di Luca Fazi - Avete presente quando vostra madre, cercandovi di spronare, vi diceva “dai, vai che ti divertirai”? Un invito ad andare in un determinato evento che all’inizio non guardavate di buon occhio, convinti che non avreste trovato piacere…e puntualmente aveva ragione la mamma, come sempre! Ecco, è quello che capitò in linea di massima ad Alessandro Nesta nell’estate del 2002 quando, contro la sua volontà, firmò nell’ultimo giorno di mercato il suo passaggio al Milan. Tifoso della Lazio da sempre e pure capitano da qualche anno: cosa desiderare di più? In un’ipotetica similitudine, il difensore può rappresentare il “bambino capriccioso” mentre la parte del saggio genitore spetta al club romano pur con una sostanziale differenza. Se infatti una madre parla sempre per il bene del proprio figlio, ciò non combacia con il comportamento avuto dalla mamma-Lazio, più interessata a guardare il proprio tornaconto che soddisfare uno di famiglia. I biancocelesti di fine millennio, dopo essersi tolti diverse soddisfazioni, navigano in cattive acque dal punto di vista economico e sono costretti a vendere i propri pezzi più pregiati; il sacrificio di Crespo all’Inter non basta e Cragnotti si libera pure del capitano, venduto per 31 milioni (di euro) alla parte rossonera di Milano.
Beh, direte voi, finire in una delle squadre più importanti al mondo non dovrebbe essere poi così drammatico ma se siete nati, vaccinati e cresciuti con i colori della Lazio potete ben capire che un “leggero” trauma può nascere. Il padre di Alessandro, Giuseppe, aveva portato l’altro figlio (quello maggiore) in una scuola calcio per iscriverlo; il piccolo però si mise a piangere vedendo che per lui non era ancora stato previsto un piano sportivo: così, altre 30mila lire uscite dalle tasche del babbo ferroviere e tesseramento fatto pure per il pargolo di casa. Sandro non aveva neppure nove anni ma già riusciva a distinguersi dalla massa grazie a delle giocate concesse per pochi eletti. Interventi da difensore chirurgici? Non solo, siete leggermente fuori strada: Alessandro faceva il centrocampista. Raramente spostato in fascia però era in mezzo che ci sapeva fare, complice anche quell’eleganza rigogliosa come un fiore in primavera. Le voci girano, gli osservatori sentono e in breve tempo gli viene proposto di entrare nella Roma, la quale si presenta con un’offerta da 10 milioni…Dino Viola in persona è interessato a quel tipetto più bambino che ragazzo.
Il padre ha capito però che suo figlio diventerà qualcuno nel calcio e poi…poi ci sono i colori del cuore da difendere e con gentilezza rifiuta la proposta e va avanti. Il passo successivo è un’inserzione letta sul Corriere dello Sport dove veniva pubblicizzato il provino ufficiale della Lazio al campo di San Basilio: l’esame non poteva esser snobbato e l’esito fu positivo. Nesta si cuce il biancoceleste nel cuore e passa tutta la trafila delle giovanili, andando a vincere il Primavera nel ’95…quando ormai era già un tassello della prima squadra.
Timido e riservato ma allo stesso tempo eloquente sul campo dove aveva rispetto per tutti ma paura di nessuno. Qualcosa ne dovrebbe sapere Gascoigne che nel ’92, appena arrivato alla Lazio, in un allenamento non faceva altro che punzecchiare con i falli il giovanissimo Sandro, ancora nel reparto “young”; il difensore ad un certo punto decide che il tempo delle provocazioni è concluso e con un intervento gli frattura tibia e perone…altro che ragazzino. I tifosi, innamorati dell’inglese e ancora poco consapevoli di ciò che hanno nella cantera, vorrebbero prendersela con Nesta ma è lo stesso Gazza a difenderlo, ammirandone le sue capacità e omaggiandolo pure con cinque paia di scarpe e un kit da pesca…a Paul l’originalità non è di certo mai mancata. L’esordio con i grandi avviene il 13 marzo del ’94, quando Alessandro possiede già la maturità fisica e mentale ma non quella anagrafica, essendo del ’76 e diciassettenne ancora per una settimana circa. Dopo un paio di stagioni è già pronto per puntellare la difesa capitolina e comincia a farsi apprezzare da molti addetti ai lavori; in primis Sacchi, tecnico della Nazionale che decide di portarlo all’europeo in Inghilterra pur non avendo ancora nessuna presenza con quella maggiore. Era freschissimo vincitore della competizione continentale con l’Under-21 di Cesare Maldini e le qualità espresse avevano convinto l’allenatore di Fusignano. Il problema però è che il binomio Nesta-Nazionale non è dei più fortunati e per il difensore significherà un calvario pieno di infortuni: parteciperà a tre Mondiali senza finirne uno. In principio fu Pfeifenberger a fargli saltare il ginocchio (Francia98), un’altra volta un pestone croato lo tira fuori dai giochi (Corea e Giappone 2002) ed infine la lesione al muscolo pettineo contro la Rep.Ceca (Germania2006).
