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Momenti Champions: quando Ferguson divenne Sir


- di Luca Fazi - Barcellona, 26 maggio 1999, stadio Camp Nou: finale di Champions League. La prima cosa che salta agli occhi riguarda la nazionalità delle due pretendenti. Una è inglese e l’altra tedesca; sembrerebbe l’incipit di una barzelletta ma se così fosse comparirebbe pure il canonico italiano… e stavolta non c’è! Dopo ben sette edizioni – ripeto in maiuscolo SETTE EDIZIONI, per chi segue il calcio da appena un decennio e tutto ciò può suonargli strano – non compaiono club di casa nostra nell’atto finale della competizione europea più prestigiosa di sempre. Abbiamo il Bayern Monaco con l’esaltazione del pragmatismo da una parte, e la classe del Manchester United dall’altra. È la banda di Matthäus, Kahn e Jancker contro gli uomini talentuosi di Alex Ferguson, non ancora Sir: sarà questione di poche settimane.

Gli inglesi hanno indossato i panni da giustiziere nei confronti delle italiane, eliminando prima l’Inter (ai quarti) e poi, in maniera rocambolesca, la Juve in semifinale. Al Camp Nou la lingua di Dante rispecchia solamente sulla testa calva del bolognese Pierluigi Collina, chiamato a dirigere l’incontro. La finale appare come una sorta di spareggio fra le due compagini che si sono già incrociate nel girone, apponendo senza troppi dispiaceri un segno ics alla tabella degli esiti… all’andata come al ritorno. Il confronto, sulla carta, viene letto in perfetto equilibrio malgrado le defezioni per squalifica di Keane e Scholes… non roba di poco conto.


Si avvertono già dopo sei minuti quando Basler, su punizione dal limite, punisce gli inglesi non di certo impeccabili tra barriera e portiere. L’undici teutonico (del tutto tedesco, eccezion fatta per il ghanese Kuffour) sembra prevalere sul multietnico United (otto nazionalità diverse in campo, più lo scozzese Ferguson in panchina) e il risultato non cambia. Il Bayern attende per poi sferrare gli attacchi, che andrebbero anche a buon fine se i legni non fossero avversi: il palo respinge il pallonetto di Scholl e la traversa, invece, dice di no alla sforbiciata in rovesciata di Jancker.


Il Manchester ci prova, alza i ritmi tentando di riacciuffare il pari ma Crono scorre impetuoso e si mostra ormai un simpatizzante dei bavaresi… prima di infilarsi la sciarpa firmata united! Il tecnico scozzese effettua due cambi, entrambi decisivi: dentro l’esperienza di Teddy Sheringham (per lo spento Blomqvist) e l’uomo della provvidenza Solskjær a sostituire uno dei Calipso Boys, Andy Cole. La coppia più famosa della Premier viene da una stagione con 53 centri complessivi, ma nella notte del Camp Nou risulta sterile. Resta in campo il “gemello” Yorke (bomber di Champions con 8 sigilli, alla pari di Shevchenko della Dinamo Kiev) per dar vita ad un tridente che difatti spazza via l’iniziale 4-4-2.

Gli inglesi rischiano di subire la rete del ko, che spezzerebbe qualsiasi speranza, ma resistono seppur incapaci di trafiggere Kahn. Con il novantesimo scaduto, i tre minuti di recupero appaiono nullaggine; tuttavia il calcio si appresta a donare un’altra serata memorabile, con colpi di scena che possono partire solo da chi possiede piedi benedetti.

Sale in cattedra Beckham.

Lo Spice Boy si incarica della battuta di un calcio d’angolo, mentre raggiunge l’area pure l’estremo difensore Schmeichel per dar manforte al peso offensivo. Il pallone gira, si forma una piccola mischia mentre i tedeschi tentano di spazzarlo via, però la sfera finisce sul destro di Giggs che fa partire un tiro non propriamente irresistibile: Sheringham lo corregge in rete!

Tempi supplementari? Un individuo sano di mente propenderebbe per tale ipotesi ma il calcio è anche follia… una meravigliosa follia. La squadra di Ferguson si rimpossessa del pallone - diventato ormai amico intimo dei Reds - e guadagna un ulteriore tiro dalla bandierina che propone gli attori assoluti della serata. Beckham batte, Sheringham la spizza di testa e il norvegese Solskjær si fa trovare pronto sotto porta: lo United passa in vantaggio!



Nel giro di pochi minuti la coppa dalle grandi orecchie cambia destinazione e dopo più di tre decenni torna all’Old Trafford. Ci sarebbero – ci sono – alcuni secondi da recuperare ma ormai il destino è segnato. È lo stesso Collina che invita quelli del Bayern a rialzarsi da terra, ricordandogli che tecnicamente non è finita, tuttavia nelle teste dei calciatori già compare la scritta game over.

Lo United aggiunge alla stagione il trofeo più ambito, completando uno storico e – per ora – unico treble della propria storia. Vittoria degli inglesi sul campo, vittoria di tutti fuori dal manto erboso; il possibile scontro tra hooligan e naziskin finisce infatti senza disordini. Tornando alle sole questioni sportive, laconico il commento di Ferguson a fine gara:

È il calcio, dannazione!”.

Dunque massima compostezza da parte del tecnico: d’altronde, che cosa ci può aspettare da un Sir?



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