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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Mostro di Scheggia: intervista al testimone oculare Oddo Brunamonti

Aggiornamento: 19 mag 2019


- di Luca Fazi - Prima di riportare l’intervista fatta al testimone dell’avvistamento riguardante il “Mostro di Scheggia”, mi preme scrivere due righe per ricordare proprio la persona con la quale ho conversato, ascoltandola con estremo piacere: Oddo Brunamonti. Nato nel 1937 a Costa San Savino, frazione di Costacciaro (PG), l’uomo mi ha accolto nel ristorante-pizzeria di sua figlia Ines (Sole e Luna) e con gentilezza ha raccontato l’accaduto di quel maggio 1997, dal quale ha ricevuto più noie che vantaggi. Ci siamo incontrati a fine marzo di quest’anno e, malgrado le sue condizioni fisiche non fossero affatto ottimali (aveva passato da poco pure dei giorni in ospedale), non ha rimandato né tantomeno rinunciato all’intervista; il bastone come appoggio e un respiro affannoso eppure, con estrema forza d’animo, mi ha concesso una mattinata intera per rispolverare questa storia a dir poco incredibile e soprattutto con ancora tanti punti oscuri. Allora ci siamo seduti al tavolino e con la compagnia del suo fedelissimo e dolcissimo cagnolino abbiamo iniziato la tanto desiderata (dal sottoscritto) chiacchierata. Purtroppo Oddo è venuto a mancare il 22 aprile, circa un mese dopo il nostro colloquio, e di lui, inevitabilmente, mi porterò dietro diversi ricordi. No signori, l’avverbio non è eccessivo perché, pur avendolo conosciuto per poche ore appena, queste sono risultate ampiamente eloquenti e umanamente preziose. Se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima beh… con Oddo è risultato semplice captare la sua bontà interiore mista ad una speciale e confortevole genuinità. Niente giri di parole e nessun muro con lui, perché così avviene quando si ha davanti una persona limpida e trasparente. Ho in testa l’immagine fissa di lui mentre lo saluto e resta seduto: stanco ma con ancora l’orgoglio di chi ha vissuto giorni migliori. Viene amorevolmente aiutato dalla figlia a tirarsi su e allo stesso tempo mi concede un sorriso da lontano, come ultimo saluto… regalo migliore non poteva donarmi. Oddo non continua a vivere solo nel cuore delle persone che gli hanno voluto bene (e sono molte) ma, grazie alla donazione della cornea, ora pure una parte dei suoi occhi può tornare a risplendere di luce purissima… pura come l’esistenza di un bambino. Chissà se lo sguardo donato ad un futuro adulto verrà nuovamente focalizzato su panorami naturali e bellezze del creato, ovvero le stesse che Brunamonti adorava osservare in vita: come il suo Monte Cucco ad esempio. Gli occhi di Oddo continuano ad esserci… gli occhi di una persona buona. Buon viaggio e arrivederci amico mio.



L’intervista fatta è figlia di un mio infinito amore verso l’ignoto e i fenomeni paranormali ma anche per dar spazio e in parte giustizia a chi è stato ingiustamente deriso per lungo e troppo tempo.

Buona lettura!


Caro Oddo, cosa successe esattamente in quella mattina dell’11 maggio del 1997?


“All’epoca gestivo il ristorante “El Paso” a Scheggia e un mio amico mi aveva telefonato per chiedermi di ripulirgli dalla legna una strada in località Villamagna (Gubbio, ndr). Ne fui felice perché quel materiale mi avrebbe fatto comodo per il forno della mia attività e così salii a bordo dell’Opel Astra, la macchina che avevo in quel periodo, e mi diressi verso il luogo, imboccando la strada del Bottaccione (ex SS 298, ndr). Presi la deviazione a sinistra all’altezza del Valico della Cima e proseguii fino al punto indicatomi”.


L'ex SS 298 con deviazione a sinistra per Villamagna

E poi?


“Apparentemente nulla. Ero solo e i suoni della natura erano l’unica melodia presente in quella mattinata. Eppure qualcosa non mi tornava”.


In che senso?


