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  • Immagine del redattoreLuca Fazi

I BIDONI della Serie A: stagione '98-'99 (Ep.1)

Aggiornamento: 10 ott 2021



Lo scudetto di fine secolo magari non sarà stato vinto dalla squadra più forte ma certamente non è rimasto avaro di colpi di scena ed emozioni fino all’ultimo minuto. La banda rossonera guidata dal romagnolo Zaccheroni si rende protagonista di una rimonta storica quanto insperata, riuscendo a recuperare sette punti in altrettante giornate alla ben più quotata Lazio. E’ l’anno di un giovanissimo Abbiati che esordisce grazie alla pazzia del veterano Rossi (e pensare che ad inizio stagione sarebbe stato Lehmann il titolare designato) e di un Bobo Vieri tornato dall’esperienza spagnola ed incaricato, insieme al collega Salas, di portare in alto il reparto offensivo biancoceleste. E’ la stagione del “Chino” Recoba, pupillo del presidente Moratti ma poco utile alla causa Inter, che emigra nel pazzo Venezia di Novellino e riesce a salvare con “tranquillità” i lagunari (per gli addetti ai lavori, spacciati dopo l’inizio di campionato) grazie ad assist e magie su punizione. Il ’98-’99 vedrà incredibilmente due delle “sette sorelle” più prestigiose, Inter e Juve, fuori dalla corsa scudetto quasi subito anche a causa di investimenti troppo azzardati. In quei mesi il Renato Curi di Perugia viene invaso come non mai da folle di giapponesi desiderosi di vedere il proprio beniamino giocare: Hidetoshi Nakata! Viene istituito realmente un “Nakata-Tour” che da Perugia arriva fino a Roma, con biglietti e prezzi speciali per visitare i maggiori capolavori artistici dello stivale. Il nipponico, però, vuole dimostrare di non essere solo uomo-copertina e si presenta in A rifilando subito una doppietta alla Juventus. La competizione poteva vedere la supremazia della Fiorentina, campione d’inverno ed inarrestabile per diverse giornate, ma l’infortunio di Batistuta e le “fughe” di Edmundo hanno sensibilmente rovinato il sogno viola. Oltre Empoli e Vicenza, ci lasciano la Sampdoria (solo otto anni prima campione d’Italia) e la Salernitana, quest’ultima con il “lutto al braccio” non solo per la retrocessione ma per la tragedia del convoglio 1681 Piacenza-Salerno… una pagina tristissima che con lo sport e la genuinità del calcio c’entra ben poco. Una stagione infuocata ed appassionante, iniziata proprio dalle roventi parole del boemo Zeman che nel luglio del ’98 comincia a parlare di doping, attaccando la Juve e quelle eccessive “esplosioni muscolari di Vialli e Del Piero”. Ora però concentriamoci sui “bidoni” di quel campionato, ovvero quei giocatori stranieri arrivati in Italia (da sconosciute promesse o già affermati protagonisti del calcio) che hanno indegnamente deluso le aspettative per poi, ci tengo a precisare, non dimostrare più nulla (o quasi). Vengono presi in esame i migliori, o in questo caso peggiori, cinque…. ma quanti ce ne sarebbero da aggiungere alla lista. Come sempre, buona lettura!


5° POSTO: Jocelyn Blanchard

(Juve)


Possiamo affermare con sicurezza che la Juventus nella sua lunga vita sportiva ha avuto quasi sempre fiuto per gli affari, piazzando dei colpi di mercato anche a poco prezzo e scovando dei veri e propri talenti… ecco, Blanchard è l’eccezione che non conferma la regola. Il centrocampista bianconero arriva alla corte di Lippi dopo aver impressionato l’anno prima con il Metz e con quel secondo posto storico che, con un pizzico di fortuna, si sarebbe trasformato in qualcosa di eccezionale per i granata. Soffre la pessima annata della banda bianconera e per lui saranno appena dodici le presenze senza mai insaccare il pallone in rete. Peccato, perché quel gol nell’ amichevole contro il Newcastle aveva fatto sperare ben altro.


4° POSTO: Gustavo Bartelt

(Roma)


Passi che è ugualmente argentino, ha una simile acconciatura bionda (visibile da distanze chilometriche) ed entrambi sono passati per Roma… ma Caniggia era un’altra cosa! Prima amichevole giallorossa e Bartelt segna. Prima partita ufficiale in Coppa Italia e Bartelt segna. In quattro minuti contro la Fiorentina ribalta il punteggio servendo due assist ed assumendo fattezze paranormali… poi il nulla mischiato al niente e 13 miliardi di lire buttati dalla famiglia Sensi. Zeman impiegò poco tempo per bocciarlo… Capello ancora di meno.


3° POSTO: Juan Esnaider

(Juve)


Il classico giocatore della serie “eppure aveva fatto vedere grandi cose”. Le sue origini sono divise fra Germania, Spagna ed Argentina ma la grinta e la testa calda (fin troppo) sembrano appartenere alla parte latina. Juan è tutto e niente: è colui che si fa cercare e riprendere una seconda volta dal Real Madrid, mica l’ultimo dei club, e porta i Leones del Zaragoza al trionfo in Coppa delle Coppe segnando pure nella finale contro l’Arsenal… sì, ma anche quello che in A sembrava tutto meno che un grande attaccante. A sua difesa va detto che esser preso a gennaio per sostituire Del Piero, vittima di un gravissimo infortunio, risulterebbe “complicato” pure per i migliori al mondo… figuriamoci per lui.


2° POSTO: Fabio Junior

(Roma)


Zeman chiedeva Shevchenko e Sensi gli rispose portando nella capitale Fabio Junior, il “Tornado Blu” del Cruzeiro. Ribattezzato ben presto dai tifosi l’ ”Uragano giallorosso”, venne spacciato da molti come il nuovo Ronaldo, l’asso nerazzurro che procurava complessi d’inferiorità a molti club. Fabio Junior non esordisce male, mettendo a referto tre reti in sette gare ma l’anno dopo mister Capello chiese al presidente la sua cessione, etichettandolo come “impresentabile”. La pancia aumentata di settimana in settimana, il presunto talento forse divorato insieme alle grosse quantità di cibo spazzatura e la scarsa ambientazione lo riportarono in patria prima della bufera dei passaporti falsi. Trenta miliardi spesi non per un tornado e neppure un uragano ma, come lo salutarono i romanisti, per “Er Venticello”.


1° POSTO: Ivan De La Pena

(Lazio)


Altri trenta miliardi buttati e sempre dalla capitale ma stavolta la parte è biancoceleste e con l’aggravante. Non bastava la cifra spropositata per un calciatore che, comunque, ai tempi del Barca aveva vinto sia nei confini nazionali che fuori, ma una volta contattato dalla società di Cragnotti gli venne concesso pure un ingaggio da sei miliardi di lire a stagione… che spreco! Il “piccolo Buddha” si ritrovò catapultato in una realtà completamente diversa e in un centrocampo talentuoso presidiato da Nedved e Stankovic su tutti. La Lazio sfiorò lo scudetto… ma di certo non grazie ad Ivan.





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