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Dida: una vita tra pantera e papera! di Luca Fazi

  • Immagine del redattore: Luca Fazi
    Luca Fazi
  • 7 ott 2018
  • Tempo di lettura: 9 min

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Certe volte servono pochi minuti per capire se un determinato calciatore sia completamente inadatto a giocare in certi livelli e con maglie prestigiose, tradito da errori elementari che lo proiettano nella classica e sempre piena categoria dei “bidoni”. Certe volte sono sufficienti qualche partita ed i giusti interventi, mischiati a colpi da puro giocoliere professionista, per comprendere che quell’artista del pallone sia destinato a rimanere un numero “uno” per diversi anni e con le capacità giuste per togliersi ogni soddisfazione sportiva. In svariate situazioni invece si finisce per schedare quel determinato protagonista in maglia e calzettoni in una specie di purgatorio, dove la mediocrità non sarà assoluta sovrana ma forte è la mancanza di prelibate doti tecniche. Con questa analisi sembrerebbe facile, con i dovuti tempi, affermare a quale categoria o girone dantesco appartenga questo calciatore piuttosto che quello; sembrerebbe appunto perché il condizionale è legge se gli individui presi in esame hanno alternato nella loro carriera dei colpi di genio veri e propri ad errori da oratorio o giù di lì…il caso di Nelson de Jesus Silva, o se preferite Dida, è uno di questi! Se nasci in Brasile, oltre al ritmo nel sangue, devi avere da dna una predisposizione per il gioco del pallone che in quella terra non è solo evasione dalla povertà ma soprattutto rappresenta la gioia di vivere. Tutta l’energia trova libero sfogo in giocate portate allo sfinimento dove la sfera di cuoio ( o di stracci in molti casi) non rotola ma danza in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Se nasci in Brasile e decidi di fare il portiere evidentemente risenti di un “grigiore europeo” che ti fa prendere con serietà qualsiasi cosa, dando poco spazio all’ilarità…e infatti Dida non rideva quasi mai. Viene alla luce nel 1973 ad Irarà, comune dello stato di Bahia, che negli ultimi anni ha aumentato la sua popolosità ma che storicamente ha ben poco da dire se non l’aver dato i natali al futuro guardiano dei pali rossoneri. Proprio con queste tinte cromatiche avrà il suo battesimo da calciatore professionista quando nel 1992 si ritroverà ad essere il numero uno del Vitòria, squadra brasiliana che condivide con il Milan non solo i colori sociali ma anche l’anno di fondazione…quando si parla di casualità della vita. Il club di Salvador regala spettacolo e fa sognare i tifosi mancando di un soffio la vittoria del campionato Brasileiro, perso solo in finale contro il Palmeiras pieno zeppo di campioni (da Roberto Carlos a Mazinho, passando per Zago, Edmundo e Cesar Sampaio) ed allenato da un “certo” Vanderlei Luxemburgo. Con la mezza impresa sfiorata ormai Dida non è solo un esordiente ma il suo nome comincia a girare fra gli addetti ai lavori; il Cruzeiro fa sul seiro (sarebbe serio ma non avrebbe fatto rima, perdonatemi il banale giochino) e lo porta all’aria di Belo Horizonte dove ci rimarrà per cinque campionati. Con i Raposa il portiere diventa per tutti la “muralha azul”, un colosso di 195 centimetri che malgrado la stazza è agile come un gatto e riesce in parate al limite del logico grazie a dei riflessi incredibili…e ad una vista di 18/10 scoperta in seguito grazie all’accurato lavoro di Milan Lab. Nel 1997 raggiunge i massimi livelli mettendo una Coppa Libertadores in bacheca grazie alla doppia finale contro i peruviani del Cristal che lo vede fra i protagonisti e soprattutto imbattuto nei 180 minuti regolamentari più recupero.


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Una "figurina" che ricorda i numeri di Dida nei campionati con il Cruzeiro

