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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

L'ipocrisia (social) ai tempi del Covid


- di Luca Fazi - In principio era una battaglia a colpi di hashtag. Tanti, tutti apparentemente sentiti e che facevano capo al gettonato quanto abusato #andràtuttobene.

Mesi certamente difficili quelli del lockdown, dove il terrore ci divideva tra l’immediato (il rischio di infettarsi e le immagini degli intubati come macabro promemoria) e il futuro (attività con saracinesche abbassate senza garanzie di poterle risollevare): altamente comprensibile. Perciò, com’è giusto e naturale che sia, abbiamo fatto squadra, uniti dalle comuni preoccupazioni e distanti (per una volta) dalle cattiverie gratuite e dalle sentenze sputate come veleno… ma l’idillio è durato similmente ad un gatto in tangenziale.

Settimana dopo settimana è tornato in superficie quello sterco, sia verbale che scritto, capace di intasare la quotidianità e le home page delle varie piattaforme. Già, i social network sono stati lo specchio del cambiamento repentino: dai buoni sentimenti al regno dell’ipocrisia. Ci siamo trasformati in “abili” controllori delle vite altrui, scrutando ogni movimento per poi raccontarlo (… e che un post non lo fai?!) agli amici di Facebook.

Ma dove c***o va la gente che passeggia sotto casa? No raga, c’è un viavai continuo che non potete capire”.

E ancora: “Ho visto uno con la mascherina abbassata. Che schifo!”.

Sono solo un paio degli infiniti commenti che qualche illuminato si è sentito in dovere di esternare pubblicamente nei social, battendosi il petto e proclamandosi duro e puro. Poco importa se gli individui monitorati viaggiavano in solitaria, magari a bordo di una bici e in mezzo al verde più incontaminato: i guardiani diramavano la propria sentenza al suono della spietata tastiera.

Poi il numero dei contagi è diminuito (per fortuna!), così come quello dei casi in terapia intensiva e dei deceduti, ma la coerenza è andata a… farsi “un reggae in spiaggia” (che Alessandra Amoroso - con annessa tutta la Big Family - ed i Boomdabash mi perdonino per la citazione).

Vi ricordate degli abili controllori menzionati poc’anzi? Beh, la maggior parte di questi sono stati tra i primi a rimpinzare i profili con frasi e foto alquanto discutibili, se non altro perché in assoluta contrapposizione con quanto predicato nel corso dei mesi. Non era ancora giugno e già immortalati con i piedi a mollo:

Finalmente il mare… quanto mi sei mancato”.

E già, perché di solito una nuotatina ci scappava pure in aprile (specialmente nel Centro e Nord Italia) e ‘sto impedimento infame ci ha costretto persino il gusto di quattro bracciate: dimmi un po’ che ci tocca fare per una PANDEMIA! Ovviamente non può finire qui, perché una bella ed immediata rimpatriata fra conoscenti è obbligatoria. Quale migliore occasione, una volta avviata la Fase 2, per riabbracciare l’amico che non vedevamo da cinqu, diec… vabbè, facciamo pure vent’anni. Sì, ma il momento non avrebbe valore se non venisse fotografato e spiattellato nei social, dunque:

Finalmente riuniti!” con hashtag prevedibili quanto un singolo estivo dei Boomdabash – che poi mi stanno pure simpatici, lo giuro! – e individui (attaccati guancia a guancia) sistemati in pose naturali come le labbra di Valeria Marini (che non se la prenda la Valeriona nazionale).

Come dite? Trovate irreale che i precedenti controllori seriali siano ora gli stessi a trasgredire le distanze di sicurezza, fregandosene dell’utilizzo della mascherina? Che siano gli stessi a dire “… ma hai paura?” ogniqualvolta cercate di mantenere le distanze per tutelare voi e loro? Lo so, vi capisco, è dura da accettare ma ciò appartiene alla realtà. I (finti) duri e puri hanno lasciato spazio ai banchetti pantagruelici condivisi nelle rinominate città turistiche e no.

La sera si cantava dai balconi, mentre di giorno venivano stabilite le contromosse da adottare per la temibile “battaglia del lievito”; il passaggio al “non ce n’è Coviddì” è solo l’ennesima ciliegina avariata di una torta scaduta da un pezzo.

I controllori del lockdown condividevano in massa la fotografia di Anna Frank, ricordando al resto del mondo il sacrificio della giovane, costretta a nascondersi per più di due anni. Come dire, a ragione, “prendete esempio e lamentatevi poco se non vi è possibile uscire”, per poi creare assembramenti nelle discoteche appena riaperte.



Nulla sarà come prima” dicevano molti e in effetti tutti i torti non li avevano: siamo riusciti a peggiorare.

Non abbiamo avuto la decenza di rinunciare ai nostri svaghi, alle nostre vacanze e cene, quando in palio c’era la salute di ognuno di noi. Non paghi abbiamo mostrato pure le foto mentre infrangevamo le regole e al contempo mancavamo di rispetto a chi, per colpa del Covid, ha perso la vita e a chi sta lottando da leone pur di non perderla. Gruppi ammassati in tavolate infinite, baci e abbracci e balli ripresi in video al fine di condividerli nella speranza di ricevere un sostanzioso piatto di like: non è solo menefreghismo e incoscienza ma anche (seppur irrilevante per la salute) becero esibizionismo.

Andrà veramente tutto bene? La speranza è che il peggio sia passato ma se veramente ora #andràtuttobene non sarà di certo merito nostro. La curva dei contagi è tornata leggermente a salire… in concomitanza con i post di qualche controllore. Ebbene sì, le facce toste sono tali sino in fondo. Teniamo duro e aggrappiamoci alla vita; abbiamo l’esempio di chi, condannato ad un respiratore, prova a resistere fino all’ultimo. E allora meno maschere e più mascherine, grazie!

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