top of page

Fabrizio Miccoli: l'uomo che divise l'Umbria

  • Immagine del redattore: Luca Fazi
    Luca Fazi
  • 27 giu 2019
  • Tempo di lettura: 5 min

ree

- di Luca Fazi - Trovare delle similitudini tra Terni e Nardò è impresa veramente ardua. In Umbria non c’è il mare e ad essere sinceri neppure un sole confortevole capace di accarezzarti il viso per quasi un anno intero. L’eventuale calore sviluppato non proviene da favorevoli condizioni climatiche, semmai dal sempre presente acciaio fuso che forgia lo spirito degli abitanti di quella terra situata tra la Valnerina e la Valserra. Il tempo battuto è quello dell’altoforno mentre, a diverse centinaia di km più a sud, il ritmo scandito ripropone i passi travolgenti quanto folkloristici della pizzica, accompagnati in allegria da un buon bicchiere di Nardò rosso, profumo intenso e sapore armonico. Eppure un punto di contatto, anche se piccolo e alto non più di centosessantotto centimetri, c’è: Fabrizio Miccoli. Lui in quello spicchio di Salento c’e nato e cresciuto, muovendo i primi passi con una sfera di cuoio che certe volte sembrava fin troppo grande per lui. Solo dicerie, bastava osservalo per qualche secondo negli allenamenti e si percepiva immediatamente che fra i due esisteva già un linguaggio comune; lo stesso feeling non cresceva con i libri anzi, il rapporto era spesso burrascoso e potevano passare intere settimane senza che i due si incrociassero vis à vis… ma le aspirazione del talento salentino erano ben altre. Al fisico e matematico Evangelista Torricelli preferiva Moreno, quel terzino appena acquistato dalla Juventus e partito dal basso; insomma, il perfetto esempio per chi come Fabrizio sognava la Serie A e i palcoscenici più importanti del mondo. Andava fatto perciò il grande salto e l’occasione arrivò quando, appena dodicenne, entrò nelle giovanili del Milan che in quel momento dominava su ogni fronte, dal nazionale all’intercontinentale.


ree
Un giovanissimo Fabrizio ai tempi del Milan

Pur non essendo una prima punta, sigla 28 centri in una sola stagione che lo trascinano fuori dall’anonimato ma la nostalgia di casa, lasciata forse troppo presto, non gli permette di viversi serenamente quell’occasione: dopo due campionati si stacca dalla Milano rossonera e si avvicina nelle sue zone firmando per il Casarano. Aveva sognato il Lecce, il top per ogni salentino purosangue, ma i giallorossi lo scartarono (come accadde anche ai più piccoli ma “grandi”, vedi Messi) per via dell’altezza: “La tecnica non gli manca di certo ma è troppo basso per battersi nei campionati del professionismo”, dicevano gli osservatori. Fabrizio ci rimase male però senza piangersi addosso raccolse la possibilità offerta dal Casarano e neanche maggiorenne si ritrovò titolare in C1 e già con diversi gol fatti.


ree
Un undici del Casarano: Fabrizio è il primo da sinistra degli accosciati

Nel ’98 arriva la chiamata delle Fere in cadetteria e tra Miccoli e il pubblico del Libero Liberati prende immediatamente corpo un legame speciale. Veste la maglia rossoverde per quattro stagioni, con l’ultima culminata in una retrocessione (poi revocata per il fallimento della Fiorentina) malgrado una prestazione individuale magistrale dove mette a referto 15 reti più 3 in Coppa Italia. In attacco affianca compagni di reparto prestigiosi, fra questi Tovalieri, Baiano, Nappi, Borgobello, Calaiò e Bucchi, eppure i supporter più caldi eleggono il Romario del Salento come uno dei beniamini più accreditati.



ree
Fabrizo con la Ternana nell'album Panini 1998-1999

Sì, fino al 2002, anno in cui firma per la Juventus ma accetta il prestito al Perugia: nel giro di poche settimane Fabrizio Miccoli spacca in due l’Umbria. Da una parte la banda biancorossa guidata da Serse Cosmi e una tifoseria in festa per lo “scippo” compiuto sulle Fere, da un’altra la rabbia e la frustrazione dell’ambiente ternano che in Fabrizio avevano creduto e sperato. Neanche San Valentino, patrono di Terni e invocato da tutti gli innamorati, avrebbe potuto addolcire la situazione e recuperare un rapporto naufragato così ferocemente in un tradimento. A Perugia Miccoli ci resta per un anno, affermandosi come miglior cannoniere dei suoi e entusiasmando il pubblico del Curi. I gesti tecnici si presentano come invitanti Baci Perugina che ingrassano di felicità i tifosi del capoluogo umbro. Allo stadio compare lo striscione “Con Miccoli non se smoccola” (letteralmente “Con Miccoli non si bestemmia), dato che l’attaccante si dimostra in gara subito decisivo, rassicurando la sua gente. Il rapporto con il presidente Gaucci non è dei migliori ma poco importa perché nel 2003 l’attaccante torna alla Juventus. Nel club trova una sfilza di campionissimi (rimane impressionato in particolar modo dal talento puro di Nedved) ma saranno questi uno dei motivi (concorrenza spietata) per il poco ambientamento del pugliese.


