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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Olanda-Italia con gli occhi di un bambino

Aggiornamento: 10 lug 2020


- di Luca Fazi - A volte i sogni si realizzano. A volte i sogni si trasformano in realtà. A volte l’impensabile diventa possibile e si manifesta davanti ai nostri occhi. L’ho capito esattamente il 29 giugno del 2000, quando ero ancora un bambino. Quel tardo pomeriggio di inizio estate poteva essere uno dei tanti e invece divenne indelebile, tanto da onorarne puntualmente l’anniversario. Con la chiusura delle scuole il rituale era pressappoco sempre lo stesso: alla mattina pallone con gli amici, nel pomeriggio pallone con gli amici, mentre in serata… no, sempre pallone con gli amici. Beh, magari qualche intermezzo con il Game Boy e una Strega comanda colore tanto per gradire (tralasciando l’inflazionato Nascondino) poteva starci pure, specialmente quando le ore più calde si facevano sentire, ma il fedele amico di cuoio pretendeva ed otteneva gran parte della scena quotidiana… con buona pace delle femmine (tempo al tempo e le avremmo ricercate, accantonando – sia chiaro, giusto un po’ – il calcio).

Solo che nel 2000 ci pensarono gli Europei (per la prima volta ospitati da due paesi insieme, Belgio ed Olanda) a staccarci per qualche ora dall’erba dei giardinetti pubblici, o dal cemento delle piastre polivalenti, e inchiodarci sui divani di casa per seguire le gare in tv. Ricordo ancora la curiosità in attesa che iniziasse tale manifestazione dopo aver assistito due anni prima ai Mondiali di Francia98… i primi da tifoso.


Il Logo di Euro2000

Il mio Europeo fu “condizionato” in parte dalla preparazione alla Prima Comunione che mi impedì di guardare gli Azzurri in due confronti del girone, ma archiviato il sacramento ebbi il piacere di catapultarmi nel “tranquillo” mondo delle eliminazioni dirette. E così, dopo aver estromesso dal cammino la Romania di Hagi, si arrivò alla semifinale di quel fatidico 29 giugno: l’Italia contro i padroni di casa dell’Olanda.

Nella mattinata io e gli altri coetanei eravamo usciti per tirare i soliti quattro (si fa per dire) calci al pallone, simulando ad ogni gol l’esultanza dei nostri beniamini. Chi pendeva dalle gesta di Del Piero, chi rimpiangeva un infortunato Bobo Vieri e chi, come il sottoscritto, portava nel cuore capitan Maldini ma al contempo restava affascinato dal genio di Totti… si sa, da bambini si finisce sempre per apprezzare i giocatori d’attacco.


Alcuni dei ragazzi di mister Zoff: Albertini, Ferrara,Fiore, Maldini, Montella e Totti.

Giocavamo, urlavamo (per la gioia dei vicini) ma più di tutto sognavamo: sognavamo ad occhi aperti quella gara che sarebbe cominciata da lì a poco, con la speranza di vedere per la prima volta la nostra nazionale in finale.

Con il match fissato per le 18:00, l’appuntamento ai giardinetti del pomeriggio fu giocoforza interrotto con largo anticipo; per una volta le nostre madri non dovettero chiamarci dalle finestre perché pronta la cena, ma ci videro arrivare spontaneamente, ognuno nelle proprie abitazioni, già intorno alle 17:30.

Citando il ragioniere Fantozzi, niente “familiare di Peroni” (la birra non faceva ancora parte della mia vita), né tantomeno il rutto libero (e chi l’avrebbe sentita poi mia madre?)… ma, statene certi, il tifo indiavolato non mancava. In realtà ero l’unico davanti alla tv, visto che mio padre lavorava e mio fratello seguiva la gara con gli amici. Pazienza, mano sul petto come mi hanno insegnato e si canta l’inno... mentre mia madre, “scalmanata tifosa”, passa il mocio sul pavimento. Mi domando, tra me e me, come facciano molte donne a non sentire l’agitazione per le partite: dopo vent’anni cerco ancora risposte (a proposito, scrivetemi in privato se conoscete la soluzione del quesito).


