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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

Nel ricordo di Andrea


- di Luca Fazi - Ho provato in tutti i modi a reagire, lo giuro… l’ho fatto veramente! Credevo che ci fossi riuscito… che quelle cellule donate da mio padre fossero state la soluzione definitiva, ma non è bastato.

Se chiudo gli occhi riesco a guardare ben oltre queste fredde pareti così anonime. Sono in una stanza dell’ospedale di Perugia, già, ma vi assicuro che con il cuore mi trovo altrove.

Se chiudo gli occhi vedo Salerno e quei primi calci ad un pallone grande quasi come me. Le giovanili, la gavetta, la Serie A e finalmente la Juve, la mia squadra del cuore: non manca nulla. Quando il Trap mi chiamò stentavo a crederci. C’era aria di rinnovamento, di giovani promettenti ed io, umilmente, ero tra questi.

A Tallin la chiamata dell’altra maglia che ho amato, quella azzurra: vedo tutto, dai gol di Baggio alle mie gambe che tremano per l’emozione.

Poi i ricordi belli finiscono, sono spenti e malinconici. Ripenso a quella stanchezza cronica e a quei tifosi che mi accusavano di fare la bella vita. Io? Ma cosa ne sanno loro? Sono fiacco, è vero e non ne capisco il perché, ma per la maglia mi sbatto… sempre!

Poi il perché è arrivato e il pallone mi è stato portato via. Momenti alti e bassi che mi hanno illuso e poi rigettato nell’inferno.

Se chiudo gli occhi ritrovo quei giorni di caos e pianti nascosti a fatica, ma anche di amici veri. Come Fabrizio, che mi ha messo a disposizione la sua casa di Perugia senza pensarci due volte: Dio quanto gli voglio bene! Lo sento spesso, l’ultima volta per Pasqua, ma temo che non avrò più modo di chiamarlo. Avverto dolore dappertutto e fatico a parlare.

Se chiudo gli occhi immagino la disperazione dei miei genitori: l’ultima preghiera è per loro. Il cognome che porto mi sembra una beffa.

Ora gli occhi li chiudo per davvero. Non sento più male e il pallone è tornato a girarmi tra i piedi. Vedo un rettangolo di gioco mai visto prima… è sublime. Riprendo la corsa: la fascia sinistra è mia!


* inspirato alla storia di Andrea Fortunato




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