Max Pezzali e il mito degli 883
- Luca Fazi
- 13 nov 2018
- Tempo di lettura: 10 min
Aggiornamento: 13 nov 2021

Ci sono individui che sin da piccoli dimostrano una personalità talmente forte e delle capacità innate, tanto da riuscire a sfondare nel panorama artistico senza problemi, bruciando le tappe e mostrando al mondo intero una sfrontatezza - magari esagerata - tipica di chi ha qualcosa di unico dentro di sé… e non solo faccia tosta. Ci sono persone nate per salire sul palco e confrontarsi con migliaia di spettatori pronti ad applaudirti come fischiarti contro; sognano di fare quel determinato mestiere da sempre e impulsivamente sono pronti a tutto pur di arrivarci… ecco, Max Pezzali è stato esattamente il contrario di tutto ciò. Sia chiaro, non arrivi ad oltre 25 anni di carriera per caso, e allo stesso modo non finisci a vendere milioni di copie dei tuoi dischi esclusivamente per incroci fortuiti del destino ma “solo” grazie all’esser stato precursore dei tempi e dei gusti musicali, allegandoci tanta passione e bravura. Il discorso è riconducibile in parte all’origine, ovvero da quei primi anni di vita che già denotavano un carattere timido e fortemente introverso: un ostacolo sulla carta che non l’avrebbe mai portato neanche ad ipotizzare ciò che poi accadde realmente. Max, o se preferite Massimo (suo vero nome all’anagrafe) nasce a Pavia, “cittadina” (punti di vista) lombarda che dista appena trenta chilometri dalla grande metropoli di Milano ma che psicologicamente, come lo stesso cantante affermerà, lontana anni luce per mentalità, servizi, opportunità e quant’altro. Pezzali sin da bambino è abituato a passare i pomeriggi da solo visto che i genitori, titolari di un negozio di fiori, erano fuori tutto il giorno e così le giornate si dividevano fra compiti ed aeroplanini da dipingere, fedeli compagni di quella passione per il modellismo.

A scuola andava senza infamia e senza lode che tradotto in cifre era riconducibile ad una media fissa del sette… distante sia dalla modalità “secchione” ma anche dal pericolo bocciatura. Non amava affatto lo sport ma non tanto per pigrizia o l’esser poco socievole, quanto per la forte miopia (oltre a soffrire di tachicardia da sforzo) e quei maledettissimi occhiali spessi che gli rendevano complicata qualsiasi attività… già, quei bastardissimi fondi di bottiglia capaci di condizionargli parte dell’adolescenza e portandolo a costruirsi un personaggio ad hoc per combattere, sì gli “altri”, ma al contempo esser accettati da questi. Siamo negli anni ’80 e Pavia è invasa dai “paninari”, ovvero quei ragazzi solitamente di buona famiglia che ricercavano nell’abbigliamento un certo stile fatto di grandi firme e maglioncini stretti intorno al collo… mal digeriti dal buon Max che non sopportava l’omologarsi a tutti i costi ma che invece provava gusto a ricercare e tuffarsi in quello che veniva scartato o contestato dai più. Da questo senso di ribellione prendono vita tutte le sue peculiarità adolescenziali che lo portano rapidamente a rifugiarsi nella musica hard rock (la sua prima cassettina comprata fu “Back in Black” degli AC/DC) come in quella heavy metal… senza trascurare il punk dei The Stooges o i Clash. Quei suoni inizialmente fanno breccia nel suo cuore perché rifiutati dalla stragrande maggioranza ma alla fine diventeranno una pura passione che coltiverà nel tempo. Max dopo le medie sceglie il liceo scientifico, il Copernico, con la speranza un giorno di diventare qualcuno e far felici i suoi genitori ma l’idea di un futuro posto fisso, magari in banca e “vestito bene”, gli provoca più disagio che soddisfazione. Con i tempi che corrono oggi verrebbe da etichettarlo facilmente come un folle, ma siamo ancora agli esordi degli anni ottanta, dove ci sono ancora (specialmente nel Nord Italia) vacche grasse da spremere e sognare qualcosa di diverso non è affatto pazzia. Mezzo istituto allagato anche per colpa sua ed un estintore riempito di farina e sparato ( ad atmosfere da capogiro) verso un insegnante, furono delle motivazioni aggiuntive che spinsero il corpo docenti a bocciarlo e quindi fargli ripetere il terzo anno di superiori… come lo stesso Max ammetterà la sconfitta più grande della sua vita ma è da lì che iniziò tutto. L’anno dopo fra i banchi trova come compagno un “certo” Mauro Repetto che da una prima analisi sembra diametralmente opposto a Pezzali; paninaro, amante dello sport con un futuro da centravanti e ligio alle regole il primo, punk anche nell’abbigliamento, disinteressato all’attività fisica e contro le vecchie istituzioni il secondo.

