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Quagliarella e quel primo gol a Gualdo Tadino

  • Immagine del redattore: Luca Fazi
    Luca Fazi
  • 21 set 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

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- di Luca Fazi - Domenica 22 settembre 2002, stadio Carlo Angelo Luzi.

Mentre il Gualdo si avviava ad affrontare uno degli ultimi campionati professionistici della propria gloriosa storia (dopo l’epopea degli anni novanta, che ha visto la compagine umbra sfiorare più volte la Serie B), un giovanissimo attaccante campano metteva a referto il primo gol in carriera.

Neanche ventenne, Fabio Quagliarella aveva già assaggiato la massima serie (una presenza con la maglia del Toro nel maggio del 2000), accumulato un maggiore minutaggio in cadetteria e iniziato la trafila delle nazionali giovanili. Serviva, dunque, il battesimo nelle marcature.

Nell’estate del 2002 viene girato in prestito alla Florentia Viola, ossia quella Fiorentina costretta a ripartire dalla C2 dopo l’esclusione per le inadempienze finanziarie. Il nome cambia, ma il blasone e la qualità della rosa restano, facendosi sentire sin dalle prime battute. Il team viola può contare sull’uomo-simbolo Angelo “SoldatinoDi Livio (l’idolo del Braccio 6, concedetemi e perdonatemi la prevedibile citazione), sul centravanti-operaio Christian Riganò ed anche su un collettivo di livello, abituato a trascinare gli scarpini chiodati sopra manti erbosi ben più nobili. Sulla panchina gigliata siede lo Zar Pietro Vierchowod, che appena due anni prima aveva appeso i ferri del mestiere al famigerato chiodo; già, faceva parte di quel Torino-Piacenza (dalla sponda emiliana, pur non scendendo in campo per l’occasione) che vide l’esordio in A del Quaglia.


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La formazione viola (fonte Transfermarkt)

Si arriva dunque alla sfida Gualdo - Florentia Viola, rientrante nella quarta giornata di un girone che sulla carta non ammette sorprese ai vertici… e infatti non ci saranno. Gli ospiti terminano la prima metà di gioco con il doppio vantaggio (firmato Riganò… e chi se no?) e nella ripresa cercano il guizzo per chiudere il conto. Ci pensa proprio Quagliarella, al 53esimo, che trafigge in mischia l’estremo difensore biancorosso Ivan Aiardi. La partita sembra destinata al preventivabile epilogo se non fosse che a riaprirla, dopo tredici giri di lancetta, ci pensa il sedicenne Paolo Bellucci – prodotto del vivaio gualdese e talento di belle speranze – con un eurogol (pallonetto dalla distanza) che sorprende il portiere Ivan. Ironia della sorte, il gesto sarà un must have nel repertorio di Quagliarella. L’autorete nei minuti finali regala le ultime emozioni e fissa il punteggio sul 2 a 3: Fabio si toglie così la soddisfazione della prima marcatura, bagnata da una vittoria più sofferta dell’immaginabile.


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Lo schieramento del Gualdo (fonte Transfermarkt)

Da quel momento in poi inizierà il girovagare del fuoriclasse campano, composto di tante maglie ma con l’unica costante mai tradita: buttarla dentro. Quasi sempre con lo stesso numero sulle spalle (quel 27 in omaggio all’amico e compagno nelle giovanili Niccolò Galli, figlio di Giovanni, scomparso tragicamente ad appena diciassette anni). Una carriera, pertanto, fatta di cifre: e allora diamo i numeri! A partire da 181, ossia le reti siglate (per il momento) in A. Aggiungiamo 14, quindi la posizione occupata (neanche a dirlo… per il momento) nella graduatoria dei marcatori più prolifici di sempre nella massima serie. Ben 3 sono gli scudetti conquistati, tutti con la maglia della Juventus nel corso dei quattro anni in bianconero. E ancora, 26, i centri realizzati nella stagione ‘18/’19. Gli valsero il titolo di capocannoniere alla veneranda età di 36 primavere sul groppone, battendo la concorrenza – tra tutti – del primo CR7. In mezzo, un cammino sofferto con una delle Nazionali più limitate tecnicamente degli ultimi anni ma riuscirà a segnare, malgrado questo, nel girone di un Mondiale disastroso per gli Azzurri (quando i problemi erano “soltanto” le pessime figure durante le fasi finali… sigh).


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La Gazzetta dello Sport: intervista al Quaglia di qualche anno fa

In una carriera comunque avvincente non sono mancate pure le lacrime, come quelle versate durante l’anno al Napoli. Già, proprio a casa sua. Sì, proprio con quella maglia che sentiva e sognava più di tutte. Fino a quando, stavolta, fini lui nella “rete”. A tesserla un agente di polizia postale: ufficiosamente amico di famiglia, ufficialmente uno stalker. Minacce e accuse infamanti minarono l’equilibrio fisico, quanto mentale, del bomber campano che si ritrovò totalmente vittima di una macchinazione assurda. La scelta (si fa per dire) di lasciare i partenopei, gli insulti dei tifosi per il trasferimento alla Juve e un processo protratto per fin troppi anni: fu davvero complicato rialzarsi. Eppure Fabio, alla sua maniera, è stato capace di riprendersi in mano la vita. A suon di gol. Con il suo stile. Parole? Poche. Fatti? Tanti. Alla fine arrivarono pure le scuse del popolo azzurro che, come non molti, sa ammettere l’errore ed amare sempre in un modo speciale.


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Le scuse della tifoseria napoletana

Il prossimo gennaio Fabio soffierà su 40 candeline (eravate in astinenza di numeri?) e da quel 22 settembre sono trascorsi due decenni: eppure, dal sigillo firmato a Gualdo Tadino sino alle ultime stagioni in blucerchiato, il Quaglia non ha ancora smesso di dire la sua. E avete ragione voi – puntatori seriali di indici che non sentono ragioni – se fate notare la disastrosa annata appena trascorsa e l’inizio “soft” del campionato da poco iniziato… ma prestate attenzione. Non sia mai che Eupalla, di Breriana memoria, vi costringa a riporre in fretta e furia il vostro dito accusatore. Perché Fabio, del resto, ha già dimostrato di sapersi rialzare.


E per chiudere... buona visione!!!


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