quel periodo vedere ragazzi impegnati nel campo musicale era pane quotidiano ma quelli bravi (e fortunati) a trasformare la passione in lavoro risultavano essere una scarsa minoranza. La band napoletana dei “Mattatori” sarà la sua prima famiglia artistica ma se trovare locali per suonare non era un problema lo diventavano le tasche vuote a fine serata. Allora passa ai “Satiri” dove riesce a viaggiare fra Germania ed Olanda, rubando qualche trucco del mestiere ed osservando mostri sacri all’opera, Bob Dylan su tutti. Sembrano essere degli anni cupi ma diventeranno quelli di formazione e maggiormente utili per il suo percorso.


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Battisti si prepara in camerino durante il Sanremo del 1969

Infatti incontrerà, una volta tornato in Italia l’editrice Christine Leroux che di professione cerca giovani talenti da presentare alla casa discografica “Ricordi”. La donna sarà una delle prime a credere in Lucio facendogli conoscere Giulio Repetti, in arte Mogol. Quest’ultimo inizialmente non crede molto nelle capacità canore dell’artista ma con il passare dei mesi ne individua le qualità uniche e decide di dar vita ad una collaborazione destinata a fare la storia. Sarà addirittura il paroliere lombardo a convincere, minacciando le dimissioni, la Ricordi affinché promuova il primo 45 giri di Lucio, “Dolce di un giorno/Per una lira”. L’etichetta musicale non vede in Battisti un volto da star e continua ad avere seri dubbi sulle doti del cantante ma la convinzione di Giulio è ferma e così uscirà il contenuto musicale con il cantante raffigurato di spalle nella copertina…un compromesso fra le due fazioni. L’uscita non ha riscontro di pubblico ma la partecipazione a Sanremo 1969 muoverà le attenzioni di molti, critici compresi. Il brano in gara (portato insieme a Wilson Pickett) “Un’avventura” terminerà nono con alcuni giornalisti che lo paragonarono nel look ad Attila re degli Unni e chi (come Natalia Aspesi) affermerà di trovare nella sua voce "come dei chiodi che stridono in gola". Accuse poco simpatiche da parte dei “soliti noti” che vedevano in Battisti un anticonformista senza arte né parte e troppo poco impegnato. Erano i tempi che le canzoni avevano quasi sempre messaggi importanti e collegate a certe ideologie politiche ma Lucio no… Lucio cercava di raccontare scene di vita quotidiana, allontanandosi da certe tematiche ma senza finire sul banale cuore/amore. L’avventura sanremese porta in dote popolarità fra i giovani che l’apprezzano per quel suo stile unico e a suo modo rivoluzionario; nel giro di due anni domina al Festivalbar ed escono autentici capolavori che vanno da “Balla Linda” a “Non è Francesca”, passando per “7 e 40”, “Acqua azzurra, acqua chiara” e “Mi ritorni in mente”. In quel periodo conosce una segretaria del Clan Celentano, Grazia Letizia Veronese, che in poco tempo diventerà una solida e quotidiana realtà nella vita dell’artista. Le contestazioni sull’atteggiamento del cantante laziale, poco propenso a rilasciare interviste, continuano a farsi sempre più dure e di basso livello ma l’altra faccia della medaglia, la moltitudine di persone che sogna con i suoi brani, rimangono la miglior risposta a tutte le varie accuse. Nel programma “Speciale per voi” di Renzo Arbore si trova letteralmente attaccato da ogni lato da persone che gli danno del miracolato per stare alla ribalta senza apparenti capacità tecniche; lui non perde la calma e con un “sotto maestro con la base” pone fine all’interrogatorio iniziando a cantare. Battisti è rimasto sempre quel bambino riservato, ecco perché riesce a digerire male i colpi bassi e le frecciatine che vanno ben oltre la sfera artistica.


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Mina e Lucio: con la "Tigre di Cremona" farà la sua ultima comparsa nella tv italiana