La musica diventa l’argomento condiviso fra i due ma non aspettatevi dei punti in comune perché anche qui Mauro è fanatico dei lenti in stile Duran Duran mentre Max… beh, l’avete capito. Eppure quelle amichevoli divergenze li portano un passo alla volta verso un sogno comune di fare musica o quantomeno provarci. I pomeriggi li passano sempre insieme, dedicando il minimo sindacabile tempo allo studio e tutto il resto diviso fra musica e ragazze; quegli odiati occhiali spessi fecero posto alle lenti a contatto e così pure il mondo femminile fu guardato sotto un altro punto di vista. Mauro nel frattempo si cimenta in radio, Radio Luna, e il compagno di banco gli prepara dei testi da adattare per i diversi jingle dell’emittente: la sintonia fra i due è tangibile e l’avvento per qualche mese al Docking (discoteca di Pavia) del dj statunitense David Azarc non fa altro che portare una ventata d’innovazione e passione. Max rimane affascinato dai suoni del disc jockey e dal suo modo di fare musica, così decide di intraprendere un viaggio a New York da dove torna con un aumentato interesse per il mondo rap… ed una batteria della Roland, tr-707, che troverà la compagnia da lì a poco di un registratore, di un sintetizzatore e di un campionatore. La maturità era stata raggiunta con un 41 di entrambi, utile per ottenere il diploma ma non valido (serviva 42) per partecipare ai vari concorsi pubblici… un chiaro segnale della “società” che non voleva quei due fra i piedi e quindi gli stessi avrebbero dovuto inventarsi altro. Mauro si segna alla facoltà di Lettere, Max a quella di Scienze Politiche ma i risultati sono alquanto penosi (appena un esame per Pezzali) e quella strada musicale comincia a pesare; da quella tavernetta ricavata dal negozio dei genitori escono tante idee ma pochi fatti e soprattutto zero introiti. Registrano una demo interamente in inglese “Live in the music” che presentano a Jovanotti e viene passata senza problemi nel suo programma “1,2,3 Jovanotti”… ma nulla di più oltre l’aver conosciuto, in quella occasione, dei miti come i Run DMC. Mauro e Max, esordienti con il nome “I Pop” su suggerimento di Cecchetto, iniziano a cercare sempre con più veemenza un contratto discografico che li proietti nel mondo musicale e capace di chiarirgli le idee sul loro futuro: il servizio civile di Pezzali nella Croce Rossa stava per terminare e il “cosa farò da grande” assumeva sempre più i contorni di un notevole fardello. Il due decidono che è finito il tempo di lasciar scegliere al destino e di petto affrontano la situazione lasciando sulla portineria di Radio Deejay, fondata da Cecchetto, la cassettina di un loro brano, “Non me la menare”.

Oltre il titolo, già abbastanza lungo, era necessario “presentarsi” come gruppo e dopo aver pensato a cosa poter inserire in quel poco spazio bianco della custodia, fu Max a proporre il nome 883, come il modello di Harley-Davidson (sua passione da sempre) e assai breve, quindi utile alla causa… così iniziò il mito! Cecchetto li richiamò, invitandoli al Festival di Castrocaro e proponendogli di fare subito un album. In un pomeriggio, canticchiando un motivetto apparentemente assurdo, nasce il brano “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” che nel 1992 spopola fra i giovani (e non solo) ed invade le varie radio dello stivale. Seicentomila copie vendute e paradossalmente nessuno ancora ha visto mai in faccia quei due ragazzi di Pavia che sono riusciti a “fare il grande salto”.

