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"Dopo Pescara mai più rigori. Barberini un secondo padre". Intervista a capitan Massimo Costantini



- di Luca Fazi - Ci sono calciatori che fanno la storia della propria società. Ci sono uomini, prima che giocatori, capaci di lasciare un’impronta indelebile nei cuori di chi ogni volta li ha sostenuti, anche senza voce, per novanta infiniti minuti e oltre. Ci sono personaggi che vanno al di là di fredde questioni tecniche, perché abili a farsi ricordare pure per doti umane sconosciute ai più: ci sono campioni come Massimo Costantini.

Superfluo sottolineare quanto i protagonisti in maglia e calzettoni, passati durante l’epopea gualdese, godano della stima incondizionata di una città intera per aver dato vita ad un miracolo sportivo con pochi eguali.

Quella che segue è una piacevole chiacchierata con il capitano, che voglio ringraziare per la disponibilità e per aver dimostrato ancora una volta il suo lato umano… non per ultimo, l’amore per Gualdo e i suoi colori.


Massimo, come sei arrivato a Gualdo?

“Diciamo che tutto iniziò nella stagione 1991-1992, ovvero quella che portò il Gualdo dalla Serie D, o per meglio dire Interregionale, alla C2. Io giocavo nella Narnese e avevamo incrociato i biancorossi in campionato. Il ds Crespini si interessò a me e al mio compagno Cesarini e alla fine prese il pacchetto completo”.



Che ricordi hai della città?

“Bellissimi… onestamente a Gualdo ho lasciato una buona parte del mio cuore. I miei figli hanno frequentato qui le scuole e ho passato nove anni meravigliosi. Una città a misura d’uomo, dove conosci tutti e nella quale mi sono trovato subito bene”.


Un undici del Gualdo 1996-1997

Nei tuoi anni in biancorosso, qual è stato il ricordo più bello?

“Credo che occorra scindere in due la domanda. Sportivamente parlando ho ancora i brividi se ripenso alla promozione in C1 nel ’94. Ero già titolare da tempo e a ventisei anni mi sono ritrovato in una categoria importante.

Dal punto di vista umano invece ti direi il periodo del terremoto. Non fraintendermi, non certamente per il momento che si stava passando ma per come i gualdesi, in particolare, e noi giocatori stavamo affrontando l’emergenza. Dormivamo in una tendostruttura e ricordo benissimo la solidarietà che regnava tra le persone. Molto commovente”.



Nella tua carriera hai avuto molti allenatori e inoltre alcuni di questi hanno guidato club nelle categorie più alte: con chi ti sei trovato meglio?

“Guarda, come hai detto giustamente tu, ho avuto la fortuna di essere allenato da veri specialisti del settore che hanno mostrato anche in seguito le loro qualità. Personalmente mi sono trovato bene con tutti perché tutti mi hanno trasmesso qualcosa di buono… tutti mi hanno lasciato qualcosa di positivo.

Mi preme sottolineare la figura di mister Nicolini perché è un uomo dotato sia tatticamente che umanamente. Non finirò mai di ringraziarlo per essermi stato accanto nei momenti difficili. In una stagione subii tre infortuni e lui puntualmente mi era vicino. La sua presenza e il suo farmi sentire importante sono cose che non posso dimenticare. Veramente un uomo dai valori unici… siamo restati in contatto e ogni volta é un piacere sentirlo.

Di mister Novellino mi colpiva la forza motivazionale che passava a noi giocatori… un vero animale. Fammi ricordare però anche Nicoletti, un signore. Ti ripeto, ognuno mi ha dato tanto”.


Invece un ricordo per il presidente Barberini?

“Il presidente è stato per me un secondo padre, come per molti di noi. Mai visto un presidente così legato alla propria squadra. Aveva una passione per il suo Gualdo sconfinata e ricordo ancora come viveva le partite… spesse volte prendeva delle gocce per calmarsi.

Per il calcio ci si ammalava. Ha portato un paese dal quasi anonimato a riempire le cronache sportive nazionali. Vero leader nella sua attività imprenditoriale e leader nelle vesti di presidente. Come tutti non amava le sconfitte ma quelle in casa non le tollerava proprio… ci teneva troppo a far bene davanti ai tifosi. Quanti ritiri punitivi se finivamo gli incontri casalinghi senza punti! Sicuramente non un carattere semplice ma non mancava mai di farci sentire l’affetto… non esagero se ti dico che giocavamo per lui. Sapevamo quanto ci tenesse”.

Abbiamo parlato prima dei momenti più belli, ora ahimè passiamo alle dolenti note. Avellino, Castel di Sangro e Nocerina: è ovvietà dire che la prima è stata la più dura da digerire?

“Assolutamente sì, per me in particolare! Lo spareggio di Pescara era prima di tutto una finale, quindi mancava un niente per coronare il sogno. Poi si è conclusa ai rigori con il mio errore dagli undici metri… come potrebbe non essere il momento più brutto? Te lo giuro, da quella volta non ho più voluto battere un rigore, sia in gara che nelle partitelle degli allenamenti. Ci sono stato troppo male perché sentivo di aver tradito l’entusiasmo dei tifosi, di quel meraviglioso esodo partito da Gualdo alla volta dell’Adriatico.

Ho pianto per una settimana intera e quell’errore te lo porti sempre dietro. Devo dire che tutti, dai compagni allo staff, mi sono stati vicino senza farmi pesare nulla… ma è comunque dura. Inoltre è stata una mazzata anche professionalmente perché ero ancora giovane e il salto di categoria mi avrebbe messo in luce.

Poi ovvio, ci sono pure le semifinali che giustamente hai menzionato, dove anche lì la sorte non ci ha assistito. Eravamo un bel gruppo che sognava in grande”.



Ad Andria nel 2000 invece la fine di un ciclo?

“Direi di sì e in primis parlo per me. Visti gli infortuni non ero più io. A livello di squadra va detto che molte colonne delle passate stagioni non c’erano più ed era iniziata una rivoluzione forse troppo radicale. Si percepiva la fine del ciclo e la disfatta ad Andria era nell’aria… si respirava ben poco entusiasmo prima della gara”.

Massimo, cosa voleva dire indossare la fascia da capitano di quel Gualdo?

“Sicuramente un mix di orgoglio e responsabilità. Un premio che mi era arrivato direttamente dai miei compagni i quali in me riconoscevano delle doti particolari. Ho giocato fino a quarant’anni e in tutte le piazze, con qualunque situazione, ho cercato sempre di dare tutto. Essere un professionista è soprattutto questo”.


Grazie mille capitano per questa intervista.

“Grazie a te e un saluto alla meravigliosa città di Gualdo Tadino”.



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