Ormai l’interesse nei suoi confronti è forte e parla sempre più europeo; partecipa come terzo portiere a Francia ’98 e intanto si prepara a sbarcare in Italia alla corte di mister Zaccheroni. Il contratto con il Cruzeiro è in scadenza ma per evitare un contenzioso con il club tramite la Fifa ecco che il Milan mette sul piatto 2 miliardi e mezzo di lire: i brasiliani chiedono 4 e mezzo ma si chiude a 3. Il primo anno viene parcheggiato in Svizzera al Lugano ma non riesce a racimolare nemmeno una presenza così raggiunge nuovamente la base per poi andare nuovamente in prestito ma questa volta al Corinthians. Con i bianconeri torna ad assaporare il profumo dell’erba e con i gradi da titolare si mette in mostra come ai tempi del “muro blu”. I successi arriveranno anche in campo nazionale ma la ciliegina sulla torta ha risonanza mondiale perché trionfa nel 2000 nell’edizione pilota di quel che sarà il Mondiale per Club. Nel girone c’è il Real di Del Bosque che parte con i favori dei pronostici eppure nello scontro diretto con i brasiliani viene fermato da un 2 a 2 storico quanto incredibile; la squadra di Dida è addirittura in vantaggio ma il secondo goal di Anelka frena gli entusiasmi e sembra che faccia tornare tutto e tutti alla normalità. Lo stesso attaccante francese si ritrova su rigore (concesso dopo l’azione del compagno Savio) l’occasione per ribaltare il risultato ma in porta c’è il ragazzo di Irarà che si butta appena sulla sua destra ed intercetta il tiro. La finale è tutta brasiliana fra Corinthians e Vasco da Gama e la paura di perdere la gara (e la faccia) altera lo spettacolo della partita che si trascina agli inevitabili tiri dagli undici metri dopo aver lasciato a secco il tabellino dei marcatori. Dida para su Gilberto Melo ed è sufficiente perché a completare l’opera ci pensa “O Animal” Edmundo che la spara fuori, condannando la squadra di Rio de Janeiro e consegnando quel “primo” trofeo a Nelson e compagni: il Maracana viene profanato dai rivali in festa che portano un po’ di San Paolo all’interno dell’impianto. Il ritorno al Milan dovrebbe vederlo finalmente titolare ma per il gigante brasiliano sarà una stagione cupa sia per le prestazioni in campo che per situazioni extra. In campionato gioca solamente la gara contro il Parma dove incontra la doppietta di un Patrick Mboma indiavolato come non mai e sul versante Champions riesce a dare il peggio di sé paperando a Leeds su un tiro dalla distanza di Bowyer. Il portiere brasiliano aggancia ma nel tentativo di far rimbalzare la palla a terra prende male le misure e con la complicità del suo ginocchio commette un autogol a dir poco clamoroso. Alla fine il Milan passerà da primo quel girone ma del numero uno si comincerà ad avere sempre meno fiducia tanto da apparire come la copia venuta male del giocatore visto fra Cruzeiro e Corinthians. Siamo agli inizi degli anni duemila e grazie ai controlli di un agente alla dogana polacca prima di un match europeo dell’Udinese, escono alla luce del sole dei documenti falsi che inizialmente coinvolgono dei giocatori bianconeri come Warley, Alberto e Jorginho. I passaporti dei brasiliani attestavano una presunta origine portoghese (mai confermata) che avrebbe consentito ai calciatori di passare allo status di comunitario e quindi con meno “problematiche” per scendere in campo. Lo scandalo sembra sia solo all’inizio ed allora l’a.d. del Milan Galliani comincia a spulciare i documenti del proprio portiere e nota che la firma del “funzionario” portoghese è identica a quella inserita nelle carte dei tesserati del club friulano; tutto viene autodenunciato e consegnato alla Questura. Il passaporto di Nelson, procuratogli dall’agente Fifa Edinho (vecchia gloria dell’Udinese e del Brasile), viene dichiarato falso e per il portiere vengono inflitti sette mesi di reclusione poi annullati con la condizionale. Forse c’era già stata qualche “soffiata” o qualche dubbio a riguardo ma la cosa curiosa fu che il Milan non ebbe sanzioni europee grazie all’aver tesserato il portiere come extracomunitario malgrado quel pezzo di carta (falso) permettesse il contrario alludendo ad un nonno portoghese mai esistito…e pensare che la Bossi-Fini, legge molto più severa della precedente per il reato di falsificazione con annessa espulsione dall’Italia, sarebbe entrata in vigore poco dopo. Dida non da più garanzie tanto da perdere pure la titolarità in Nazionale che viene assegnata a Marcos; seppur con zero presenze il portiere di Irarà si laurea campione del mondo nel 2002.


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Il Brasile campione del mondo nel 2002

Con il Brasile riesce comunque a giocare da numero uno i mondiali di quattro anni più tardi sfatando un tabù non da poco; da quel “Maracanazo” del 1950 la Selecao non affidò mai più la propria porta ad un calciatore di colore. Infatti Moacir Barbosa venne attaccato per quell’uscita sbagliata nella gara con l’Uruguay e colpevolizzato del disastro sportivo ed umano: le madri per strada lo indicavano ai propri figli come “quello che ha fatto piangere il Brasile” o addirittura associato alla sfortuna. Barbosa morì nel 2000 in povertà e vivendo gli ultimi 50 anni come fossero una condanna (“in Brasile la pena massima è di trent'anni, ma io sto pagandone più di quaranta per un crimine mai commesso!”) ma Dida riuscì a spazzar via malelingue e dicerie. Nel 2001 torna ancora in prestito al Corinthians e la stessa sorte gli sarebbe aspettata l’anno successivo eppure Vecchi, storico preparatore dei portiere del Milan, convince mister Ancelotti a tenerlo perché “vedrai che non è male”. C’è un preliminare Champions con lo Slovan Liberec da superara ed il brasiliano è atteso per la panchina ma Abbiati si infortuna e da quel momento cambieranno le gerarchie. Nelson torna ad essere quel felino fra i pali tanto da esser battezzato “Bagheera la pantera” dall’illimitata fantasia del giornalista Pellegatti che forse prima di tutti nota l’esplosività dell’ex Cruzeiro. La muralha azul tornò come meglio non poteva e nemmeno i problemi fisici a fine stagione lo fermarono dal giocare la finalissima champions di Manchester terminata ai rigori: il 28 maggio ne para tre in rigoroso ordine a Trezeguet, Zalayeta e Montero. Milan ancora una volta campione d’Europa e per Dida la consacrazione definitiva con la benedizione di staff e tifosi rossoneri.