“Beh, ero appoggiato alla mia vettura, riflettendo su come caricare tutta quella legna, e all’improvviso mi sentii osservato, o per meglio dire spiato: alzai gli occhi da terra e vidi muoversi goffamente qualcosa fra i cespugli di ginepro. Pensai che fosse un cavallo, uno di quelli scappati due giorni prima ad un proprietario della zona, pur notando un atteggiamento “umano”; sì insomma, come chi si accorge di esser visto e prova a coprirsi. Però, fra il lavoro da fare e la mia convinzione che si trattasse di un animale, iniziai a sgomberare la strada e a riempire la macchina. Erano le dieci della mattina…”


Hai avuto altri segnali oppure hai lavorato in tranquillità?


“In realtà quella cosa strana era rimasta nascosta per un paio d’ore, senza dar fastidio ma senza neanche partire. Si era fatto mezzogiorno e dovevo tornare a casa ma spinto dalla curiosità decisi di salire in macchina e inoltrarmi fino all’inizio del bosco, dove avevo appunto notato quegli strani movimenti. Usai la retromarcia perché avevo già sistemato l’Opel in modo tale da poter ripartire con più facilità, pronta per ritornare a Costacciaro”.


La zona vista dall'alto

E cosa accadde in quel momento? Che cosa hai visto?


“Quel che mai avrei pensato di vedere. Mi piomba davanti alla macchina un mostro alto 1,80 m circa e in particolar modo robusto; aveva delle fauci larghe, denti decisamente aguzzi e una folta peluria color mogano, oltre a due occhi rossi come iniettati di sangue… quelli non li dimenticherò mai. Godeva di una muscolatura possente e teneva alzate le massicce braccia, pronte ad attaccarmi. In quel momento andai in panico e mi si spense il motore: per assurdo fu la mia salvezza. Girando le chiavi per riaccenderlo, quella bestia fu come infastidita dal rumore dei portachiavi e dai suoni meccanici dell’avviamento; fuggì in un baleno nonostante la mole e ricordo che gli alberi al suo passaggio ondularono similmente alle margheritine in preda al vento. Presi immediatamente la strada del ritorno, guidando in uno stato quasi totalmente confusionale.”


Oddo, hai mai associato ciò che hai visto ad un animale ben preciso? Non hai pensato di esserti sbagliato?


“Caro Luca, non prendermi per presuntuoso ma amo la natura e i suoi “abitanti”: non dico di conoscere tutto ma quasi sì. Sono un cacciatore e diciamo che anni ed anni di esperienza sul campo mi hanno portato ad avere una vasta cultura e dimestichezza a riguardo. Appena tornato a casa, mia figlia mi ha visto pallido e ha chiesto cosa fosse successo; così sfogliammo insieme dei libri sugli animali nella speranza di dare un nome a quel che si era manifestato davanti ai miei occhi… ma la ricerca fu vana. L’orangotango forse era quello più vicino ad un possibile identikit ma l’accostamento risultava forzato e completamente errato per diversi aspetti. Decisi di avvisare immediatamente i Carabinieri e la Forestale.”


Come si comportarono?


“Si attivarono subito senza mettere in dubbio nulla. Vuoi perché quella presenza avrebbe potuto minacciare la serenità e l’incolumità della gente ma anche perché la mia segnalazione fu l’apice di una catena di strani avvenimenti riscontrati qualche mese prima.”


Cioè?


“Nel mese di marzo circa, sempre in zona, un cane da gregge aveva perso la vita per salvare quella del suo padrone. Era stata avvistata una bestia enorme aggirarsi vicino alla stalla e il pastore maremmano instaurò un’accesa lotta con l’animale sconosciuto; quest’ultimo ebbe la meglio mentre il primo venne ritrovato con il cranio spappolato dopo esser stato sollevato e lanciato cinque metri da terra... direi abbastanza insolito, no?! Il pastore maremmano non mi sembra così leggerino, sbaglio?”


Oddo immerso nella sua natura

Già… ma torniamo sul fatto principale: come si sono svolte le ricerche? Che aria si respirava a Scheggia e zone limitrofe?


“Sicuramente, una volta dato l’allarme, furono giorni di tensione per gli abitanti della zona anche perché da tempo (specialmente di notte, ndr) si sentivano degli urli provenire dalle parti più boscose; simili a dei lamenti che non permettevano di certo la tranquillità delle persone. Questo che ti sto raccontando fu etichettato come “mostro di Scheggia” perché le varie anomalie furono rilevate nello scheggino ma, ripeto, ciò che vidi con i miei occhi avvenne a Villamagna, quindi per la precisione nel comune di Gubbio. Per quanto concerne le ricerche, arrivarono sia da Firenze che da Perugia delle squadre di esperti pronti a controllare l’intera area. Vennero messe termocamere all’interno del bosco e tutto il necessario per analizzare al dettaglio.”


