Le 10 cose che (forse) non sai di Roby Baggio! di Luca Fazi
- Luca Fazi
- 12 ago 2018
- Tempo di lettura: 7 min

“Ho dato tutto. Non ho rimpianti!”
Questa frase pronunciata dal Divin Codino, rivolta al suo manager storico Vittorio Petrone a termine della sua ultima partita, è sintetica ma allo stesso tempo evocativa ed adatta per descrivere la carriera del numero 10 più amato d’Italia. Il calcio comincia ad avere qualche annetto di vita ma certi giocatori passano una volta al mille, o forse più; questi artisti della sfera entrano nei cuori di tutti quando il Dio del pallone decide che noi comuni mortali ci meritiamo un premio e fabbrica una macchina quasi infallibile. La totale perfezione non esiste, nel caso di Roby, a causa di una debolezza tecnica o mancanza in qualche fondamentale piuttosto per quella tenuta fisica fragile che lo terrà fuori dai giochi per tanto, troppo tempo. Il 18 febbraio del 1967 in una cittadina della provincia di Vicenza nasce quel che sarà l’emblema del nostro calcio…un fenomeno del pallone degno del miglior genio italico. I suoi dribbling ubriacanti, con quel movimento rapido quando all’apparenza sembrava stesse perdendo l’equilibrio, sono gesti che andrebbero fatti vedere e rivedere fino allo sfinimento a tutti coloro che sin da piccoli sognano di fare questo “mestiere”. I campioni nascono così o per un patrimonio genetico importante oppure per aver lavorato sodo guardando ed imitando i migliori…e Baggio in questo non può che essere l’ispirazione più pura. Al diavolo se il gioiello di Caldogno risultava spesso in lotta con i vari allenatori perché Roby dava sempre tutto sul campo ed il primo che accusava se le cose non fossero girate come voleva era lui stesso. Criticava chi sedeva in panchina perché lui in primis aveva fatto i conti con la sua personalità, rimproverandosi se non fosse riuscito a dare il massimo…e lo stesso pretendeva dagli altri, che siano compagni o allenatori. Baggio viene al mondo per il calcio e si diverte a farlo…poi, quando i soldi cominceranno a girare in maniera esponenziale diventando i protagonisti del panorama calcistico, allora ammetterà pubblicamente di non trovare più quella felicità nello scendere in campo che gli apparteneva prima; ciò nonostante continuerà a regalare magia non tanto per professionalità ma per donare passione e spensieratezza a quei tifosi che ancora credono nel calcio, viziato ma pur sempre calcio e passione viva. A detta di molti non era un leader nello spogliatoio, colpa di quel carattere timido e silenzioso ma la sua classe quando scendeva in campo metteva d’accordo tutti in quanto ciò che mostrava andava ben oltre la normalità. Come se l’Altissimo avesse deciso di mostrarci un pezzettino di quel che vedremo una volta terminato il nostro viaggio e con Roby un lato del paradiso è stato notevolmente svelato. Oggi però non voglio soffermarmi sulla sua carriera che è fonte d’ispirazione per tutti gli amanti del calcio ma vi propongo 10 (come il suo numero di maglia) aneddoti e curiosità che hanno impreziosito il suo vissuto. Fra cose più o meno celebri, mettetevi comodi e come sempre…buona lettura!
La testata presa da Totò Schillaci
Siamo nei primi anni novanta e come normalmente accadeva, da buoni compagni di camera, Schillaci e Baggio stavano spesso insieme nei momenti lontani dagli allenamenti fra Juve e Nazionale. In quel periodo il gossip teneva banco sulla moglie di Totò ed il presunto amante Gigi Lentini. L’attaccante palermitano viveva uno stato emotivo non semplice e leggere quei giornali lo innervosiva ancora di più; Baggio, mentre il compagno aveva in mano una rivista, gli muoveva il foglio con il piede e continuava a dirgli in buona fede di non pensarci e che non doveva starci male. Schillaci, preso da un raptus di ira, si alzò e diede una testata a Roby…anni dopo dichiarò di essersi pentito per averlo fatto.
