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Esattamente 30 anni fa: Milan-Real Madrid 5-0

  • Immagine del redattore: Luca Fazi
    Luca Fazi
  • 19 apr 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

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- di Luca Fazi - Le epopee calcistiche non sono certamente dei prodotti nati e sviluppati con estrema facilità e se dovessimo allargare il campo ai confini europei o mondiali allora sì che il tutto diventerebbe senza esagerare pura merce rara. Già, perché creare un filotto di trionfi non è mai semplice ma di club dominatori da sempre nel proprio campionato o che abbiano aperto dei cicli ce ne sono stati, ci sono e ci saranno…la lista tuttavia apparirebbe piuttosto misera se provassimo ad alzare l’asticella della difficoltà e della competitività. Facciamo una nuova scrematura? Bene, ai successi di fila selezionate ora solo le squadre che hanno realmente rivoluzionato il calcio con un approccio tattico completamente nuovo o magari perfezionando un “vecchio” sistema già presente ma limato nei dettagli come un sapiente artigiano; di sicuro vi verrebbero in mente l’Ajax di Cruijff o il più recente Barca di Guardiola, tralasciando (anche se con dolore) il Real Madrid del presidente Bernabeu, unico ad alzare 5 champions consecutive ma sicuramente forte di un peso “politico” non indifferente, della numericamente debole e scarsa concorrenza e di un periodo sportivamente troppo lontano dai tempi moderni (ma tranquilli, i Blancos sapranno farsi valere anche in epoche ben più recenti). Tutto qui? Non proprio, perché ad alzare l’orgoglio italiano ci pensò il Milan di Sacchi sul finire degli anni ottanta; mentalità fino a quel momento sconosciute messe in pratica nei novanta minuti e con l’avversario di turno puntualmente soggiogato dai movimenti perfettamente coordinati dal vate di Fusignano. Nel diavolo ci sono diversi fuoriclasse assoluti (dalla difesa monumentale al trio olandese) eppure il concetto di individualità viene pressoché estirpato dalle logiche di spogliatoio; i calciatori, come degli alunni, rispettano diligentemente le consegne del maestro romagnolo e le verifiche sul campo danno responsi incoraggianti. La banda di Sacchi conquista lo scudetto già al primo tentativo (1988) ma il diktat del presidente Berlusconi non lascia dubbi e bisognerà formarsi come assoluti dominatori “in Italia, in Europa e nel mondo”. Presto detto, il primato nazionale porta in dote la qualificazione alla Champions dell’anno dopo, ovvero la giusta vetrina per mostrarsi vincenti da ogni latitudine. Prima il Vitosha, poi Stella Rossa e Werder Brema: il percorso va avanti, a fatica, ma comunque prosegue. Alcuni dicono che l’epopea sacchiana sia partita proprio dalla nebbia di Belgrado (e quindi dal fortuito replay della gara di ritorno) ma in molti, Baresi su tutti, dichiararono che fu la semifinale di ritorno contro il Real Madrid a sancire l’inizio “ufficiale” della storia. All’andata era già capitato un piccolo “prodigio”, con il Milan primo club dopo anni a non soffrire l’atmosfera del Bernabeu; 1 a 1 il punteggio finale ma assai bugiardo per il grande gioco espresso dai rossoneri, visti gli errori arbitrali che condizionarono il probabile successo esterno degli italiani. Poco male, i ragazzi di Sacchi tornarono a Milano con le sensazioni confortanti di chi ha intrapreso la strada giusta e ha tutti i mezzi per stupire…e così sarà.


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I due capitani prima del match di ritorno

Niente Evani, fatto fuori in allenamento da un contrasto duro di Albertini, e dentro al suo posto Carletto Ancelotti; per il resto formazione al completo, in previsione di una notte destinata a rimanere impressa nei manuali del calcio. Il Real domina in Spagna da tre anni (alla fine vincerà la Liga per cinque volte di fila), raggiunge sempre il penultimo atto della massima competizione europea per club e può contare sul tandem offensivo Butragueno-Hugo Sanchez, una coppia che ha la licenza di uccidere sempre in bella vista. Schuster a centrocampo, appena strappato ai rivali del Barca, è la pedina di esperienza e forza che si incastra alla perfezione negli schemi di Leo Beenhakker…eppure il tedesco sarà fra i primi a capitolare nel match del 19 aprile 1989. Ha piovuto fino a qualche minuto prima e il cielo non promette nulla di buono ma gli spettatori corrono ugualmente in massa a San Siro, con un totale complessivo di ben 73 mila presenze. In campo sono i primi istanti di gioco ad evidenziare chi avrà il dominio della gara; appena 18 minuti e Ancelotti, proprio chi sulla carta non doveva esserci, fa partire un destro da trenta metri che trafigge il colpevole (per l’ingenua posizione fuori area) portiere blancos. Reazione spagnola? Risposta negativa, non pervenuta la squadra madrilena che barcolla peggio di un pugile suonato. Assist al bacio di Tassotti per l’incornata di Rijkaard, giocata magistrale di Donadoni sulla sinistra con colpo di testa di Gullit: il 3 a 0 è servito e siamo solo a fine primo tempo. La ripresa? I ritmi si abbassano di poco e resta ugualmente un monologo rossonero dove non viene offerto nessun spazio per le incursioni degli ospiti. Il quarto gol parla esclusivamente olandese con il lancio di Rijkaard, la sponda di Gullit e la conclusione di sinistro del cigno di Utrecht. C’è gloria anche per il migliore in campo, Roberto Donadoni, che cala la cinquina con un mancino velenoso quanto preciso…l’uomo di Cisano Bergamasco fa ciò che vuole con gli avversari.



Unica nota negativa è l’infortunio del tulipano nero Gullit ma niente di grave e soprattutto niente che gli impedirà, un mese dopo, di illuminare il Camp Nou nella finalissima con lo Steaua. Il 5 a 0 inflitto al Real non cederà mai ai segni del tempo e resterà per sempre uno dei trattati calcistici riusciti meglio al Milan di Sacchi; una squadra che negli allenamenti non utilizzava il pallone…per poi ritrovarlo in campo e nasconderlo agli avversari.


Si ringrazia Magliarossonera.it per la foto profilo

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