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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Il Willy Wonka di San Siro


- di Luca Fazi - 14 marzo 2010, minuti finali di Milan-Chievo: i tifosi rossoneri contestano una squadra ferma ancora sullo zero a zero contro una rivale tutt’altro che irresistibile. E’ il primo campionato senza capitan Maldini, il primo senza Ancelotti… il primo senza sua maestà Kaka. Rifondazione a metà quella che colpisce l’organico: qualche giovane sì, ma molti sono ancora della vecchia guardia. In quest’ultima lista c’è pure Clarence Seedorf, talento puro che a Milano non è stato mai apprezzato fino in fondo. Il professore è spesso contestato per la leziosità con cui conduce le proprie lezioni, indirizzate forse ad un pubblico mai pago e spesso critico pure con gli artisti più genuini del campo. Mister Leonardo lo chiama dalla panchina perché è lì che Clarence si trova in quella serata ancora fredda ma con vista sulla primavera.

“Clarence, sei pronto?”. Risposta secca dell’olandese: “Io sono nato pronto!”.

Questa volta non ci sono di mezzo ciabatte (o scarpe da ginnastica) che rallentano l’entrata in campo come nello sciagurato derby di inizio stagione. L’ingresso del professore, ormai maturo ma non per questo rincoglionito, si fa sentire quando al novantesimo lascia partire una bordata dalla destra che trova, neanche fosse radiocomandata, l’incrocio dei pali. Guardano tutti: guarda l’incolpevole Sorrentino, guarda il tecnico rossonero compiaciuto del proprio cambio… guardano ed ammirano pure quei tifosi che per l’ennesima serata l’avevano accolto con il gelo.



Clarence è un “nato pronto”? Beh, sicuramente lo era quando appena sedicenne esordì con la maglia dell’Ajax; avete ragione, il club da sempre ha adottato una filosofia verde e intenta a valorizzare i prodotti del vivaio… ma se a quell’età diventi già una presenza fissa, allora forse appartieni ad una sfera che va ben oltre la normalità. Inoltre fu inserito in un team dall’altissimo tasso tecnico. C’è Bergkamp, e poi Van der Sar, Overmars, Davids, Litmanen, Blind, Winter, i fratelli De Boer: se giochi con questi c’entrano poco le politiche societarie.

Tre anni con i lancieri lo portano a vincere tutto, anche in territorio continentale quando nel ’95 la banda di Van Gaal beffa il Milan di Capello: Clarence non ha neppure vent’anni e già in bacheca inserisce la prima Champions. Trofeo, col senno del poi, che diventa una prerogativa per il talento di Paramaribo, ma in quella serata del 24 maggio la gioia più grande arriva dal fatto di aver giocato il match insieme al suo idolo di sempre: Frank Rijkaard.


Ajax anni '90: da destra Kluivert, Rijkaard, Seedorf, Davids, Bogarde e Kanu.

La Serie A di quegli anni non può fare a meno dei talenti ed ecco che l’olandese sbarca a Genova, sponda Samp. Non c’è più lo storico presidente Paolo Mantovani e dello scudetto di quattro anni prima son rimaste giusto le ceneri. I blucerchiati arrivano ottavi in una stagione da montagne russe ma Seedorf si mette ugualmente in mostra, togliendosi pure lo sfizio di siglare un gol a Torino contro la Juventus. Nell’ultima di campionato a Marassi c’è Samp-Milan: i padroni di casa vincono per tre a zero ma la partita vera si gioca nei garage dello stadio. Si avvicina nientemeno che Fabio Capello, fresco vincitore dello scudetto rossonero, ma già in accordo per il Real:

“Clarence, vieni a Madrid con me”.

Difficile da rifiutare un’offerta del genere, specialmente se c’è di mezzo uno dei club più importanti al mondo, soprattutto se a fartela è un allenatore del genere… soprattutto se sei “nato pronto”. Il friulano e l’olandese trascorrono insieme il campionato ’96-’97, terminato con la conquista della Liga. Con il tecnico memorabile il siparietto negli spogliatoi, durante l’intervallo di Espanyol - Real: il mister dà le varie indicazioni ma Seedorf scrolla la testa e si mette a dare i propri suggerimenti. Don Fabio non ci vede più, si toglie la giacca, la mette addosso al centrocampista e se ne va… d’altronde, davanti ad un professore…

Capello torna al Milan, Clarence resta a Madrid e vince nel ’98 la sua seconda Champions, che mancava da trentadue anni nei successi dei blancos.