Cosa venne fuori dalle varie analisi?


“Furono rinvenute delle impronte vicino al luogo dell’avvistamento che mostravano tre dita con dietro una specie di sperone, oltre al ritrovamento di ciuffi di pelo rimasti impigliati nei tronchi (a 1,30 m di altezza, ndr) degli alberi: color mogano come quelli visti da me. Il tutto venne raccolto e analizzato ma degli esiti degli esami, guarda caso, non si saprà più nulla. Le varie impronte, insieme ad altri fattori, indicavano una bestia alta 1,80 m (come asseriva Oddo, ndr) e un peso oscillante dai 170 ai 180 kg. Un giorno gli stessi investigatori furono sorpresi da rumori inquietanti all’interno del bosco e presi dalla paura si rifugiarono nelle loro macchine; partirono per poi ritornare qualche ora dopo, facendo esplodere dei petardi per scongiurare un attacco… ma del mostro neanche l’ombra”.


Diverse situazioni particolari che fanno riflettere…


“Certo ma nulla in confronto a ciò che sto per raccontarti. In quei giorni si presentò a casa mia con tanto di distintivo un uomo venuto da Firenze, dicendo di far parte della Polizia Scientifica. Nulla di strano se non per le parole che poco gentilmente mi rivolse: “Dica alla stampa e alle varie autorità di aver visto un orso, di essersi confuso e finisce qui”. Gli risposi che sapevo riconoscere benissimo un orso e non avevo nessuna intenzione di affermare il falso. Continuò specificando che si trattava di una vicenda segreta e tale doveva rimanere… ma ho rifiutato il suo non gradito “consiglio” e lo salutai indispettito”.


Hai più rivisto quell’uomo?


“Sì, qualche settimana dopo in un bar della zona. Era allegro e ben distante dalla figura losca e seriosa vista in precedenza. Ricordo perfettamente quella sera perché offrì da bere a tutti per un importo totale di circa un milione delle vecchie lire. Ciò che mi sorprese di più però fu la frase che pronunciò, magari stimolato dall’alcol, qualche attimo più tardi: “Bevete che tanto non sono soldi miei!”.


Perché ti colpì quella frase in particolar modo?


“Perché nel frattempo l’estate era già avanzata e le ricerche si conclusero con nulla di tangibile, malgrado le varie prove sparse. L’individuo aveva intenzione di farmi dire una menzogna ma una volta risolto il problema, senza più indagini di nessuno, aveva evidentemente da festeggiare… chissà grazie a chi e come”.


Oddo Brunamonti in una foto del marzo 2019



Che vuoi dire con “risolto il problema”?


“Considera Luca che tutta Scheggia per giorni era stata battuta al centimetro, con elicotteri pronti ad individuare qualsiasi cosa sospetta e a terra c’erano diversi uomini che controllavano minuziosamente la zona. Ad un certo punto aumentarono i “ricercatori” che facevano ai pastori del posto domande sempre più copiose… domande però strane. Non volevano sapere più di tanto del “mostro” e se qualcuno avesse visto qualcosa ma quesiti diversi e poco inerenti”.


Spiegati meglio…


“Nello specifico chiedevano ai pastori quali fossero i loro programmi, i loro orari e quando e come sarebbero partiti con il proprio gregge. Sembravano bisognosi di aver campo “libero” per fare chissà quali faccende e lo stesso dubbio deve esser passato pure per la mente di uno degli “intervistati” che un giorno decise di nascondersi dietro una collina per osservare tutti i movimenti. Da un casa abbandonata vide uscire dei militari e due persone con il camice (come fossero dei dottori, ndr) e nel giro di pochi secondi arrivò un elicottero dal quale venne calata una gabbia abbastanza voluminosa; qualche istante dopo il mezzo ripartì con un telo bianco che copriva perfettamente l’intero telaio. Mi sarebbe piaciuto sapere che cosa contenesse. Cosa trasportavano?”.

E come finì la vicenda?


