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Caro Marco ti scrivo...


- di Luca Fazi - Caro Marco ti scrivo ma non per distrarmi un po’, citando Dalla. E’impossibile non pensarti nel quotidiano, figuriamoci in questo giorno che ti avrebbe visto soffiare su cinquanta candeline. Non ci sarà nessuna torta, nessuna “tanti auguri” cantata sempre e solo con la stessa melodia e neppure la festa con quegli amici che forse tali, in tutta sincerità, non lo sono mai stati.

Hai dimostrato meglio di chiunque cosa voglia dire esserci per tutti e al contempo rendersi conto, con la morte nel cuore, che quei tutti non ci sarebbero stati poi per te, se non dietro ad una squallida convenienza. Non occorrono quattro righe per ricordarsi cosa sei stato, sei e con tutta probabilità continuerai ad essere per largo tempo ancora… in fondo, fai parte degli immortali e no, non è un’esagerazione. Lo sei diventato quando su quei pedali eri ancora solo un nome, e il cognome giusto un dato da inserire nei documenti; lo sei diventato ogniqualvolta stringevi il manubrio per far visita a quei mostri verdeggianti mai disponibili a fare sconti.



Ti portavi dietro la sfrontatezza di un marinaio eppure, in quei luoghi che quasi guardano in faccia il Creatore di tutto, sapevi indossare con eleganza i panni dell’abile montanaro. L’aria rarefatta era la tua aria, le cime più cattive erano le tue cime… le vittorie che riportavi a casa però, erano le vittorie di tutti.

Tu, caro Marco, vero predicatore ed emblema di una religione che ha nella pedalata il proprio credo: quanti fedeli hai avvicinato e quanti miscredenti sei riuscito a convertire! Mi sono domandato spesse volte come sarebbe andata a finire se in quel giorno maledetto di Campiglio non ti avessero condannato ingiustamente; nessuno conosce il futuro ma credo che non serva un indovino per comprendere che, se avesse trionfato la verità, oggi queste candeline si sarebbero spente per mano del festeggiato. Confido nella speranza che lassù ti abbiano preparato una bella crostata di marmellata alla frutta, la tua preferita. Sì, hai ragione, non avrebbe il sapore di quella confezionata da mamma Tonina e non potresti condividerla con i tuoi cari ma, fidati, mangiala ugualmente e goditela alla faccia di chi, nella vita terrena, non si è fatto scrupoli per calpestarti.


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Hai provato a rialzarti, a non darla vinta, con la stessa determinazione che ti contraddistingueva in gara… ma è impossibile lottare contro chi gioca sporco. Solo le pendenze proibitive della corruzione sono riuscite a piegarti: nessuna salita naturale sarebbe stata in grado di riuscirci. Dio solo sa quanto un figlio ti avrebbe salvato la vita, proprio nel momento più buio della tua esistenza, ma ormai le tenebre ti erano entrate dentro. Cercavi abbracci sinceri e puntualmente rimanevi deluso, costretto ad osservare un mondo a te estraneo: perdonaci se non ti abbiamo sentito nei tuoi assordanti silenzi.

Impugnatura bassa, bandana lanciata prima dell’assalto e quella voce inconfondibile che grida “scatta Pantani”: tutto è così tremendamente bello. Tutto torna alla mente con la poesia che solo tu sapevi scrivere. Stai a vedere che torna pure Dalla, perché “da quando sei partito c’è una grossa novità… l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va”.

Ovunque tu sia, buon compleanno Pirata!


15 febbraio 2004: prima pagina Gazzetta dello Sport

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