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Dida e Sheva nella magica notte di Manchester: i due "giustizieri" della finalissima

L’anno dopo subisce appena venti reti in campionato mettendo i propri guanti su scudetto e parate che sfiorano il metafisico…Nelson a 30 anni suonati si impone come il miglior portiere al mondo. La stagione ’04-’05 si conclude con la nottataccia di Istanbul ma per il gigante brasiliano sembra arrivare una trasformazione già dopo il derby europeo nei quarti: il Milan passa anche grazie alla vittoria a tavolino per quel bengala dalla Nord che prende in pieno Dida…nonostante il colpo non simula e non riporta conseguenze fisiche ma da lì in poi non sarà più lo stesso. Sempre con i rivali dell’Inter regala un goal a Martins in campionato dopo una respinta maldestra e gli episodi con Parma e Sampdoria non fanno altro che confermare il declino dell’atleta. Il gol di Henry nei quarti di Germania ’06 pone fine alla sua carriera con la nazionale ma a livello di club c’è ancora molto da conquistare e la Champions di Atene passa anche per le sue parate. Le zampate feline però fanno sempre più spazio ad uscite a vuoto o errori grossolani che mettono a repentaglio la sua titolarità. Nel dicembre del 2007 con la squadra da poco diventata campione del mondo e con ancora un derby da disputare (ricordato anche per il fair play dei nerazzurri che hanno accolto l’entrata in campo dei cugini con applausi e creandogli una sorte di “corridoio d’onore”) Nelson gioca dal primo minuto ma anche in quell’occasione segnerà in negativo la gara dopo aver battezzato malissimo un tiro di Cambiasso, buttandosi dalla parte sbagliata.


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Il bengala gettato dalla Nord che colpisce Dida nei quarti di Champions contro l'Inter nel 2005

Ormai l’insuperabile muro blu non esiste più e quella pantera assomiglia maggiormente ad un gattino indifeso che ogni tanto si rialza con colpi d’orgoglio e di reni pur cadendo spesso nel banale. Dida in passato non aveva mai simulato, non facendo teatro neppure con un bengala conficcato sulle spalle, eppure ora cambia anche in questo; in Champions con il Celtic, dopo aver preso l’ennesima rete evitabile, “subisce” uno schiaffetto da un tifoso entrato in campo…Nelson inizialmente lo rincorre per poi gettarsi a terra come avesse avvertito il colpo in ritardo. La scenetta gli costa due turni di stop dall’Uefa poi dimezzati ma ormai è chiaro a tutti che quel portiere non tornerà ad essere ciò che è stato. Gli ultimi anni sono cambi continui fra campo, panchina e tribuna dove gioca non tanto per merito ma grazie agli acciacchi dei vari Abbiati, Kalac e Storari. Da leggenda diventa quasi un personaggio fantozziano quando, nella gara al Tardini di Parma, riesce a farsi male stando seduto comodamente in panchina…ha un colpo della strega e viene portato via in barella. Dida continua a dividersi fra papere e qualche miracolo (vedi quello con il Chievo) ma nel 2010 arriva la sua ultima partita in rossonero a San Siro contro la Juventus di Zaccheroni, il tecnico del suo primo arrivo al Milan. La partita finisce 3 a 0 per i padroni di casa con un Nelson che si fa trovare pronto per quell’ultimo gettone con il Diavolo e nel momento del cambio il pubblico gli regala un applauso sentito ma nemmeno troppo caloroso…un qualcosa a metà come la sua carriera. Un brasiliano atipico che ha preferito la serietà all’allegria, il ruolo di portiere a quello di centravanti e ad un’acconciatura bizzarra ha sempre optato per dei capelli militarmente corti dove due righe di rasatura rappresentavano il massimo del proibito. La saudade? Mai avuta se non quando, dopo due anni e mezzo di stop, decise di tornare in campo nel suo Brasile per altre prestazioni divise fra papere e qualche miracolo…forse la nostalgia del campo era forte e anche se sei per natura controcorrente alla fine il sangue brasiliano finisce per travolgerti.

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