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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

La storia della piccola Sara Mariucci e le guarigioni miracolose - La testimonianza della mamma Anna



* dall’articolo presente nel numero di marzo, anno 2021, de Il Nuovo Serrasanta










- di Luca Fazi - Anna Armentano è una di quelle persone che ascolteresti all’infinito. Ogni parola ha il proprio peso. Ogni affermazione si basa su contenuti rilevanti che spingono inevitabilmente alla riflessione.

Per una mamma non può esistere dolore più grande della scomparsa della propria figlia, eppure Anna riesce a parlarne perché “se la mia testimonianza è capace di aiutare qualcuno, donando messaggi di speranza, sono doppiamente contenta… fa felice pure Sara”. Dalla voce della donna traspare l’animo di chi ha trovato la serenità dopo l’incontro con Dio. La storia della piccola Sara – e delle guarigioni a lei collegate – non può lasciare indifferenti.

Prima di riportare nero su bianco il dialogo che ho avuto con la mamma Anna, concedetemi una piccola quanto doverosa digressione. La donna è anche un’infermiera, un lavoro che con l’esplosione della pandemia ha visto sommarsi altri disagi alle ordinarie difficoltà. Colgo dunque l’occasione per ringraziare lei, i suoi collegi e tutto il personale sanitario coinvolto a fronteggiare questo nemico invisibile.


Il fatto


È il 5 agosto 2006 quando la piccola Sara Mariucci (neanche quattro anni), durante una vacanza in Calabria con la mamma Anna Armentano (calabrese) ed il babbo Michele (eugubino), rimane folgorata dopo aver poggiato i piedini sulla pedana metallica del gioco elettronico presente in una giostra.

La sera prima c’era stato un dialogo molto particolare con la madre, iniziato dalla stessa bambina:

“Quando ero piccola, ero in un posto lontano, meraviglioso… sopra una nuvoletta” – “Ah sì? E con chi eri?” – “Con la mamma Morena” – “E chi è la mamma Morena?” – “È l’altra mia mamma” – “E com’è questa mamma?” – “È buonissima” – “Più buona di mamma Anna?” – “Sì” – “Dimmi… descrivimi questa mamma Morena” – “Ha i capelli blu e gli occhi castani come i miei” – “E tu lasceresti mamma Anna per andare con mamma Morena?” – “Sììì”.

Anna rimane turbata dal racconto (nessuno di familiare porta quel nome) e ne parla con il marito senza tuttavia riuscire a darsi una spiegazione. Quattro giorni dopo, a tragedia avvenuta, Michele fa delle ricerche nel web e scopre che in Bolivia la Madonna è venerata con il nome di Morena e celebrata proprio il 5 agosto, quando Sara è salita in cielo.

Da quel momento in poi, San Martino in Colle di Gubbio (dove abitano i nonni paterni e riposa il corpo della piccola) diventa meta di pellegrinaggio e sempre più persone dichiarano di vederla apparire in sogno o di ricevere miracolose guarigioni; uno dei casi più particolari riguarda la testimonianza di Luana Cavazza, affetta da un tumore al midollo spinale e guarita dopo aver pregato Sara.


Che bambina era Sara?


Mamma Anna e la piccolissima Sara

“Essendo la madre sono di parte ma potrei descrivertela come una bambina dolce e al contempo dal carattere forte. Cercava sempre di non offendere le persone; per esempio, quando i nonni si autodefinivano vecchi, lei diceva puntualmente “no, non siete vecchi… siete grandi”. Aveva un sorriso particolare e teneva spesso gli occhi rivolti verso l’alto. Tante volte si incantava ammirando il cielo”.


Di quel giorno d’agosto che cosa ricordi?

“Era una bella giornata di sole, luminosissima, ma dopo l’incidente fui avvolta dal buio. Cercai di rianimarla con il massaggio cardiaco, però mi resi conto che ormai Sara non c’era più. In quel momento avrei voluto soltanto morire; nella mia esistenza mi era già capitato molte volte di soffrire ed un nuovo dolore non avrei potuto accettarlo. Il corpo esanime non volevo neanche vederlo. L’ho portato al pronto soccorso, lasciandolo tra le braccia di un sanitario. Non sarei entrata neppure nella camera ardente”.


E invece?

“Un’amica di mia sorella, che aveva perso un figlio sedici anni prima, mi sollecitò a vedere il corpo di Sara dicendomi che in futuro me ne sarei pentita di non averlo fatto. Seguii il consiglio poiché quella donna era l’unica che poteva comprendere il mio dolore… con il senno del poi le valutai come parole di Dio.

Andai nella camera ardente di Trebisacce e sia io che mio marito osservammo una forte luce che si sprigionava dal volto di Sara sino ad invaderci l’anima; in quell’istante abbiamo avuto la certezza che la vita di nostra figlia non si era arrestata ma stava continuando, più forte di prima. Ricevemmo uno spirito nuovo, sentendo un’emozione inedita e confortante. Era il 6 agosto, il giorno in cui si celebra la trasfigurazione di Gesù… rileggendo quei vangeli c’è tanta luce”.


Quando hai compreso che le parole di Sara avevano un senso ben preciso?


“L’intuizione fu di mio marito durante il viaggio di ritorno verso Gubbio, dove si è svolta la messa di resurrezione della nostra bambina… funerale è un termine che non amiamo utilizzare. Nella camera ardente di Trebisacce, dietro la piccola bara bianca di Sara, era presente un drappo raffigurante la Vergine con un lungo velo azzurro che le incorniciava il viso, simile ad una chioma. Michele, ripensandoci, mi domandò:

“E se i “capelli blu” fossero il velo della Madonna?”.