ree
Miccoli e la Juve: un sogno diventato poi incubo

Miccoli, per la prima volta, si ritrova a non avere i riflettori puntanti solo su di lui e, in tutta sincerità, le luci che certe volte gli vengono rivolte sono decisamente esigenti e poco pazienti. Inoltre Moggi gli suggerisce di scegliere suo figlio come procuratore ma Fabrizio rifiuta e da quel momento inizieranno fra i due divergenze non di poco conto; il dirigente comincia a criticargli la qualsiasi, obbligandolo pure a togliersi tutti gli orecchini che indossava… ma chiudendo un occhio per quelli degli altri in squadra. Miccoli non gioca male ma con il contagocce e così, con l’arrivo della nuova stagione, va in prestito alla rinata Fiorentina con l’incarico di prendere in mano il club. Con i gigliati non delude e finalmente centra di gran lunga l’obiettivo della doppia cifra… 12 gol in campionato. Di ritornare alla base proprio non ne vuole sapere quindi, a 26 anni, opta per una meta (sempre in prestito) stravagante quanto inaspettata: sbarca a Lisbona firmando per il Benfica. Passerà lì due stagioni divise tra gioie (indimenticabile la rovesciata in Champions contro il Liverpool) e dolori (innumerevoli i suoi infortuni) ma è il da Luz a regalargli la soddisfazione più grande nell’ultima gara interna di Fabrizio: tutti in piedi ad applaudirlo mentre esce dal campo.



Come spetta solo ai più grandi, lui però aveva conquistato l’intero ambiente in appena un biennio. Torna in Italia dove c’è il Palermo di Zamparini ad attenderlo. I tifosi sono caldi come la sua Nardò, la gente vive di calcio e soprattutto aspettano con ansia un nuovo campione per il quale perdere la testa e da idolatrare: Miccoli in rosanero trova tutto ciò che gli serviva. Trascorre sei campionati in Sicilia dove non è solo il capitano della squadra ma uomo simbolo di una città intera. Dai gol alla sua ex Juve e alle reti in Europa, passando per la prima tripletta della carriera inflitta al Bologna, al rifiuto milionario del Birmingham e a molto ma molto di più.


ree
Fascia da capitano e look sempre fuori dall'ordinario

Il suo cuore si tinge di rosanero e smette di pulsare per quella maglia una sola volta, quando c’è da battere un rigore contro il Lecce… quell’amore corteggiato da sempre pur senza esser corrisposto. Il tiro dagli undici metri viene lasciato ad un compagno e lui, anni dopo e con maglie diverse, imita pertanto il gesto di un suo collega dal codino divino. A Lecce, seguendo appunto il cuore (anche se dichiarerà in futuro di essersi pentito nel lasciare Palermo), sbarcherà praticamente a fine carriera giocando nella terza categoria del professionismo ma coronando comunque un sogno. L’altro, giocare con il suo mito Maradona, era anagraficamente impossibile per questo si limitò nel fare follie all’asta per un suo orecchino e chiamare il secondogenito Diego. E’ sufficiente? No, per omaggiarlo si è pure tatuato, come El Pibe de Oro, un “individuo” sul polpaccio destro: “Non sapevo chi fosse Che Guevara ma l’ho fatto perché ce l’ha Diego”. Forse il Miccoli calciatore e uomo andrebbe ricordato così, con una scuola calcio fondata per togliere i ragazzini meno abbienti dalla strada e rivedendo le sue prodezze in campo che hanno fatto emozionare noi tutti appassionati. E’ bello pensare che sotto la maglia del campione non ci sia solo la classica t-shirt dei Sud Sound System (uno dei suoi gruppi preferiti) ma anche e soprattutto un cuore nobile. Un cuore lontano anni luce dal “fango” sputato sulla persona di Giovanni Falcone e da quelle amicizie malavitose. Da calciatore usava festeggiare alcune reti fingendo di zoppicare: beh, quelle telefonate lo resero umanamente claudicante come non mai. Allora sì, ricordiamolo per le gesta sul rettangolo verde perché, tra abusi al sistema informatico ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso, gli autogol fuori dal manto erboso furono tristemente numerosi.

Commenti


SUBSCRIBE VIA EMAIL

© 2023 by Salt & Pepper. Proudly created with Wix.com

bottom of page