L’occasione buona arriva con un altro singolo, “Sei un mito”, dove nel videoclip Max e Mauro sono circondati da attraenti e bellissime modelle; la coppia sembra impacciata ma anche quel loro essere sfacciatamente “normale” risulterà fondamentale per l’immediato successo. Lo schema recita una parte fissa ed inamovibile dove Pezzali canta e Repetto balla come un forsennato, suonando per finta bassi o chitarre acustiche; sembrano messi lì sul palco per caso eppure il mix che ne esce fuori è altamente micidiale e funzionante. “Nord sud ovest est” del 1993 vince il Festivalbar come miglior album e in quel momento la popolarità degli 883 comincia a raggiungere vette altissime, fatte di continui successi che diventano le colonne sonore dell’estate. La coppia artistica non si fa mancare nulla musicalmente aggiungendo ai tormentoni dance dei veri e propri lenti, adatti più a situazioni romantiche… "Come mai” (non amata da Pezzali che prediligeva ben poco il lato sdolcinato ma considerata un capolavoro da Cecchetto) viene lanciata come singolo e diventa l’emblema del momento. I primi album degli 883 sono esattamente frutto di esperienze personali vissute fra i banchi di scuola ed il bar, in questo caso il Bar Dante di Pavia, quest’ultimo fonte d’ispirazione e vero punto di riferimento nella vita reale. Cisco esiste realmente, fa il metalmeccanico ed è il suo migliore amico, e gli altri sono tutti frequentatori del locale che inconsapevolmente hanno riempito il repertorio del neonato gruppo. Max nei suoi brani riesce perfettamente a descrivere il pezzettino d’esistenza che ci circonda, non andando a sconfinare nell’onirico ma rimanendo sempre fedele al tangibile…dove ognuno di noi, chi più chi meno, può ritrovarcisi. Il suo amico Alberto, tossicodipendente ed entrato in comunità, è l’uomo al quale è dedicata una canzone “pesante” quanto importante come “Cumuli” dove l’insegnamento più grande è quello che da ogni situazione spiacevole, se si vuole e si lotta, è possibile uscirne. “Jolly Blue” e “Con un deca” del primo album e “Weekend” del secondo sono le perfette sintesi della vita di periferia raccontate in pochi minuti: “pasta in brodo o forse minestrone” e “la sala giochi piena di giochi” danno voce alla realtà nuda e cruda che ogni adolescente/ragazzo si ritrova a vivere nella sua quotidianità… il fittizio qui non trova casa. Vengono raccontate pure le angosce e la rabbia di una generazione che sognava una vita tranquilla fatta di piccole ma genuine cose: invece si ritrova a gestire un futuro ben sotto le aspettative e propende ad annegare i propri timori con il mai calmo mare dell’eroina che negli anni descritti dilagava per uso ed abuso. La dipendenza da droghe, come già scritto, e gli amici morti di aids (come la compagna delle medie Melissa, piccola e “con un seno enorme” che non amava i ragazzi timidi) trovano spazio nei brani degli 883, senza fare la morale ma limitandosi a descrivere eventi realmente accaduti a persone conosciute.

Sembra tutto perfetto ma Mauro capisce che le sue esibizioni, riconducibili ai soli balletti strampalati ( l’effetto novità cominciava a svanire), sono completamente inutili ed è tempo per lui di fare una scelta drastica quanto necessaria; seguendo l’amore per una modella francese decide di trasferirsi nel paese transalpino senza fare più ritorno. Erano i giorni dove c’era un capolavoro come “Gli anni” (un vero inno generazionale) da scrivere e riflettere su come impostare il terzo album ma poco prima della Pasqua del 1994 Repetto non si fece più vivo lasciando Max completamente solo… chissà come sarebbe andata se fosse rimasto. La scuderia-Cecchetto decide di portare Max e Fiorello al Sanremo dell’anno dopo, il primo con “Senza averti qui” (pezzo decisamente poco incisivo per la gara canora) ed il secondo cantando “Finalmente tu” , scritta sempre da Pezzali ben quattro anni prima: fiasco clamoroso. Il leader degli 883 ha la febbre alta per tutta la settimana e riesce a dormire poco e male anche per colpa delle continue urla di Loredana Bertè, sua vicina di camera, che tendeva ad arrabbiarsi con chiunque ogni tre secondi; invece il codino più famoso dopo Roberto Baggio stecca spesso durante la diretta e risente della pressione dei media viste le voci che girano sul rapporto fra lui ed Anna Falchi, quell’anno “spalla” (insieme a Claudia Koll) di Pippo Baudo.