La clausola “Mazzone”
Baggio è nella fase finale del suo percorso calcistico ma sente ( ed ha ragione) che può ancora dare tanto al calcio e proverà a rinascere con il Brescia, sognando i mondiali nippo-coreani. Il suo trascorso parla chiaro e Roby ha avuto quasi sempre problemi con gli allenatori che mano a mano sono stati chiamati a gestirlo…ma con Mazzone no! L’allenatore romano incarna per il Divin Codino il perfetto uomo spogliatoio, che ama parlare chiaro e non fa giri immensi di parole. Baggio va al Brescia ma sul contratto è tutto scritto palesemente: se il Presidente Corioni intende esonerare il mister allora il giocatore potrà sentirsi libero di svincolarsi. Gran bell’attestato di stima e Roby farà sentire il suo affetto anche per gli 80 anni di Carletto, con un messaggio d’amore unico.
Il bambino timido e le ambulanze
Si è soliti portarsi dietro per tutta la vita il carattere che si possiede da bambini o poco più e Baggio è stato uno di questi. In campo era leader tecnico ma nello spogliatoio quasi nessuno dei suoi ex compagni gli ha riconosciuto il ruolo di capogruppo. Troppo introverso e timido Roby, come quando da bambino sentiva passare in lontananza le ambulanze. Non aveva la curiosità di andare a vedere cosa stesse accadendo tipica dei suoi coetanei ma cercava di nascondersi e sfogava il tutto in un pianto copioso. L’ambulanza si avvicina e le lacrime scendono a fiumi.
Baggio e la scuola
Non è da tutti riuscire ad avere ottimi risultati scolastici e allo stesso tempo dedicarsi anima e corpo ad altre attività. I genitori lo spingevano a far bene fra i banchi ma Baggio si sentiva chiuso in quell’ambiente. I libri non gli permettevano di sviluppare le proprie attitudini e poi… “studiare voleva dire togliere tempo agli allenamenti”. Così il Divin Codino fu bocciato in seconda media ma un professore, durante un colloquio con il padre Florindo, espresse a chiare lettere un pensiero alquanto lungimirante e corretto visto quel che sarà poi: “ Se i libri fossero rotondi, (Roberto) insegnerebbe anche a noi!”.

Sacchi e la caccia
Fra le passioni più care a Roby compare la caccia. Badate bene, non per il gusto di sparare ed uccidere ma per vivere momenti di aggregazione unici. L’arte venatoria per Baggio e non solo è primordiale e ti permette come poche di stare a stretto contatto con la natura e condividere il tutto con amici di vecchia data che in condizioni normali non vedresti per i tanti impegni. Siamo a pochi giorni dall’inizio del Mondiale statunitense e Baggio decide di organizzare nella Lomellina battute di caccia insieme ai compagni Angelo Peruzzi e Dino Baggio; il telefono squillava in continuazione perché il commissario tecnico Sacchi voleva saper per filo e per segno cosa stessero facendo a pochi giorni dalla competizione. “Tutto ok mister, ci stiamo allenando sodo” era la classica risposta di Roberto. La caccia lo portò in seguito ad acquistare pure una tenuta agricola in Argentina dove il suo passatempo trova libero sfogo.
Sempre 10…o quasi
Pensi a Baggio e lo immagini prima di tutto con quel numero stampato sulla maglia che può appartenere solo a chi disegna arte in campo. Eppure quel 10 è stato quasi sempre presente ma non ovunque. Con la Fiorentina esordì con l’11 ma la società impiegò poco tempo a “scalargli” un numero. Nella Juve sempre con il 10 ma non fu così nella Milano rossonera dove la cifra apparteneva al genio di Podgorica Savicevic. I due dialogarono a riguardo ma Dejan non mollò di un centimetro e quel numero rimase sulle sue spalle con Baggio che passò al 18. A ridosso della prima amichevole stagionale contro l’Alessandria fu lo stesso Roby a dichiarare di aver lasciato senza problemi il 10 a Savicevic in quanto meritevole di essersi sudato la maglia negli anni passati. Stessa sorte per i Mondiali francesi dove trovò Alex Del Piero desideroso di quel numero magico e per Roby altro giro con il 18.
