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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Gli uomini del trionfo rossonero



- di Luca Fazi - Sì, avete ragione: l’immagine dell’articolo è senz’altro ingenerosa. E come potrebbe non esserlo visto che – il calcio – è uno sport di squadra e il successo finale passa giocoforza per i muscoli e per le teste di molteplici atleti. Qualità fisiche quanto psicologiche, dunque, che si accompagnano ad altri innumerevoli aspetti di natura diversa ma non per questo meno influenti.

Il Diavolo fa diciannove, agguanta il cugino nerazzurro togliendogli il bagliore della seconda stella e in malcelata maniera lancia la sfida in casa: dalla prossima stagione parte ufficialmente la rincorsa al venti! L’affermazione rossonera è figlia anche di alcune individualità che non possono passare sottotraccia… e la lista non è povera di nomi.

Maignan, ad esempio, chiamato a sostituire chi sulla carta è destinato ad essere il futuro numero uno dei numeri uno, si è dimostrato subito determinante in un campionato dalle mille insidie (a corollario di quanto detto, rivedere in loop l’intervento casalingo contro la Fiorentina mentre il punteggio era ancora in parità).

Sento già il rimbrotto:

“… e di Tonali non dici nulla?”.

Ci mancherebbe che non menzioni Sandrino, uno di quelli che vedrei bene con la fascia al braccio. Uno di quelli che considerano il giocare nel Milan per ciò che è: un enorme privilegio. Uno di quelli che passano da una stagione sciagurata alla rinascita, dalla casella dei gol immacolata a cinque sigilli (tra questi, la doppietta all’Hellas tanto per donarsi e donare un ottimo regalo di compleanno)… dai fischi agli applausi.

Signori, calmatevi! Non mi sto dimenticando di Giroud – goal pesanti i suoi – o di Fikayotomori (univerbazione obbligatoria e, se volete, aggiungeteci pure l’hashtag).

Che dire di Leão Meraviglião, finalmente in doppia cifra e l’unico, per larga parte della stagione, capace di accendere le partite tra dominio fisico e dribbling ubriacanti.

Ed ancora, Theo e Davidino sette polmoni sulle fasce, l’abnegazione del nipotino prediletto Florenzi e la piacevole scoperta, step by step, di Pierino Kalulu.

Mi ripeto, il successo di una squadra passa dal collettivo, tuttavia concedetemi di nominare tre attori della compagnia che, più di tutti, hanno ideato, pianificato ed infine costruito un progetto vincente. Si apra il sipario… lo scudetto va in scena!


Paolo Maldini


Mi tornano in mente i commenti di presunti tifosi, carichi di odio, nel momento in cui l’attuale direttore tecnico rossonero rifiutò la nobile chiamata di mister Yonghong Li e di tutto il suo entourage. I vari “Ma cosa pretende senza gavetta” e “Il solito montato” si intervallavano a meraviglia con i pensieri di chi ricordava l’immenso Franco Baresi come unico e vero capitano, in sfregio proprio a Maldini… e sappiamo com’è andata a finire la gestione cinese. Ricordiamoci poi, in chiave mercato, gli acquisti fatti da dirigente con gli annessi valori di cartellino poi raddoppiati se non triplicati… è sufficiente controllare i prezzi di mercato per comprendere com’è andata a finire. Forse certi commenti contano quanto gli ignobili fischi di quel 24 maggio 2009, a fronte di uno stadio che sventolava sciarpe tresoloperte. Forse assomigliano ai pareri degli “esperti”, gli stessi che nella lontana stagione ‘84/’85 collegavano l’esordio in A del “figlio di Cesare” ad una mera raccomandazione… poi sappiamo com’è andata a finire. Ora, mi raccomando, salite pure sul carro…


Stefano Pioli


Proprio perché non amo salire a cose fatte sul carro dei vincitori, qui devo recitare un mea culpa di quelli cosmici e cospargermi il capo di cenere. Ebbene sì, quando i nomi in ballo per la panchina rossonera giravano tra Spalletti e Pioli, io confidavo nel primo (ero sicuramente in buona compagnia). Non che sia un ammiratore del tecnico di Certaldo. Non che abbia qualcosa contro mister Pioli. Ritenevo soltanto ben più adatto e dotato tatticamente il tecnico toscano. Ricordo una vignetta social di un sole nascente, associato ai crani calvi dei due tecnici; la gag stava nella speranza del tifoso milanista che sperava spuntasse fuori Spalletti, per poi rimanere deluso. Sì, la condivisi. Sempre per onestà intellettuale, sono ancora convinto di alcune lacune mostrate dal mister e di scelte spesso non condivisibili, ma il mio pensiero conta ben poco. Pioli is on fire!


Zlatan Ibrahimović


“È vecchio!” - “Cosa potrà mai portarvi di buono?” - “È vecchio!” - “Ormai è finito” - “Sì, ok… ma avete capito che è vecchio?”.

Zlatan, perdona loro, perché non sanno quello che fanno e in particolar modo quello che dicono. L’Ibra-bis in maglia rossonera parte alla soglia delle quaranta candeline soffiate. Dopo una rottura del legamento crociato. Dopo due stagioni trascorse in Mls, lì dove il calcio funge da raccoglitore per ex calciatori. In due anni e mezzo porta assist, gol (in campionato, più di uno ogni due gare e con una media per minutaggio da brividi… accidenti ai troppi rigori falliti) ma soprattutto consegna alla squadra, in breve tempo, qualcosa che in pochi avrebbero potuto fare: la mentalità vincente. L’iter è sempre quello: pretendere il meglio dando il meglio. Il primo ad arrivare agli allenamenti (anche accorciando le vacanze), l’ultimo a partire. Poi, se volete la formula per agguantare il successo, vi rimando ad una sua perla: “Basta firmare Ibra e ti porta magia”.


Bentornato Diavolo!

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