A cerimonia conclusa, si è messo a cercare nel web e ha scoperto che in Bolivia la Vergine è chiamata proprio con il nome Morena ed è festeggiata il 5 agosto, esattamente quando Sara è salita in cielo”.


Nella tua vita hai affrontato altri drammi, come la morte di tua madre uccisa da tuo padre e la malattia di tuo cognato: ti sei mai chiesta “perché proprio a me”?

“Prima di incontrare Dio me lo chiedevo ma ora che so chi è, quindi un Padre che ci ama tantissimo, non mi pongo più domande. Semmai rifletto sul perché mi abbia concesso una vita così piena e anche, permettimi, così bella. Quest’ultima frase può sembrare scandalosa ma ti garantisco che non è cosi. Ho ricevuto tanto amore e il mio unico pensiero è su come poter fare per ridistribuirlo a chi ne ha bisogno. Ecco perché non rifiutiamo mai di lasciare una testimonianza; abbiamo il desiderio di far arrivare questo infinito amore, l’amore di Dio, anche agli altri”.


Dopo la sua morte sono avvenuti diversi episodi particolari, come la guarigione di Luana Cavazza: che spiegazioni ti sei data?

“Solo Dio può fare i miracoli, servendosi alcune volte di “strumenti” per farci sentire ancor più vicino la sua presenza. Certo, meglio stiamo su questo mondo e meglio è, ma questa vita è solo una minuscola parentesi. In fin dei conti cosa sono i miracoli? Delle guarigioni temporanee, tuttavia lo straordinario arriva quando è l’anima a ristabilirsi. Se tu sei malato nel corpo ma guarito nello spirito puoi affrontare tutto in maniera diversa.

Nella storia di Sara è come se Dio avesse voluto mettere un sigillo, lasciando un messaggio di speranza per chi soffre. Ti posso assicurare che la guarigione più importante di Luana riguarda quella del cuore, ossia il fatto di sentirsi una persona nuova dopo esser stata illuminata dalla stessa luce che ha rivestito me e mio marito”.


Altro episodio caratteristico riguarda una foto del dicembre 2006: puoi raccontarcelo?


Il ricordino di Sara venuto in negativo

“Eravamo nella chiesa di San Martino in Colle quando un fotoreporter, venuto da Milano, insistette affinché mi scattasse delle foto con in mano il ricordino di mia figlia. Non ti nego che ero molto infastidita, anche perché non amo teatralizzare la vicenda, così, dentro di me, chiesi a Sara e a Dio se avessi dovuto fare quella foto oppure no… insomma, un segnale che mi aiutasse a capire. Nel frattempo il fotografo scattò con la sua macchinetta professionale e mi ricordo che si mise subito seduto con il viso scioccato. Gli chiesi cosa fosse successo e lui mostrò l’immagine in cui c’era il mio volto normale, ma quello di Sara appariva in negativo. Ho decifrato quel fenomeno come il segno che avevo richiesto poco prima. Certamente sono rimasta sbalordita ma poi ho capito il motivo: lei vive costantemente nella luce”.

La canonizzazione della piccola Sara è qualcosa di probabile?

“Questa domanda dovresti girarla ad Enrico Solinas (postulatore, giudice laico presso il Tribunale Ecclesiastico regionale ed autore del libro “La grande storia della piccola Sara Mariucci e di Mamma Morena”, ndr) che si sta occupando della vicenda. Attualmente non è possibile, anche se non è da escludere che un domani cambi qualcosa all’interno della Chiesa. In tutta onestà lascio questo discorso fuori da me perché sarà la volontà di Dio a decidere. Se una canonizzazione servisse per portare più cuori vicino a Lui, ben venga, altrimenti andrà benissimo lo stesso. È Dio che fa la storia… non noi”.


Non ti capita mai di provare momenti di tristezza pensando a Sara?

“Tristezza no, è una sensazione che non mi appartiene pensando a lei. Avverto invece la nostalgia di vederla, di sentire il suo calore o di ascoltare la sua vocina tenera”.


Quando la senti più vicina?

“Sicuramente quando prego e ancor di più durante l’eucarestia. Può sembrare banale ma è lì che la ritrovo ed è tangibile la sua presenza. Lei non appartiene al passato ma continuiamo a vivere insieme”.


Ti è mai apparsa in sogno?

“No, neppure una volta. Appare a molte persone ma non a me. Sai, penso che non ci sia neanche bisogno. La sento sempre accanto e forse ha capito che non ho la necessità di sognarla”.


Oltre a lei, hai cinque figli. Il più grande, Daniele, è l’unico che ha conosciuto Sara: come ha vissuto/vive la scomparsa della sorellina?


Anna e Michele con la numerosa famiglia

“Come si evince anche dalla sua testimonianza riportata nel libro, è molto arrabbiato con Dio. Non accetta che possa permettere la sofferenza. Lui vede in me e in Michele la serenità e si stupisce. Senza dubbio deve fare il suo percorso, d’altronde anche noi eravamo distanti da Dio prima che ci raggiungesse quella luce. In quanto genitori non lo forziamo perché i tempi vanno rispettati ma preghiamo per lui. Come ha già detto, non esclude che un giorno ci sarà un riavvicinamento. Adesso è arrabbiato ma questo significa che comunque lo considera nella sua vita… non ti arrabbi con chi non esiste, sbaglio?


Nonostante tutto, non definisci “disgrazie” le cose che ti sono accadute?

“Assolutamente no. La vera disgrazia sarebbe quella di vivere in assenza di Dio e credere che la vita finisca qui. Che senso avrebbero tutte le sofferenze se non ci fosse qualcosa di più grande? Noi siamo eterni in Colui che è eterno”.






* Il sottoscritto resta a disposizione degli eventuali aventi diritto di cui non sia stata citata nelle foto la fonte






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