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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Nord Sud Ovest e... West! Dalla torta di fagioli alla Serie A

Aggiornamento: 26 mar 2019


Taribo con la maglia dell'Inter

di Luca Fazi - Se nasci in Nigeria da una famiglia che definirla povera sarebbe riduttivo, rimane complicato addirittura immaginarsi un futuro dignitoso e senza il quotidiano pensiero di cosa poter mettere in pancia. Se nasci in Nigeria e con poca disponibilità economica non ti resta che puntare uno stagno, come l’Ajenglu in questo caso, ed aspettare pazientemente che i pesci abbocchino per poi riportare il bottino a casa condividendolo con la famiglia. Il bambino Taribo trascorreva le sue giornate più o meno così e solo dopo esser tornato dall’attività ittica aveva il permesso della madre per avere del tempo libero. Siamo agli inizi degli anni ’80 (forse, poi vedremo perché il dubbio), le console cominciano ad invadere solo i mercati opulenti e gli smartphone devono ancora essere idealizzati ma non c’è “pericolo”…in quella casa di Port Harcourt non sarebbero comunque mai arrivati. Allora non resta che dar libero sfogo alla fantasia che risiede solo nel cuore puro dei bambini e divertirsi come meglio si può. Taribo fa gruppo con gli altri e presenzia tutti i giochi proposti ma niente lo attira più di quel pallonaccio brutto e deformato dalle temperature altissime. Quel campetto diventerà il suo rifugio preferito per liberare la mente che nonostante la giovanissima età è già invasa da pensieri adatti ad un adulto e diversi dai coetanei europei. La palla andava “come fosse a motore”, citando i Negrita, ma West viaggiava più forte ed era impossibile non notarlo. Un signore si presentò a casa di Taribo e tirò fuori dalla giacca un bel mazzo di banconote; la madre avrebbe fatto di tutto per tenersi stretto quel figlio ma quando hai tutti i santi giorni sul piatto il niente mischiato al nulla diventa impossibile dire di no. Il ragazzo riceve un paio di scarpini che inizialmente lo fanno sentire inadatto ed impacciato, poi prende le misure giuste e torna a sfrecciare in campo come una gazzella. A questo punto si fanno avanti osservatori più prestigiosi che intendono portare quel ragazzo su palcoscenici più importanti e per lui è pronta l’avventura in Francia. Quest’ultima per Taribo era un concetto strano, forse studiato in qualche libro, ma questa benedetta nazione chiamata Francia dovrebbe garantirgli stabilità economica oltre che il sogno di poter continuare a giocare. Fatte le valigie riempite con la poca roba a disposizione, dato un bacio alla mamma, salutati parenti ed amici ed ecco la nuova avventura di West in terra transalpina.

