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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Tra imprese e rovesciate: intervista a Fabian Valtolina


- di Luca Fazi - Cresciuto nelle giovanili del Milan, Fabian Valtolina ha conosciuto la massima serie nel 1996 con la maglia del Piacenza, dopo le esperienze maturate tra Pro Sesto (il club che lo lanciò nel professionismo), Monza, Bologna e Chievo.


Un giovane Valtolina, al centro, con la maglia del Monza

A fine anni novanta/inizio duemila è stato protagonista di imprese sportive degne di nota, dalla rocambolesca salvezza con il Venezia alla promozione sampdoriana nella stagione 2002/2003. Riviviamo insieme a lui alcune tappe della sua carriera.




Partiamo dalla tua prima avventura in A, in quel Piacenza tutto italiano: un esperimento che darebbe i suoi frutti se riprodotto oggi, nel calcio moderno?

“Diciamo che all’epoca fu una scelta della società anche per far tornare i conti. Magari non si avevano le stesse disponibilità economiche di altri club e il fatto di puntare su profili italiani si dimostrò una mossa vincente. Nei miei due anni a Piacenza arrivarono altrettante salvezze, quindi il percorso svolto diede ragione a chi ha creduto nel progetto. La differenza con il calcio moderno è che, per fortuna o per sfortuna, si concede molto spazio agli stranieri… è un mercato che attira sempre. Nei vari campionati europei vedi giocatori, poco più che maggiorenni, già titolari negli schieramenti delle squadre; da noi, a vent’anni, sei etichettato ancora come giovane e lo spazio lo trovi nei Primavera”.


Piacenza 1996/1997

10 maggio 1998. All’ombra del Garilli si torna ad apprezzare un’altra rovesciata memorabile… la tua. Dì la verità: avevi preso spunto dall’acrobazia di Luiso nella stagione precedente?

“Beh, la rovesciata era nel mio bagaglio… non è che si possono fare ogni tre secondi (sorride, ndr). Mi ricordo molto bene quella di Pasquale che condannò il Milan alla sconfitta; la sua e la mia sono tecnicamente molto diverse. Per quanto mi riguarda, al di là del gesto, porto nel cuore ciò che ne scaturì. Era la penultima giornata e ci trovavamo sotto di un gol contro la Roma… la mia rete, in pieno recupero, permise alla squadra di strappare un punto preziosissimo in chiave salvezza”.


Con i lagunari un'altra avventura incredibile: cosa ricordi di quel miracoloso Venezia 1998-1999?

“Fu un campionato assurdo. Da ultimi in classifica al giro di boa (15 punti nel girone d’andata e 27 in quello di ritorno, ndr), riuscimmo quasi a raddoppiare il nostro bottino. È evidente che l’acquisto di Recoba, nel mercato di riparazione, ha condizionato in positivo l’esito finale, anche se partivamo già da una base importante.


Alvaro e Fabian oggi

All’inizio fu difficile amalgamare il gruppo di una squadra che mancava da tanti anni in A, poi riuscimmo ad ottenere pure una salvezza abbastanza tranquilla. Sicuramente Alvaro è stato la ciliegina sulla torta che ha portato qualità e molte soluzioni tattiche in più”.


Quando hai capito che la permanenza nella massima serie sarebbe stata possibile?

“Se devo scegliere un momento ben preciso ti direi il recupero contro l’Empoli, diretta concorrente. Eravamo sotto di due reti e con l’uomo in meno… uscire dallo stadio con i tre punti in tasca ci caricò molto”.



Novellino con il presidente Zamparini, ai tempi del Venezia

Nel tuo percorso hai incontrato diversi allenatori: chi, più di tutti, ti è rimasto nel cuore?

“Ho avuto la fortuna di essere allenato da personalità importanti. Scegliendo un mister su tutti, faccio il nome di Novellino. Con lui ho condiviso momenti sportivi veramente speciali ed ho il piacere di sentirlo tuttora… l’ultima volta per gli auguri di Pasqua. Mi ha dato tanto, sia nell’aspetto tecnico/tattico che in quello umano. È una persona genuina che ho apprezzato da subito. Un maniaco del calcio, un maestro al cento per cento”.



Ti hanno guidato pure Spalletti e Prandelli. Entrambi, di recente, sono stati al centro di vicende particolari (il primo per la gestione Totti, il secondo per l’addio alla Fiorentina): che idee ti sei fatto a riguardo?

“Sono gestioni che non posso commentare poiché non conosco i fatti nello specifico. A parlare per loro, sul piano professionale, ci pensano gli ottimi risultati che hanno ottenuto. Poi, chiaramente, non sempre procede secondo i piani. Quando ad esempio Spalletti venne da noi, a Venezia, andò male pur ritrovandosi in una squadra già collaudata. A volte può mancare la gestione del gruppo e non si riesce a fortificarlo come si vorrebbe”.


Ripassando mentalmente la tua carriera, c’è stato un momento in cui ti sei pentito di non aver accettato un’offerta?

“Sai, credo che abbia poco senso ragionare col senno di poi. Non ti nego che mi sarebbe piaciuta l’esperienza in Premier, soprattutto per il tipo di calcio che si sposava bene con le mie caratteristiche. Nel 2002 ricevetti la proposta del Newcastle ma rifiutai, anche perché in quel periodo i miei genitori non stavano molto bene e allontanarmi da casa non era il massimo. Alla fine sposai il progetto di riportare la Samp in A e del periodo a Genova coltivo ottimi ricordi. Forse un passaggio all’estero lo guardo ora come un rimpianto, ma sono contento ed orgoglioso del mio percorso calcistico”.


Nanami al Venezia

La Serie A, a cavallo del nuovo millennio, ha spalancato le porte al mondo nipponico, con Miura e Nakata nei ruoli di apripista. Nello spogliatoio ti sei ritrovato con Nanami e Yanagisawa: come hai valutato il loro approccio al nostro calcio?

“Beh, hai nominato due compagni che mi hanno lasciato un buonissimo ricordo, pur essendo caratterialmente molto diversi tra di loro. Nanami era molto più predisposto a socializzare e a mescolarsi con il gruppo… Yana un po’ taciturno e solitario. Nonostante le problematiche ad imparare la lingua, sono riusciti ad entrare nei meccanismi di un campionato complicato. Nanami, tecnicamente parlando, possedeva pure delle doti non trascurabili”.


Lo "Zar"

Se ti chiedessi un elenco dei calciatori più forti con cui hai giocato, che nomi faresti?

“Mi risulta difficile perché ce ne sono stati tanti e rischierei di dimenticarmene troppi. Vado di getto: sicuramente Stroppa e Vierchowod, ai tempi di Piacenza. De Marchi e Morello per il periodo felsineo e Volpi e Recoba negli anni a Venezia. Ripeto, la lista sarebbe lunghissima e andrebbe rimpolpata… se mi concedi più tempo la preparo meglio”.


Vannucchi all'Empoli

… e un tuo compagno che avrebbe potuto fare di più?

“Ricordo benissimo che Ighli Vannucchi faceva vedere cose incredibili. Un ragazzo che già in giovanissima età mostrava delle capacità impressionanti. E poi ti dico Gasbarroni, con cui ho giocato in blucerchiato. Ecco, forse questi due più di tutti avrebbero potuto fare un’altra carriera. Ero convinto che sarebbero finiti in Nazionale”.


Grazie mille Fabian…

“Grazie a voi e un saluto a tutti i lettori di In Barba al Palo!”.


Ovviamente, non potevamo lasciarvi senza il gol-capolavoro dell'artista... buona visione!



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