Il C.T. Zoff

Il calcio è una “materia” che avevo cominciato a seguire da poco tempo ma anche un profano avrebbe compreso il senso unico del match. L’Italia non passa la metà campo e gli avversari ci provano a turno con Cocu, Bergkamp (palo) e Kluivert ma Toldo è attento… già, San Francesco Toldo. Quel numero dodici che indossa non è un atto di umiltà ma la chiara dimostrazione che lui, l’Europeo, avrebbe dovuto vederlo dalla panchina. Il titolare è il giovane quanto esperto Buffon ma l’infortunio in amichevole con la Norvegia gli ha impedito la partecipazione a pochi giorni dall’esordio. Il pacchetto dei portieri azzurri è sempre stato generoso e non c’è da buttarsi giù, ma nessuno si sarebbe mai immaginato ciò che realmente avvenne grazie a quel dodici.

Il 4-4-2 di Zoff, fino ad allora spumeggiante e propositivo, fa posto ad uno stesso modulo ma solo nei numeri; il catenaccio torna il nostro vessillo e il non prenderle dalla banda di Rijkaard una specie di deludente imperativo. Già essere arrivati in semifinale, con i pronostici a sfavore, era certamente un motivo d’orgoglio ma quando sei là non costa nulla sognare e viene facile… soprattutto da bambini.

Capitan Maldini prende le misure su Overmars ma dall’altro lato la freccia Zenden fa quel che vuole con il povero Zambrotta; lo juventino gli entra scomposto due volte (in particolar modo la prima) e si becca la doppia ammonizione, lasciandoci di fatto in inferiorità numerica dopo la prima mezz’ora di gioco.

“Nooo… e adesso?”, sbuffo con la paura che ormai l’impresa diventi utopia… ma come detto, a volte i sogni si realizzano. È dura crederci, a maggior ragione quando dopo quattro minuti l’arbitro concede un penalty a dir poco generoso per i padroni di casa:

“… ma Nesta non gli ha fatto nulla!”.

Niente da fare, Merk non ascolta il mio adirato suggerimento e non torna sui suoi passi, in compenso però ricevo la solidarietà di Maldini che gli dà del pazzo con il gesto dell’indice sbattuto in fronte. Se anche Paolino perde le staffe si mette male ma San Francesco Toldo intercetta il tiro di uno specialista come Frank de Boer e mi tranquillizzo un po’. Tengo stretta una sciarpa dell’Italia che ad occhio e croce potrebbe risalire ai vittoriosi Mondiali del 1982 e la presa si fa più forte ogniqualvolta si presentano occasioni nemiche… praticamente quasi sempre!


Toldo neutralizza il tiro di de Boer

Eppure, proprio in dieci, cominciamo ad uscir fuori dalla tana e mostrarci un tantino pericolosi, non molto ma q.b. (come direbbero gli chef) ovvero quanto basta per tirar su il morale. Termina il primo tempo, inizia il secondo e i padroni di casa calano d’intensità.

“Dai che ci siamo!”, dico ai muri provando a farmi coraggio.

Non è più un monologo arancione ma proprio sul più bello Iuliano atterra dentro l’area (per poco) il compagno alla Juventus Davids: altro penalty! Quante possibilità ci sono di veder neutralizzati ben due rigori nella stessa gara? Fate voi le percentuali ma sta di fatto che qualcosa di paranormale continuò ad aleggiare per Amsterdam… e nessuno (quantomeno dei protagonisti in campo) fu vittima di funghi allucinogeni.

Dal dischetto si presenta questa volta Kluivert. San Francesco Toldo per un attimo torna un comune mortale battezzando il palo sbagliato ma gode ugualmente di qualche intercessione perché la sfera rimbalza sull’altro: ancora zero a zero!

Zoff cerca l’azzardo inserendo finalmente Totti al posto di Fiore, Maldini dà del matto al direttore di gara per la seconda volta (prendendosi l’ammonizione) e Delvecchio rileva Inzaghi: si va ai supplementari!

Nel frattempo torna mio fratello per seguire a casa l’extra-time e mia madre ci domanda se vogliamo mangiare; la tensione è troppa e accettiamo giusto una rapida insalatina, trangugiata in maniera ignobile e oltretutto neanche digerita… anche questo è il bello del calcio! Nei trenta minuti successivi le emozioni sono poche e una delle occasioni più ghiotte è di stampo azzurro con il tiro di Delvecchio e il salvataggio di Van der Sar che impedisce il golden goal.


