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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Il Signor E



- di Luca Fazi - In certe sere anche prendere sonno può diventare una missione impossibile; si rimane svegli, perdendosi nei vortici dei pensieri che di notte, puntualmente, girano come trottole impazzite. In perfetta antitesi con la momentanea staticità del mondo là fuori, è come se loro – le emozioni – si avvalessero di un turbo in grado di aumentargli la velocità ad ogni giro di lancetta. Può accadere pertanto di focalizzare le riflessioni su cosa, o meglio chi, ha lasciato traccia nella tua esistenza senza che te ne rendessi conto; magari senza mai attribuire il giusto peso a quelle orme delicate, tuttavia evidenti. Ecco che alla mente possono tornarti estati lontane, odori inconfondibili e… sì, anche il Signor E!

Quell’uomo appariva nei tre mesi più caldi dell’anno che ai nostri occhi rappresentavano il senso di libertà per antonomasia. Beh, ovviamente il Signor E c’era anche negli inverni più cattivi, così come nelle mezze stagioni che un tempo avevano i giusti gradi per esser definite tali. C’era, ma non per noi. Già, perché a quell’età alcuni ambienti li vivi appieno solo nei periodi esenti dagli obblighi scolastici e così anche una “cabina del gas” è capace di rimanerti indelebile nei ricordi, quasi icona di un frammento non trascurabile di vita.

Quella casetta spesso raccoglieva tutta la nostra fantasia, mentre lasciavamo scorrere l’immaginazione per poter comprendere cosa contenesse. Chissà, forse fungeva da covo per qualche banda criminale o senz’altro ospitava la tana di un pericolosissimo mostro creato in laboratorio. Pazienza, abbiamo messo da parte le ipotesi più strampalate per concentrarsi sulla parte esterna della costruzione, più precisamente nei due punti che ospitavano delle minuscole serrande di lamiera, esibite a mo’ di finestra.

Il gioco? Semplice: centrarle con il pallone, concedendosi un solo rimbalzo. Una di queste “griglie” (da cui ne ricavammo l’appellativo un po’ naïf “grigliata”, per indicare il nuovo passatempo) affacciava sul piccolo piazzale di fronte all’abitazione del Signor E. Fin troppo semplice immaginare la sua gioia nel sentire, durante gli orari più assurdi della giornata, quella sfera di cuoio che amoreggiava tra cemento e lamiera… anche piuttosto appassionatamente.

Un tocco, due tocchi, poi tre, qualche risata, una decina, “ma che culo hai?”, una ventina ed infine il prevedibile epilogo: l’arrivo del Signor E! Ho ancora in testa il rumore della veranda aperta ed il suono, quasi ipnotico, della tenda a perline che al suo passare oscillava; di certo il motivo di quella danza non poteva essere attribuito ad un soffio di vento che alle due del pomeriggio, specialmente in quelli di luglio, era spesso un miraggio. Il concerto poi si faceva fregio di altre sonorità inequivocabili: le ciabatte da spiaggia - a volte logore come la pazienza del Signor E - che strisciavano per accompagnare la lenta progressione.

Boccia, ‘n è ora de finilla co ‘sto pallone?”.

Il Signor E ostentava uno sguardo severo come biglietto da visita ma dentro coltivava un cuore buono… e questo i bambini, molte volte, lo percepiscono meglio dei grandi.

“Sì, altri due turni e pu’ smettemo” rispondeva qualcuno di noi.

“Ambè… ma co’ ‘sto caldo ve ce coje? Guardate l’ombra… riposavve no?”.

Il Signor E voltava le spalle e ripercorreva la sua strada, tenendo rigorosamente il tempo grazie alle ciabatte… con tutta probabilità, il sacro riposino era andato a farsi benedire anche stavolta. Sì, qualche minuto a fissare il pavimento - simulando un pentimento mai troppo sincero - e poi riprendevamo a “far grigliate”, seppur in maniera soft. Di rado esageravamo e allora il “direttore d’orchestra” proponeva nuovamente la sinfonia, con melodie più pesanti… come i suoi passi.