L’unica nota positiva (e non di poco conto) è che nel terzo Mondiale risultò comunque fra i trionfatori finali dopo esser stato sostituito proprio da Materazzi, uno dei principali artefici dell’impresa. Tornando alla Lazio, va collegato a Zeman il merito di aver inventato Nesta come centrale dopo un esordio da terzino destro. Alcuni infortuni al centro della difesa hanno facilitato la scelta che alla fine risultò vincente; il “ragazzino”, come amava chiamarlo il boemo, iniziò ad offrire prestazioni sempre più convincenti. Il ’98 lo vede trionfare nella doppia finale di Coppa Italia contro il Milan e il suo gol, quello del 3 a 1 finale, (dopo l’1 a 0 rossonero dell’andata firmato a San Siro) risultò quanto mai decisivo…per uno poco avvezzo alle reti non poteva scegliere momento migliore. Pazienza se nello stesso anno perde l’ultimo atto di Coppa Uefa, perché nella stagione ’98-’99 solleva al cielo da capitano l’ultima edizione assoluta di Coppa delle Coppe.
La vittoria si sarebbe goduta a pieno se non ci fosse stato quel campionato pazzo che ha visto la Lazio capolista farsi rimontare dal Milan di Zac sette punti in altrettante gare. Fu la sconfitta più amara nella carriera di Sandro? Beh, non direi e sicuramente non la più clamorosa; Nesta c’era in quella maledetta finale Italia-Francia (con il pallone di Wiltord che passa sotto le sue gambe) e non è mancato neppure nella storica rimonta del Liverpool durante la notte di Istanbul. Senza dimenticare che alla fine, nel 2000, uno scudetto con la Lazio l’ha comunque vinto e quella volta fu l’evento eccezionale (la pioggia del Curi e la rete di Calori) a schierarsi in favore del difensore romano e della sua squadra. Il 2002, l’abbiamo ricordato all’inizio, è l’anno del grande tradimento di Cragnotti che tenta di far passare il suo capitano come un mercenario in cerca di soldi…mentre Nesta pur di restare con quella maglia avrebbe fatto follie. Una partita degli anni biancocelesti da buttare completamente? Se glielo chiedeste vi risponderebbe senza tentennamenti: 10 marzo 2002, Lazio-Roma 1 a 5! Un primo tempo dove Montella oltre a farne tre (poi quattro) ridicolizza gli avversari e nello specifico Sandro, tanto che quest’ultimo viene cambiato nella ripresa…cosa più unica che rara. Inutile cercare scuse anche se per onestà di cronaca va detto che proprio in quella sera i dirigenti gli preannunciarono la sua cessione a fine campionato e i rapporti già allacciati ed avanzati con la Juve. Il morale era a terra e forse fu condizionato negativamente in quel derby che i romani giallorossi ancora celebrano come giorno di gloria perenne. Ai bianconeri Sandro dice no, come in passato aveva rifiutato il Real Madrid; lo vuole Ferguson nel suo United ma il Milan avrà la meglio: 31 agosto arriva la firma! Il giorno dopo è in cima all’Hotel Gallia sventolando la maglia numero 13, la sua, in faccia ai suoi nuovi tifosi festanti. Sarebbe un giorno importante ma Sandro è scuro in volto, come chi è stato ferito da un amico per poi esser venduto non per trenta denari ma trentuno milioni di euro sì. Con i rossoneri si ferma dieci anni, vincendo e rivincendo praticamente tutto e mettendo la firma nella finale di Yokohama del 2007, valida per laurearsi campione del mondo per club.
Gli infortuni? Quelli non l’hanno mai abbandonato, colpa del caso o forse di quella crescita in età preadolescenziale, capace di dargli 22 centimetri d’altezza in un solo anno…ginocchia e schiena ringraziano. Per la finalissima d’Atene torna giusto in tempo dopo aver avuto mille noie con il tendine della spalla; a lui fu associato pure un buffo infortunio alla mano per via delle troppe ore passate alla playstation…era una bufala ma quante partite fatte fino a tarda notte insieme al compagno e amico Pirlo. Si toglie pure lo sfizio di una doppietta negli ultimi dieci minuti di un Chievo-Milan post-Ancelotti, regalando una preziosa vittoria al tecnico Leonardo. Alla Lazio era andato in rete solo una volta, considerando esclusivamente la Serie A, ovvero contro la Salernitana siglando il 6 a 1 finale su corner di Conceicao…ma Nesta era sublime nell’evitare i gol, mica a farli. Messi fra i più forti al mondo? Verissimo ma ciò non toglie che il buon vecchio Sandro, alla veneranda età di 35 anni, sia stato ancora capace di bloccarlo in tutto e per tutto durante un confronto europeo. Elegante e con un senso della posizione impressionante, ai tempi delle giovanili avrebbero parlato bene solo di lui se in mezzo non ci fosse stato quel Francesco che di cognome faceva Totti e alla Lodigiani si esibiva già in performance spettacolari.
Rivali e amici da sempre, senza dar troppo peso a quegli screzi venuti fuori fra i due dopo quel provocatorio “vi ho purgato ancora” di matrice tottiana: l’amicizia vero ed il rispetto non si fanno buttar giù così facilmente. Per Alessandro serietà e faccia pulita, non a caso la buonanima di Astori l’aveva eletto come suo idolo da sempre; classe ed umiltà, non a caso Romagnoli sta cercando di imitarlo. Due ragazzi per bene che in Nesta hanno visto la forza di un uragano…o se preferite di una “tempesta perfetta”.
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