La bomba che esplose a Vaccara di Gualdo Tadino nel 1942
- Luca Fazi
- 22 giu 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 10 giu 2022

- di Luca Fazi - Il trascorrere del tempo ha la proprietà di lenire, giorno dopo giorno e non senza fatica, quei lutti familiari o vecchie cicatrici che noi tutti, prima o poi, incontriamo nel nostro percorso terreno. Come fosse una pomata miracolosa invisibile agli occhi ma sensibile all’umore, ci affidiamo al corso naturale e frenetico della vita con la speranza che Crono faccia il suo lavoro e diventi la panacea di tutti i mali. Tutto ciò perché ci sono attimi, frazioni ben scandite di esistenza, che portano in dote delle disgrazie giunte con la potenza di un uragano dal quale è dura risollevarsi e ripartire: una tragedia come quella che colpì la famiglia Marinelli di Vaccara l’11 giugno del 1942. Quel giovedì di settantasette anni fa sconvolse come non mai la frazione di Gualdo Tadino, andando a strappare brutalmente le giovanissime vite di Riccardo e Verena (Marinelli appunto) e della loro nonna Maria Luisa Bassetti. Era tempo di guerra e anche sul nostro territorio non mancavano di certo le varie esercitazioni militari… e molte di queste riguardavano il lancio di ordigni. Riccardo, appena quattordicenne, trovò una bomba nelle vicinanze dell’abitazione chiamata Casamattone (essendo questa l’unica della zona costruita interamente in mattoni) e decise di portarla con sé nel piazzale davanti alla dimora, probabilmente non capendo a pieno cosa avesse in mano.

La curiosità trova sempre spazio nelle menti di chi anagraficamente ha pochi viaggi alle spalle ma con la fantasia risulta già abile nel costruirsi prospettive infinite; così il ragazzo tentò di aprire quell’oggetto apparentemente inodore ma che al contrario emanava un fetido sapore di morte. Giunsero anche la sua cuginetta Verena, di cinque anni, e l’altro cugino Enio, futuro primario del laboratorio analisi nell’ospedale di Gualdo, per osservare da vicino cosa contenesse quell’insolito “tesoro” trovato per caso: la creatività li portava forse ad una mappa da pirata o magari un messaggio segreto… ovviamente non alla loro distruzione. Riccardo entrò in casa (dove abitava la famiglia di Enio insieme alla nonna) e prese un martello con il quale iniziò a battere sul corpo dell’ordigno. I primi colpi non bastarono e continuò. Non era l’epoca di videogiochi lobotomizzanti né quella del selfie narcisistico: i bambini, per giocare, sapevano improvvisare con quel poco che c’era a disposizione e quel poco veniva ampiamente apprezzato. Nel frattempo il padre di Enio, Antonio detto ‘Ntonino, uscì dall’abitazione spinto dai continui e ritmati rumori; il tempo di osservare la scena e poco più… il boato coprì tutto. In quel maledetto istante furono cancellate per sempre le vite dei piccoli Riccardo e Verena, due angeli saliti in cielo troppo in fretta.

Antonio ed Enio rimasero feriti, con quest’ultimo che riportò alcuni sfregi nella parte destra del viso, ma gli strazi provati nei loro cuori… quelli sì che furono delle lesioni ben più indelebili. La gente di Vaccara, quella non chiamata alle armi, era a lavorare nei campi e accorse prontamente sul luogo della tragedia; una calca di persone concentrata sui corpi innocenti e intorno ai feriti, ma nessuno si era accorto che la morte avesse bussato pure alla porta della nonna dei Marinelli. Maria Luisa, infatti, era rimasta seduta sulla sua sedia con la testa inclinata in avanti ma assumendo ugualmente una posizione del tutto naturale; purtroppo però una delle schegge contenute nella bomba le aveva trafitto un fianco, non lasciandole alcuna speranza di sopravvivere. Si era pensato che stesse dormendo o chissà che cosa ma non che avesse raggiunto eternamente i suoi nipotini.

Alla sciagura si aggiunse pura la scomparsa del maiale dei Marinelli, colpito mortalmente dall’esplosione. Comprendo benissimo che può apparire irrispettoso citare l’animale in confronto alle tre persone decedute, tuttavia non scordatevi che siamo negli anni ’40 e in mezzo ad un conflitto mondiale; quella bestia era fondamentale per l’economia di un nucleo familiare e tale perdita aggiungeva problematiche non di poco valore al già salatissimo conto pagato con il destino. Ancora oggi, dopo più di mezzo secolo di distanza, ci giungono notizie di qualche ritrovamento bellico, di portata più o meno modesta, pericoloso e pronto a devastare con la sua improvvisa ferocia… figuratevi in quel periodo. Non è un caso che per diversi anni, sui muri all’entrata delle scuole, venivano appesi dei manifesti illustrativi, alquanto diretti e dal messaggio forte, dove si chiedeva di non raccogliere per nessun motivo gli oggetti trovati in giro e riconducibili a delle bombe. Riccardo e Verena, insieme alla nonna Maria Luisa, purtroppo non sono stati altro che una minuscola parte di una lista ben più ampia di nominativi deceduti con la stessa, o almeno simile, modalità.

La Vaccara nel corso dei decenni ha vissuto un vasto spopolamento e la sempre più bassa presenza degli originari del posto, insieme al passare degli anni, hanno in parte relegato nel dimenticatoio questa toccante pagina di storia nostrana. Cammino per la zona e passo davanti a Casamattone, accompagnato da un leggero vento pronto ad aumentare il suo vigore; il cielo non promette nulla di buono e sembra imminente l’arrivo di una tempesta. Improvvisamente però filtra, eroico, un raggio di sole che illumina quel piccolo piazzale… pochi secondi e il chiarore diventa più forte. Mi piace pensare che lassù quegli occhi puerili e curiosi non abbiano finito di emozionarsi, che i dolci boccoli della piccola Verena siano ancora pieni di vita e che, soprattutto, quel gioco sia continuato senza brusche e non richieste interruzioni. Il fascio di luce diventa timido fino a scomparire: ora c’è nonna Maria Luisa che vi guarda e con lei tutti i vostri cari. Anime candide, tornate pure a giocare nel celestiale parco dei divertimenti e che possiate riposare in pace.

Articolo ripreso da Il Nuovo Serrasanta , nel numero di giugno 2019.













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