Il 29-06-00 l'Italia vince e perde: muore Vittorio Gassman

Si va ai rigori! Si ripresenta la stessa lotteria di Italia90, di Usa94 e di Francia98… tutte concluse tragicamente per chi fa parte dello stivale italico. Quel 29 giugno ripropone i tiri dagli undici metri e il mio pensiero non può che andare a Francia-Italia di due anni prima; la seguii in compagnia di due amici e il suono della traversa di Di Biagio l’ho perfettamente memorizzato in testa. È un tormentone, tanto che in ogni partitella tra noi bambini il centrocampista viene menzionato non appena il pallone si stampa nel legno orizzontale: “Cavolo! Hai fatto come Di Biagio!”.

L’ennesima beffa è dietro l’angolo, soprattutto quando dal dischetto si avvicina come primo tiratore proprio Luigi.

“Dio mio… e se fa come l’altra volta?”, dico ad alta voce guardando mio padre che nel frattempo era tornato dal lavoro.

Tutte le volte che finiva di lavorare andava subito a darsi una lavata, togliendosi la divisa per poi mettersi i panni puliti ma stavolta no… non c’è tempo! I rigori sono imminenti e la buona educazione può attendere.

Il colosso olandese si butta dalla parte giusta ma il tiro di Di Biagio è troppo preciso e potente: gol! Si è tolto un peso enorme, malgrado il precedente scambio di battute poco incoraggiante con il compagno giallorosso Totti:

“Francé, ho un po’ paura…” – “… e te credo, guarda quanto è grosso!”.

Va de Boer, ancora lui. Sarebbe eccessivo pregare un ulteriore errore ma le richieste evidentemente arrivano in alto: San Francesco Toldo resta centrale e blocca il tiro… intanto al Vaticano fanno pressione per accelerare il processo di canonizzazione del portiere. Tocca a Pessottino che, glaciale, infilza Van der Sar. È la volta dunque del gigante Stam; sicuro del suo tiro potente, prende una rincorsa per quale servirebbe il porto d’armi… il pallone però è alto e venne ritrovato solo anni dopo dalla Cristoforetti.


Toldo esulta per l'errore di Stam

Arriva il momento di Totti e così capitan Maldini ha l’occasione di esternare il terzo “ma sei matto”, non all’arbitro bensì al talento della Roma:

Ao, mo je faccio er cucchiaio”.

Il talento romano e romanista si appresta ad effettuare un gesto tecnico provato in allenamento, promesso ai compagni da settimane ma che i miei occhi di bambino non avevano mai visto. Parlano di un “certo” Panenka e di ventiquattro anni prima ma non ne so nulla. So per certo invece che quel pallone rimase nella terra di nessuno per un lasso di tempo infinito se hai il cuore del tifoso. Si trattenne il fiato fino a che, dal muoversi della rete, intuimmo che il tiro fosse andato a buon fine. Non capii nulla ma il sorriso sornione di Totti mi tranquillizzò.


Olio su tela: "Er cucchiaio"

Kluivert segna l’unico gol subito da San Francesco da Padova; Maldini potrebbe chiuderla ma i crampi per aver dato tutto non gli consentono di calciare in maniera decorosa. Para dunque Van der Sar ma para anche, tanto per cambiare, San Francesco: Bosvelt neutralizzato e gli azzurri corrono come forsennati verso il loro eroe senza mantello ma con due guanti speciali. Siamo in finale!

Abbraccio quelli di casa e lo stress poco a poco svanisce: ora un pezzetto di piadina ci sta tutta e al diavolo l’insalatina! L’Olanda torna a casa dopo un girone a punteggio pieno (battendo inoltre i futuri campioni della Francia) e con i quarti vinti sconfiggendo la Jugoslavia per 6 a 1: anche questo è il bello del calcio. Ricordo la voglia di scendere e andare verso i giardinetti per festeggiare con gli altri coetanei; inutile dire che passammo quell’estate (e non solo) a battere rigori con il cucchiaio!

Sì, poco dopo il paradiso di Amsterdam arrivò l’inferno di Rotterdam ma in fondo la felicità dipende… “da che punto guardi il mondo tutto dipende”. La versione italianizzata (da Jovanotti) degli Jarabe de Palo spopolò per tutta l’estate del 2000 e forse, permettetemi, non c’è modo migliore per ricordare Pau Donés.

A volte i sogni si realizzano. A volte i sogni si trasformano in realtà. A volte l’impensabile diventa possibile e si manifesta davanti ai nostri occhi… in quel 29 giugno ne ebbi la certezza!




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