Karembeu e Seedorf con la Champions 1998

Diventa pure campione del mondo di club, prima del ritorno nello stivale italiano nel dicembre del ’99: Seedorf firma per l’Inter. Quelli nerazzurri sono gli anni delle spese pazze, forse troppo impulsive e poco tecniche-comportamentali, dei grandi talenti ma per un verso o nell’altro puntualmente disinnescati… dagli infortuni, dalla sfortuna o dagli avversarsi.

Il Seedorf nerazzurro trova non di raro il gol (in tutta la carriera segnerà almeno una rete in campionato e più di cento totali) ma gioca spesso esterno di centrocampo e la cosa, per lui che di tattica ne sa quanto un professore, non gli va giù. Un conto è giocare mezzala con compiti offensivi, se non può essere impiegato trequartista come vorrebbe, ma laterale proprio no. Zero “tituli” con l’Inter ma almeno ha la soddisfazione di punire, ancora, la Juventus con una doppietta proveniente da distanze stratosferiche. Per non dimenticare, 9 marzo 2002: il gol del pareggio finale è al limite della legalità.



Poi si arriva all’estate del 2002: Clarence al Milan e Coco (sì, avete letto bene) all’Inter. Ci sono in mezzo pure dei soldi ma è immediatamente lapalissiano chi dei due ha portato a casa l’affare migliore. Nella Milano rossonera però, il centrocampista arriva tra contestazioni e molte perplessità; “… è un ex Inter!” (dicono i furbi) e poi non soddisfa i palati fini dei tifosi.

Seedorf poi ci mette del suo: primo giorno e subito elargisce lezioni non richieste nientemeno che a Manuel Rui Costa. Il portoghese non la prende bene (chi vorrebbe essere ripreso durante gli allenamenti da un compagno, oltretutto appena arrivato?) ma Clarence non vuole fare il superbo, solamente tirare fuori il meglio da ognuno per rendere al massimo… e poi, abbiate pazienza, un “professore” viene prima di un semplice “O’ Maestro”.

Sotto i comandi di Ancelotti, Seedorf torna ad occupare un ruolo da mezzala insieme ai compagni di reparto Pirlo e Gattuso: a maggio arriva la terza Champions personale, primo ed ancora unico a riuscirci con tre maglie diverse. Insieme a lui erano stati acquistati con il calciomercato i vari Nesta, Tomasson e addirittura Rivaldo (ormai brutta copia dell’originale) ma alla fine sarà l’orange uno dei più decisivi… da lì e per ben dieci anni.

Un’altra Champions nel 2007 (… che gara quella disputata nella semifinale di ritorno contro lo United!), un Mondiale per Club vinto anche grazie a lui (decisivo il timbro dell’olandese nella semifinale contro gli Urawa Red) fino alla Supercoppa Italiana del 2011, ultimo trofeo italiano: nato pronto fino alla fine.



Come non poteva esserlo con “due montagne al posto delle gambe ma i piedi che scrivono poesia”, citando Ancelotti. E come non poteva esserlo per chi parla correttamente sei lingue e si alimenta ancora con la voglia di conoscere. I sacrifici fatti da ragazzino, quando ad Amsterdam poteva trovare mille tentazioni (come capitò a molti suoi compagni), vennero ampiamente ripagati in seguito, e quel debutto in nazionale con gol (14 dicembre del 1994 contro il Lussemburgo) fu il migliore attestato che potesse ricevere.



Pensare sempre positivo, non mettersi a paragone con gli altri ma lavorare duramente ogni giorno per essere migliori di questi: la ricetta per diventare un campione l’ha sempre avuta, sapendo mescolare gli ingredienti alla perfezione. Seedorf sa che un pizzico di fortuna la deve anche a chi c’era prima di lui, a partire dal bisnonno schiavo e liberato poi dal proprio padrone tedesco, che oltre all’indipendenza gli donò pure il cognome. Ecco perché Clarence fonda associazioni per aiutare i più poveri, cercando in particolar modo di dare un futuro per quei bambini che faticano già con il presente. Il 1 aprile del ’76, in Suriname, terra calcisticamente saccheggiata dei suoi figli attraverso le naturalizzazioni, è nata una stella a tutto tondo, un talento puro come il suo animo… e no, non è un pesce d’aprile.


La Samp a favore di Greenpeace: da sinistra mister Eriksson, Mancini, Karembeu, Seedorf e Mihajlovic

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