“Come si concluse? Dopo il passaggio dell’elicottero, altra stranezza, non si sentirono più voci né lamenti ma in compenso vennero messi in circolazione sei orsetti, sparsi fra i monti di Scheggia, Sigillo e Gualdo Tadino, di modeste dimensioni e dotati di microchip. Non ho idea di chi potrebbe averli lasciati liberi ma non ho dubbi sul perché: a seguito della mia segnalazione era il perfetto depistaggio per mostrarmi alla comunità come uno zimbello. Sì insomma, come quello che confonde un piccolo orso per un mostro. Come già detto, sono stato cacciatore per anni e non faccio di certo tali errori. Quelle sei bestiole comparse “magicamente” molto dopo l’11 maggio erano tutto meno che animali selvatici… si facevano pure avvicinare senza tanti problemi. Anche loro poi vennero catturati, chissà da chi, dopo qualche giorno e la storia finì così”.


Ma non per te… ti rimasero delle cicatrici morali.


“A dire il vero sognai per quasi un anno quella bestia inquietante; alla notte mi svegliavo di colpo con la visione delle sue fauci… immagini che prendevano sempre più spazio nei miei incubi. Poi tornai ad una vita normale. Riguardo al discorso morale venni etichettato e deriso per la mia storia, anche da chi magari mi domandava inizialmente come fossero andate le cose per poi invece canzonarmi davanti alla faccia. In ogni caso non mi pento di nulla e preferisco aver detto la verità che essermi piegato al voler di quell’uomo misterioso”.


L'entrata del ristorante-pizzeria "Sole e Luna" di Costacciaro, dove è avvenuta l'intervista

La tua vicenda è stata richiesta pure da emittenti televisive importanti, vero?


“Sì, fui richiesto per un servizio su Rai3: andai e me ne pentii. Il motivo è presto detto visto che venni trattato già in partenza come un visionario pronto a farsi pubblicità o, peggio ancora, annebbiato da qualche bicchiere di troppo. Lasciai gli studi alquanto scocciato e quando anche l’entourage del “Maurizio Costanzo Show” mi propose di intervenire nel suo programma rifiutai: mi bruciava ancora la vecchia ferita”.

Ti sei fatto un’idea su tutta questa storia?


“Posso dirti per certo che prima non credevo né agli extraterrestri né ai fenomeni paranormali ma da quel 1997 ho cominciato ad avere invece forti dubbi a riguardo. Mi sono messo a leggere, ad informarmi su certe tematiche e il mio orizzonte si è allargato in tal senso. Una volta, non ricordo se stessi insieme a mia moglie o ad altri parenti, mi accorsi di una forte luce rossa ferma e immobile nel cielo; in un batter di ciglia scomparve dietro il Monte Cucco. Un tempo mi sarei dato delle spiegazioni logiche e una volta non trovate avrei lasciato perdere: ora guardo tutto con un diverso approccio, anche perché di fenomeni strani ne sono capitati diversi. Se mi chiedi invece limitatamente all’11 maggio ti risponderei con tutta probabilità che si trattava di un esperimento da laboratorio. Un esperimento “finito male” e uscito dal controllo di chi doveva tener nascosto il tutto. Magari un tentativo di testare la bestia in relazione ad un ambiente reale e abbastanza immerso nella natura, come si presenta la zona di Villamagna. Alcuni appassionati e ricercatori hanno collegato il mostro che ho visto al Chupacabras, o almeno avanzato ipotesi simili, ma onestamente non trovo nessun punto in comune”.


Vuoi aggiungere qualcosa alla fine di questa intervista?


“Devo ammettere che mi ha fatto effetto riparlare di un qualcosa che nessuno mi domandava da almeno dieci anni… però l’ho fatto con piacere e spero di non essermi dimenticato qualcosa. Puoi scrivere ciò che vuoi di quel che ti ho detto, basta che non riporti cavolate, per non dire altro, come hanno fatto molti in passato; chi per mitizzare eccessivamente la cosa, chi per tornaconto personale e chi semplicemente per schernirmi. Buon lavoro Luca e mi raccomando… poi fammi leggere il tutto!”.


* Purtroppo caro Oddo non c’è stato il tempo per mostrarti queste righe ma mi piace pensare che avrai già letto ogni singola parola da un punto di vista privilegiato. Grazie per averci messo, un’altra volta, la faccia e grazie per avermi insegnato e mostrato che la verità non va raccontata solamente quando fa comodo ma anche se si ha tutto da rimetterci… come nel tuo caso.

A Oddo Brunamonti



Testo integrativo all’articolo uscito ne “Il Nuovo Serrasanta” (numero di Maggio 2019)

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