Il difensore nigeriano dopo l'impegno con la sua nazionale

L’Auxerre sarà la sua nuova casa e al posto del mercato dove vendeva la famosa “akara” (torta di fagioli dal sapore discutibile) ora c’è un rettangolo verde di gioco con delle porte finalmente robuste e dei tifosi meno “casinisti” ma comunque appassionati al punto giusto. Saranno quattro le stagioni con i biancoazzurri e Taribo, pur non militando nel miglior campionato al mondo, dimostra di saperci fare anche se tatticamente indisciplinato e alquanto duro negli interventi…ma il peggio dovrà ancora arrivare. In Francia vince nel ’96 la Ligue1 ed automaticamente entra nella storia del club insieme ai compagni per aver portato l’Auxerre al primo e finora unico campionato conquistato. La Serie A vive i tempi d’oro e l’Italia è pronta ad accoglierlo nel 1997 grazie ai sei miliardi di lire versati dal generoso presidente nerazzurro Moratti. Il campionato nostrano gli risulterà immediatamente più tecnico e complesso rispetto a quello precedente ma Taribo non si scoraggia e disputa una discreta stagione culminata con la vittoria in Coppa Uefa e relativa finale giocata da titolare. Diventa l’idolo del popolo interista che al grido di “Taribo mangiali tutti!” lo supporta con grande affetto, dedicandogli tempo e cuore nonostante fossero presenti in squadra altri giocatori ben più dotati in campo…,ma quelle treccine fanno miracoli. L’acconciatura, o meglio dire i dreadlocks, è una di quelle che ti rimane impressa nella mente a vita con quei nodi ai capelli che cambiano nuance in base alle partite, ai colori sociali e alla scaramanzia. West prima di diventare un fervente religioso era molto legato alle sue tradizioni e si dedicava spesso a riti “magici” per scacciare le influenze negative. Dallo juju fino alle più strane forme di stregoneria il calciatore non si è fatto mai mancare nulla, sino a tenere amuleti nascosti nei calzettoni come fossero di buon augurio. In campo come detto non parte male ed ha dalla sua i tifosi che in casa gli vedono asfaltare il viola Kanchelskis… per quel tackle serviva il porto d’armi ma l’arbitro Cesari minimizzò con un giallo. Luigi Simoni, l’unico mister al quale Taribo mostrerà simpatia e gratitudine, viene sostituito da Lucescu ma con il tecnico rumeno non nascerà mai la giusta sintonia e peggio sarà con Lippi. L’allenatore toscano non riesce proprio a vederlo come titolare e gli regala più panchine che minutaggio; West, che nel frattempo è solito avere “colloqui” divini, decide di affrontare il tecnico a brutto muso esplicitando che lo stesso Dio gli avrebbe detto che deve giocare…ma Lippi con un “strano, a me non ha detto nulla” liquida presto la situazione. Per il nigeriano è tempo di restare a Milano ma passando per la sponda rossonera dove colleziona appena quattro presenze (trovando un goal contro l’Udinese) e naturalmente ostenta una nuova colorazione delle treccine. Il Milan però non gli rinnoverà il contratto e così partirà una diversa carriera sportiva vissuta in tutto il mondo, partendo dall’Inghilterra fino all’India ed attraversando Germania e Serbia. Proprio con il Partizan verrà alla luce uno dei primi misteri riguardanti il difensore: l’età anagrafica sembrerebbe falsa! E’ il presidente Zecevic a far emergere il problema affermando che i documenti di West sono manipolati e che in realtà avrebbe 12 anni di più! Poco importa per il proprietario del club perché come detto da lui stesso “finché gioca bene, può averne anche cinquanta!”. Taribo, classe ’74 o forse ’62, continua con il calcio ma sempre con meno intensità perché ormai da anni si è dedicato anima e corpo al suo credo religioso, diventando un pastore pentecostale.

La nuova vita di West: pastore pentecostale

Nella periferia milanese da vita pure ad una comunità (Shelter in the Storm) dove non è difficile incontrarlo vestito di nero con bottoni bianchi mentre urla qualche “alleluia” per vivacizzare l’ambiente. Quando giocava con il Derby County aveva persino un accordo segreto con mister Smith per avere qualche ora libera e far ritorno in Italia andando a visitare la sua gente…che storie che ci regala il calcio. Il suo credo non viene mai meno come quella volta che a casa sua per una cena aveva invitato Javier Zanetti ed altri compagni di squadra per poi farli attendere trenta minuti abbandonanti perché doveva leggere il Vangelo. Taribo però ha un cuore grande e ricordandosi delle sue origini non può rimanere immobile senza far qualcosa per la povera gente; insieme ad altri giocatori (Weah, Viviani, Ronaldo, Bierhoff, Zamorano ecc) incide un cd “What a Happy Day” dando il ricavato in beneficenza all’ Unicef per i bambini disagiati e malati dell’Africa. Dedica così tanto tempo per gli altri che si “dimentica” pure di adempiere ai doveri coniugali con la moglie Atinuke che lo porta in tribunale, denunciando oltre il fatto piccante anche delle presunte percosse ricevute. Il legale del giocatore si difende affermando che il suo assistito non è sposato e che quella donna sia solo una bugiarda approfittatrice: peccato però che ai tempi dell’Inter Taribo abbia fatto inferocire la società nerazzurra per esser sparito diversi giorni in Nigeria con la scusa di dover celebrare il suo matrimonio. Quel 1996 che lo vide trionfare ai Giochi olimpici con la sua Nigeria sembra lontano anni luce e quel difensore che (insieme ad una squadra di giovani promettenti) riuscì nel torneo a fronteggiare i giovanissimi Ronaldo, Bebeto, Rivaldo prima e Crespo, Simeone e Zanetti poi, sembra non essere mai esistito…come un stella bruciata presto, come uno dichiarato giovane solo sui documenti ma ben più anziano. Con il mondo del calcio sembra aver smesso per sempre ma di lui ci rimarranno le immagini di quelle treccine al vento che impazzivano durante le varie galoppate. Forse il suo ruolo nella vita non era fare il calciatore ma grazie al suo “lavoro” è riuscito a far del bene come Dio gli ha sempre chiesto…e questo suo lato umano vale più di qualsiasi Pallone d’Oro.


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