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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

"Se Del Piero è Pinturicchio, io sarò Michelangelo" - Storia di un bidone in Umbria


Non è un ectoplasma. Ha qualità e visione di gioco. Secondo me non gli manca molto affinché io smetta di mandarlo in tribuna

- di Luca Fazi - Le parole sono quelle di mister Cosmi, al termine di una conferenza stampa in cui, puntuali, arrivano le solite domande dei giornalisti cinesi. I cronisti venuti dall’Oriente non sono interessati alla classifica del Grifo, né ai possibili cambi di modulo, poiché l’unico quesito che vogliono soddisfare riguarda il proprio connazionale-beniamino:

Quando vedremo in campo Ma?”.

Presentazione Ma

Sono passati difatti mesi da quel 13 agosto 2000, quando il trentun/trentadu/trentatr… ok, diciamo pure da quando il nuovo acquisto biancorosso è approdato a Perugia dopo un viaggio di tredici ore a bordo dell’AirChina CA939, senza tuttavia calpestare l’erba del Curi. Sì, qualche amichevole estiva e uno spezzone in Coppa Italia contro la Salernitana… poi il nulla. Il concetto espresso dal tecnico umbro ammetterebbe sprazzi di possibilità o, addirittura, realtà ottimistiche da concretizzare a breve termine, ma nell’idioma sersese è tutto traducibile attraverso un filo, niente affatto sottile, che lega la satira al burlesco: leggasi gran presa per il c**o.

Sia chiaro, Cosmi non ha cercato quel giocatore e forse – malelingue dicunt – neanche gli stessi osservatori; sembrerebbe, infatti, che gli uomini chiamati a chiudere l’affare avessero visionato e chiesto un altro profilo, ossia Li Tie (futuro Everton). Si sa, i cinesi non sono celebri per differenziarsi nei tratti peculiari del viso e l’errore è dietro l’angolo. L’a.d. Alessandro Gaucci, figlio del patron, non nutre ancora alcun dubbio mentre, in una torrida vigilia di Ferragosto, viene presentato alla stampa Ma Mingyu:

“Crediamo che possa essere il nuovo Nakata”.

Qualcuno dei presenti già storce il naso, se non per l’accostamento azzardato quanto, almeno, per l’aspetto fisico che tradisce qualche chilo di troppo. Per non parlare dei dati riportati sulla carta d’identità: che sia arrivato un suo fratello maggiore? Big Luciano si affida al fato:

“ ‘Ma’ in cinese significa ‘cavallo’ (e il settore degli equini è sempre stato caro a Gaucci, ndr), quindi è un segno evidente del destino”.

Il figlio Alessandro invece punta tutto sulla legge dei grandi numeri, rafforzando il nonsense generale che si respira durante la conferenza:

“In Cina ci sono un miliardo e mezzo di persone… ci sarà pure un fenomeno, no?”.

Può darsi, ma la statistica, senza dubbio simpatizzante delle Fere, decise di dare le spalle al club perugino e all’intuizione/errore/mossa di marketing di stampo cinese. Nonostante tutto Ma esterna sicurezza e regala al contempo perle di assoluta ilarità:

Se Del Piero è Pinturicchio, io diverrò il nuovo Michelangelo” e ancora “… quindi anche qui in Italia ci sono i comunisti?”.

Il contratto parla di un prestito annuale da un miliardo, con ingaggio pattuito a cinquecento milioni e di un diritto di riscatto fissato a quattro miliardi che, neanche a dirlo, non verrà mai rivendicato. Il vero affare del club vola ben oltre il discorso tecnico e punta ad un rientro economico dettato dalla vasta mobilitazione dei tifosi cinesi che invadono pacificamente Perugia – proclamata nuova capitale dell’Oriente – dopo le comitive nipponiche e coreane per Nakata ed Ahn.

Ahn e Ma

Lo stesso sito del club, all’avanguardia per i tempi, è consultabile nelle lingue dei suoi tesserati più “esotici”.

È sufficiente la prima amichevole contro il Grosseto per comprendere che Ma Mingyu non potrà apportare nessun miglioramento alla rosa umbra; i piedi non sarebbero neanche troppo malvagi ma è lento e fa fatica ad inserirsi. I compagni lo soprannominano “il nonno” e le perplessità sulla data di nascita si fanno sempre più insistenti. Terminati gli allenamenti, è il primo a farsi la doccia e a scappare dallo spogliatoio, passando il tempo libero chiuso in casa in compagnia della moglie. Alla figlia di tre anni, lasciata in Cina con i nonni, promette al telefono che sarebbe ritornato presto; a muoverlo non è l’amore paterno quanto il prendere coscienza della sua inadeguatezza.

Nel giro di poche settimane passa dal baldanzoso ragazzo (si fa per dire), che ostentava accostamenti rinascimentali, all’umile “regista” – ma con la nove sulle spalle – che è consapevole della situazione:

“Se non gioco è colpa mia. Non sono ancora bravo per la Serie A”.

Appare impacciato, non ama e non studia la lingua italiana e fa una fatica tremenda a comprendere le indicazioni di mister Cosmi (su questo ci resta difficile biasimarlo, visti i continui cambi di voce del mister): il ritorno in patria è prevedibile quanto una battuta da cinepanettone.

È dunque il tempo di rifare le valigie, per Ma, per sua moglie e per quel gruppetto di parenti ed amici che un giorno – la leggenda narra – un giardiniere dello stadio ritrovò raggruppati nei locali del Curi, riconvertito come dormitorio. Tra il surreale e la goffa realtà, l’avventura umbra di Ma si è cucita addosso i gradi dell’immortalità, con storie che da un ventennio girano senza sosta nell’ambiente perugino, tramandate di generazione in generazione e da padre in figlio con la potente aura del mito.

Il numero nove disputò da capitano, soltanto un anno più tardi, lo storico mondiale nippo-coreano, guidando una Cina alla prima (e sinora unica) partecipazione nella massima competizione per nazionali.

Nel 2003, a soli trentatr/trentacin/quarant/ - vabbè, fate voi – si ritirò dal calcio, per la delusione della mamma (ex cestista e da sempre allenatrice/sostenitrice del piccolo Ma) e per la gioia del padre (ex calciatore) che aveva cercato in tutti i modi di ostacolare la carriera calcistica del figlio… non è che poi avesse commesso un crimine.

Chissà, magari aveva ragione Alessandro Gaucci e per la legge dei grandi numeri, prima o poi, sbarcherà nel calcio che conta un assoluto prodigio made in Cina. È credibile. Già, quasi come quelle dichiarazioni di mister Serse Cosmi ai giornalisti cinesi…

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