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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

"Ci siamo visti tre ore prima. Se penso a quel giorno ho i brividi". D'Aloisio ricorda Vittorio Mero



- di Luca Fazi - Una notizia che gira flebile per poi divenire sempre più intensa. Una telefonata, qualche messaggio ed infine le prime maledettissime conferme.

“No… non ci credo”.

“Non può essere”.

“Ma se ci siamo sentiti/visti poco fa!”.

Il 23 gennaio del 2002, lungo l’autostrada A4, perdeva la vita il calciatore Vittorio Mero. Quel giorno il suo Brescia era impegnato a Parma in una storica semifinale di Coppa Italia. Il difensore era squalificato e dunque non avrebbe potuto disputare l’incontro; alla fine quel match, quando la notizia smise i panni dell’ufficiosità, venne rinviato.

Vogliamo ricordarlo attraverso le parole dell’ex collega Marino D’Aloisio, compagno di Vittorio per sei mesi a Terni ma, soprattutto, nei tre anni a Ravenna dal ’95 al ’98.


Marino, partiamo proprio da qui: che anni furono quelli trascorsi in giallorosso?

“Senza girarci intorno ti dico subito che devo molto a Ravenna, alla società così come alla città. Furono anni fantastici, trascorsi in un ambiente dove avevamo legato molto tra di noi. Con tanti ex compagni ci teniamo ancora in contatto ed è sempre un piacere potersi rivedere. Eravamo una squadra che poteva contare sulle abilità dei singoli ma alla fine era sempre il gruppo a far la differenza. Il campionato di C1 vinto nel ’96 e l’ottavo posto in B nella stagione successiva sono arrivati grazie all’unione che avevamo. Porto nel cuore dei ricordi stupendi”.


E Vittorio, in tutto questo, che ruolo aveva?

“Sicuramente da collante, da trascinatore in campo e fuori. Era un compagnone, uno di quei casinisti che tengono sempre alto l’umore.

Qualche anno fa sono stati caricati in rete alcuni video dell’epoca, mentre eravamo in ritiro in montagna. Lì puoi percepire molto di Vittorio. Sulle note di Sentimento pentimento, dei Neri per Caso, noi facevamo il coro e lui si esibiva come voce solista, tirando fuori il suo essere estroverso”.


Che ricordi hai di lui?

“Beh, certamente molti. Facevamo coppia in difesa quindi, giocoforza, c’era intesa tra di noi. Mi ricordo che ci bastava un giro di sguardi per capirci. Abbiamo trascorso insieme gli anni più belli del Ravenna”.


Un aneddoto in campo?

“Anche qui ce ne sarebbero a iosa. Senza fare nomi, ti racconto di quando ci trovammo ad affrontare un attaccante che, tanto per minimizzare, si atteggiava un po’ troppo. Già dai primi minuti si era esibito in un paio di numeri più folcloristici che concreti e così con Vittorio ci guardammo senza aprir bocca. Un colpetto lui e un colpetto io: diciamo che l’avversario si è subito tranquillizzato”.


E fuori?

“Un particolare che voglio menzionare con simpatia era quando facevamo le docce. Potevi star sicuro che Vittorio sarebbe stato l’ultimo ad uscire dallo spogliatoio. Ci stava quasi un’ora”.


Immagino le difficoltà quando stavate in trasferta…

“Ah no, lì non avevamo problemi… gli chiudevamo direttamente l’acqua (sorride, ndr)! Certe volte ci toccava prendere pure l’aereo e non potevamo mica concedergli tutto quel tempo”.


In un sondaggio social, della pagina facebook Lineagiallorossa, tu e Vittorio siete stati nominati all’interno della top11 del Ravenna di sempre: che effetto ti fa dopo tutti questi anni?

“Per me è sicuramente un orgoglio, anche perché sono passati all’incirca venticinque anni. I riconoscimenti fanno sempre piacere e a distanza di tutto questo tempo sono pure commoventi. Mi auguro che la piazza possa ritornare presto in quei palcoscenici. Ravenna merita il grande calcio”.


23/01/02: cosa ti ricordi di quel giorno?

“Solo a pensarci mi vengono i brividi. Io e Vittorio non ci vedevamo da sei mesi circa, in pratica dall’esperienza che condividemmo a Terni. Poi lui passò al Brescia ed io andai a La Spezia.

Fu una roba allucinante. Noi dovevamo giocare in Coppa Italia di Serie C ed eravamo in ritiro proprio a Brescia. Alla mattina suonò il telefono della camera e mi dissero che giù c’era qualcuno che voleva salutarmi. Scesi le scale e mi ritrovai Vittorio che era venuto apposta per rivedermi. Il suo Brescia giocava al Tardini la semifinale di Coppa Italia ma non poteva esser convocato, in quanto squalificato. Gli dico:

“Che ci fai qui?”.

“Mi sono allenato, ora mangio qualcosa e poi riparto”.

Ci siamo abbracciati e poi… è successo quel sappiamo. Ti giuro, ho la pelle d’oca solo a parlarne”.


Quando hai saputo la notizia?

“Finita la partita. Ho ricevuto un messaggio da un ragazzo che conoscevo e poi ho chiamato Ciccio Dell’Anno per la conferma. Da lì il giro di telefonate.

Mi ricordo la sensazione di incredulità. Ci eravamo salutati poche ore prima, dopo non essersi visti per mesi… fu un pugno nello stomaco. Ho pensato a lui e alla sua famiglia. Mio figlio ha pochi giorni in meno del figlio di Vittorio…”.




Quando pensi a lui come ti piace ricordarlo?

“Senza dubbio nei momenti di esultanza. Lo rivedo mentre andava sotto la curva ad incitare i tifosi, con i cori degli ultras che riproponevamo poi all’interno dello spogliatoio. Mi piace pensarlo felice ed allegro come in fin dei conti è sempre stato”.



Prendo spunto dalle ultime frasi di Marino, per riportare le parole dello striscione che i supporter del Brescia esibirono nella gara contro il Lecce, del 27 gennaio 2002... la prima senza Vittorio.


Il tuo sorriso rimarrà sempre scolpito nei nostri cuori


Ovunque tu sia, Ciao Sceriffo.



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