L’operaio giocatore
Baggio ha avuto un padre amorevole quanto rigido sui valori della vita; la parola data va rispettata ed il sacrificio viene prima di quell’ozio che può cullarti quando sei colpito dalle luci della ribalta, e anche per questo coinvolge il figlio nel suo lavoro da carpentiere. Roby è ancora al Vicenza e si parla di lui per un possibile passaggio alla Fiorentina, diventando il diciottenne più pagato del nostro campionato. In ogni partita mette l’anima ben consapevole del salto di qualità che potrebbe coinvolgerlo ma la testa resta ben piantata sulle spalle e ad una domanda sul suo futuro risponde senza incertezze: “Continuerò la mia vita fra calcio e fabbrica…spero solo che mio padre mi conceda qualche ora di riposo in più!”. Come se giocare a calcio non sarebbe stato sufficiente come lavoro…come se Roby non avesse ancora capito il motivo per il quale è venuto al mondo.

Il nome Roberto
Anche qui il ruolo del padre Florindo risulta fondamentale e prezioso. Roby è il sesto di otto fratelli e quasi per tutti il nome di battesimo nasce da una passione sportiva del genitore. Così ci sarà Walter per il giocatore Speggiorin, Eddy in virtù del fenomenale ciclista Merckx, Giorgio in omaggio a Chinaglia e Roberto…Roberto per Boninsegna e Bettega, tanto amati da babbo Florindo.
Passione per gli Eagles
Baggio sta a Firenze e respira aria di grande calcio ma la sfortuna sin da subito si abbatterà con vigore su di lui. Negli ultimi mesi con il Vicenza, durante la sfida con il Rimini di Sacchi, si infortuna gravemente al crociato anteriore e considerando che siamo a metà degli anni ’80 il rischio di dover abbandonare la carriera era forte. Il presidente viola Pontello crede fermamente nel suo recupero e decide ugualmente di comprarlo…da qui comincerà l’affetto di Baggio per la maglia viola. Roby però passa i primi due anni senza sentire quasi mai l’odore del campo e sempre per quel senso di rispetto misto a dovere che sente continuamente di dover dimostrare, decide di barricarsi in casa senza fare serate o altro. Gli sarebbe dispiaciuto che i tifosi potessero vederlo divertirsi con lo stipendio appena ottenuto e zero contribuito in campo. Così vita quasi monastica eccezion fatta per andare nel vicino negozio di dischi…e chiedere sempre della rock-band degli Eagles che ascoltava con estremo piacere.
Due uomini in lacrime
Siamo all’inizio del 1998 e Baggio veste la casacca gialloblu del Bologna, per rilanciarsi in vista del Mondiale. Il 18 gennaio c’è la Juve da ospitare e per i giornalisti e non solo è la partita di Baggio. La sua condizione è ottimale e sarà la stagione ottimale in termini di realizzazioni. Le continue interviste gli riempiono la settimana che porterà alla super sfida ma qualcosa va storto. Ulivieri il giorno prima comunica che sarà Fontolan a giocare e non Roby; Baggio abbandona l’allenamento e nemmeno si presente in panchina per la gara. I due sono venuti ad uno scontro verbale molto acceso che ha destabilizzato l’ambiente; c’è chi prende le difese dell’allenatore (la maggior parte) e chi quelle di Roberto. Lo stesso Fontolan dirà in seguito di averli visti in lacrime entrambi per quella discussione. Già ad Agosto Ulivieri aveva dato le dimissioni prontamente respinte dalla società per divergenze con il numero 10…stessa scena qualche mese dopo e altre dimissioni depositate ma ancora un altro rifiuto. A fine anno se ne andranno entrambi da Bologna.













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