“Allora nun ce semo capiti?! Pijo ‘l curtello e ve lo buco!”.

Inutile sottolinearlo: non l’ha mai preso.

Non solo “grigliate”

Il Signor E spesso si avvicinava all’altalena e ci faceva le domande di rito:

“Che scola fai st’anno? E tu? Vai alle medie? Ah lì so’ tosti… vedrai che te mettono in riga!”.

Tentava di mantenere un tono e l’aria da burbero, ma si vedeva lontano un miglio che ci voleva bene. Sembrava anziano, pur avendo all’incirca l’età dei nostri genitori oggi… e con i genitori si fa sempre fatica a vederli anziani. Lo notavo mentre tutto indaffarato custodiva il giardino e ogni tanto, divertito, ascoltava i nostri racconti.

Poi arrivava settembre e con esso le prime magliette a maniche lunghe: non era più tempo per la “cabina del gas”. I muri, sempre imbrattati dai manifesti di qualche sagra passata o dell’imminente circo, si inzuppavano di piogge e di umidità che ci richiamavano giocoforza agli zaini riempiti e alle campanelle pronte a trillare… le partite a pallone appena babelici ricordi. Era possibile rivedere il Signor E quando si tornava a piedi da scuola - tempo permettendo - e lui non cannava mai l’occasione per salutarti alla sua maniera:

Oooooooooo Boccia”.

Quante “o” donate in simpatia e accompagnate da quella voce rauca, quasi da rocker consumato: pure quelle sarebbero mancate, ma all’epoca era complesso anche solo immaginarlo. Poi il Signor E si ripresentava puntuale in ogni estate come il pieno canto delle cicale, esibendo la solita canottiera bianca, l’imponente crocifisso al collo e il petto villoso… tra “concerti”, domande e rimproveri mai spietati.

Ecco, in certe notti possono tornarti alla mente persone e sensazioni che per anni hai tenuto socchiuse in uno scrigno personale, tuttavia sempre ben conservato nelle stanze del cuore. Durante certe notti ti sottoponi a dei quesiti ai quali neanche l’arrivo dell’alba saprà rispondere o almeno non come si vorrebbe. C’è chi si è allontanato da quella “cabina del gas”, chi è rimasto e chi ogni tanto ritorna permettendo che alcune emozioni riaffiorino in superficie.

Fa parte della vita, con i pro e contro, in un ciclo continuo che ha visto lo stesso Signor E impegnato a tirar su diverse generazioni. Già, fa parte della vita anche intraprendere l’ultimo viaggio quando ormai le valigie sono pronte e finalmente si può avere la certezza che nessuno disturberà il riposino pomeridiano… ciò non toglie l’amaro in bocca per chi rimane.

Perché certe partenze non possono lasciarti indifferente… perché con certe partenze ti senti come se portassero via un pezzettino dei tuoi anni più belli. Fa male scoprire dell’ultimo viaggio con un paio di settimane di ritardo, in questa società frenetica che sorvola su tutto, si dedica al futile e al contempo concede ben poco alle cose veramente importanti.

Non mi meraviglio del fatto che il Signor E se ne sia andato quasi a ridosso dell’autunno: d’altronde per noi è sempre stato “l’uomo dell’estate”.

Una cosa mi consola

Seppur con rinnovate vesti, continuerà a ripresentarsi nei caldi pomeriggi di luglio ogniqualvolta che qualcuno di noi gli renderà omaggio, portandolo tra i propri pensieri. Basterà accomodarsi all’ombra di quegli alberi che per anni ci hanno ospitato - o fatto da pali per le nostre partite - e fissare i rettangoli di lamiera mentre quasi inerti lasciamo che un pallone rimbalzi nel cemento. Poi sarà sufficiente chiudere gli occhi. Probabilmente una smorfia simile ad un sorriso disegnerà il volto. Lo senti?

“Boccia, ‘n è ora de finilla co’ sto’ pallone?”.



Al Signor E

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