I rapporti con i giornalisti diventano sempre più tesi fino ad arrivare al punto di rottura definitivo…deciderà che le uscite dei dischi rimarranno gli unici contatti con il suo pubblico. L’ultima comparsa in tv risale al 23 aprile del 1972 dove a Teatro 10 regala puro spettacolo interpretando insieme a Mina brani sia suoi che della “tigre di Cremona”. Sul palco si intendono alla meraviglia e quel ricordo non può che fare ancor più male pensando a quanto quei due avrebbero potuto ancora dare se solo fossero stati trattati diversamente. L’anno successivo nasce Luca, il primo ed unico figlio di Battisti, ed anche qui insorge la polemica. I fotografi cercano in tutti i modi di entrare nella clinica privata per avere in anteprima l’immagine del neonato ma Lucio manda via tutti in malo modo aumentando ancora di più l’astio dei paparazzi. Non a caso il giorno successivo esce un articolo montato ad hoc su una presunta relazione fra il cantante e Zeudi Araya, nota attrice erotica, e come se non bastasse Novella 2000 attacca l’atteggiamento di Battisti scrivendo che “ha paure anche delle ombre” con altre righe piene di veleno e calunnie. Sarebbe bastato questo per procuragli dolore ma a completare il quadro arrivarono le accuse di essere un fascista, in un periodo come detto piuttosto delicato da questo punto di vista. Quel “oh mare nero” o “planando sopra boschi di braccia tese” diventano un forzato appiglio per attaccarlo, mettendo in giro la voce che fosse un finanziatore del Movimento Sociale. Lucio stava pagando a caro prezzo il suo successo e malgrado non perdesse occasione per ribadire di non sentirsi un divo, sempre più piccanti ed “originali”erano le battute pesanti nei suoi confronti. Di certo non poteva risultare sempre simpatico dato il suo modo di agire secondo i principi e senza guardare chi avesse davanti… che sia il primo o l’ultimo, il ricco o il povero, per lui contava comportarsi come meglio credeva e non per convenienza. Allora ecco che appare chiaro il suo rifiuto ai manager dei Beatles, desiderosi di portare fuori dallo stivale i suoi lavori dandogli un tocco internazionale, solo perché trovava ingiusto che i produttori percepissero ben il 25% dei diritti. I suoi no ad essere intervistato da Enzo Biagi, come quelli rifilati a Lucio Dalla per una collaborazione, sono il frutto di chi non guarda ad un possibile evento solo con l’occhio economico ma con quello della correttezza e dei principi. Lucio sarà capace di rifiutare persino 2 miliardi di lire proposti da Gianni Agnelli in persona che chiedeva la sua esibizione al Teatro Regio per un appuntamento sponsorizzato dalla Fiat. Per Battisti si era già andato ben oltre il consentito fra attacchi personali e bassezze di vario genere, quindi non era più tempo di dare spazio a chi cercava il gossip a tutti i costi… per lui “l’artista non esiste, esiste la sua arte!” Cerca di distaccarsi da tutto rifugiandosi nella famiglia ed in quella Grazia Letizia che nel frattempo era diventata sua moglie. Si scioglierà pure l’intesa artistica fra lui e Mogol; alla base potrebbero esserci state divergenze economiche o semplicemente il non trovarsi più nell’ambito lavorativo. Quest’ultima tesi non sarebbe da scartare osservando i lavori successivi dell’artista: gli archi e fiati tanto cercati in passato fanno spazio agli strumenti elettronici, dimostrando ancora una volta quanto Lucio sia stato un’artista di difficile collocazione musicale viste le varie trasformazioni nei generi.


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Lucio e Mogol insieme per la cavalcata ecologica da Milano a Roma nel 1970

Il nuovo paroliere al suo fianco diventerà Pasquale Panella con il quale non riuscì mai più a raggiungere i fasti passati, discostandosi dai suoni di un tempo. Dopo un incontro quasi casuale con Celentano vennero gettati le basi per un lavoro che avrebbe coinvolto anche Mina ed un album che si sarebbe dovuto chiamare H2O; il molleggiato, che aveva invitato Lucio a discuterne nella sua abitazione, si dimenticò dell’appuntamento e quando riuscì a risentire il cantante laziale non c’erano più le intese trovate prima, forse alterate dal fastidio per il “torto” ricevuto. Battisti disse che in caso d’interessamento si sarebbe fatto sentire lui…quella chiamata non arriverà mai. Gli ultimi anni li vive come desiderava, lontano dalle luci dei riflettori tanto da diventare quasi un’entità paranormale alla quale venne pure dedicata una parte del programma “Va ora in onda” (prima serata su Rai Uno) chiamata “Gli Abbattistamenti” nella quale si andava alla ricerca del cantante “scomparso”. Nel 1997, e con internet che iniziava a farsi largo, uscì pure un pesce d’aprile ideato da Franco Zanetti : il giornalista scrisse su rockol.it che il nuovo album di Lucio sarebbe uscito interamente sul web con il titolo l’Asola. Nel giro di pochissimo la notizia fu battuta anche da prestigiose testate giornalistiche, non consapevoli dello scherzo e di quel presunto nome che letto alla romana e senza apostrofo stava per “la sola”, o meglio dire la fregatura. Lucio se ne andrà in quella forma anonima che l’aveva accompagnato negli ultimi anni di vita, quasi in contrasto con la caratura dell’artista ma perfettamente coerente con la sua personalità. Tumore al fegato o chissà che cosa…anche questo è rimasto in ombra. Pure nella camera ardente dell’ospedale venne dato l’accesso solo ai familiari più stretti tanto da creare disagio per i parenti di un ragazzo di 19 anni (morto lo stesso giorno e messo nella stessa stanza) che dovevano dribblare giornalisti e semplici curiosi pur di vegliare il loro caro. Ai funerali saranno ammessi solo una ventina di persone compreso il caro Mogol con il quale aveva condiviso tutto, dai successi discografici ad un pazzo tragitto con i cavalli da Milano a Roma fatto per dar risalto al fascino della natura e costato ben 180 ore di viaggio. Lascia al mondo un figlio amatissimo, che negli anni settanta ha rischiato pure di perdere per rapimento (forse per mano dell’Anonima sequestri) se non ci fosse stato l’intervento miracoloso della babysitter, e una moglie che è stata per tanti anni il suo rifugio emotivo da quel caos della notorietà. Lascerà anche la sua eredità artistica che a differenza delle cose futili e di poco valore non conoscerà mai la parola fine ma vivrà in ogni chitarra, magari anche solo strimpellata, intenta a riprodurre “La canzone del sole” piuttosto che “I giardini di Marzo”. Se solo avessimo più attenzione e pensassimo meglio alle parole che facciamo uscire dalle nostre bocche, magari ci ritroveremmo a far meno del male, accorgendoci pure che in certe gole non c’erano chiodi ma fiori pronti a sbocciare. No signori, Battisti non era un fascista, un comunista o quel che volete…Battisti era prima di tutto umanamente Uomo ma con una classe infinita.

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