Si ritorna a casa con le “pive nel sacco” ed ora, dopo aver deciso di voler continuare l’avventura degli 883, Max inizia a cercare un possibile gruppo con il quale suonare nuovi pezzi ed andare in tour per i palazzetti: i ragazzi prescelti saranno gli “Elefunky”. Suonano nel locale milanese di Jannacci, sono sconosciuti, hanno voglia di mettersi in mostra ed ottimi musicisti quindi i profili perfetti al momento giusto… ah, dimenticavo di dirvi che hanno due coriste, Paola e Chiara (sì proprio loro). Gli ultimi album targati 883 sono elaborati da Max in stretta collaborazione con i nuovi compagni di viaggio ed anche qui non mancheranno canzoni destinate ad entrare di diritto nel cuore dei fan di Max: da “Grazie mille”, con videoclip effettuato a Monaco durante l’eclissi totale di sole dell’ 11 agosto 1999, a “Nessun rimpianto” dedicata ad una sua ex di Genova che nel giro di poco tempo l’ha mollato per poi sposarsi e fare un figlio con un altro. In mezzo anche brani “minori” come “La rana e lo scorpione” pensata e scritta per un suo amico che ad inizio del ’98 decise di farla finita lasciando una moglie ed un bambino piccolo… un gesto che segnerà nel profondo l’animo di Max. L’avventura a Tokyo per registrare “Viaggio al centro del mondo” e l’ultimo album come gruppo “Uno in più” (quest’ultimo diviso fra pezzi di stampo 883 ed altri più “lenti”) sono gli atti conclusivi di un fenomeno musicale nato quasi per caso ma che ha saputo impadronirsi della scena per un intero decennio. Il resto è storia recente, di un Pezzali solista che ha saputo reinventarsi quasi del tutto ma continuando a comporre musiche e brani in pieno stile pop e dal successo assicurato. “Il tempo passa per tutti lo sai” ed anche per Max arrivò il momento di dare un taglio quasi netto con il passato, cantando sempre di un reale vissuto in prima persona ma diverso per gli eventi raccontati; quel punk anticonformista ora è padre di un bellissimo bambino che certamente gli ha regalato nuove prospettive ed emozioni talmente forti come nessun palco potrà mai regalargli.

Un figlio che ha rischiato di perdere dopo la diagnosi di una malattia rara (la sindrome di Kawasaki) e potenzialmente mortale se non curata a modo ma che grazie a Dio è stata tenuta a bada ed Hilo (il nome dato alla sua creatura) ora è libero di seguire suo padre come fan numero uno. La vita, proprio come raccontata nelle canzoni degli 883, si ritrova a fare dei giri immensi quasi impossibili da codificare e allora tanto vale andare ad orecchio, vivendo alla giornata e sperando che tutto proceda “come deve andare”. Max e Mauro si sono ritrovati dopo anni che non si vedevano ed insieme a J-Ax hanno pubblicato il pezzo “Sempre Noi” per festeggiare nel 2012 i vent’anni dalla nascita del gruppo di Pavia. Repetto ha due bambini di colore avuti da una moglie africana e lavora a Disneyland come organizzatore degli eventi… chi l’avrebbe mai immaginato. Allora ecco che basta chiudere gli occhi, mettersi le cuffie, premere il play del walkman e far girare la cassettina… ”tappetini nuovi arbre magique” e siamo immediatamente negli anni novanta. Nella mente e nel cuore scorrono le immagini dei centomila in piazza Duomo, il video di Nord sud ovest est girato a Tucson in Arizona, gli accenti spostati a forza dei suoi testi e tanto altro…. e perché no, anche i momenti non indimenticabili come il film “Jolly Blue”. Quel bambino di provincia che suonava le campane elettriche della chiesa e sognava un futuro tranquillo osservando il traffico della statale 526 si è ritrovato a scrivere le colonne sonore della vita di moltissimi ragazzi che ancora oggi non smettono di sognare con i suoi brani. Il futuro è una pagina bianca da scrivere ma senza focalizzarsi troppo sulla meta perché in fondo “l’importante è il viaggio, non dove andrò”.













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