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19 maggio 1999: l'ultima gara di Coppa delle Coppe


- di Luca Fazi - Per Paulo Coelho “è necessario continuare a sognare, altrimenti la nostra anima muore”. Ecco, senza ombra di dubbio la sua riflessione non prende assolutamente spunto dal mondo calcistico (o forse sì), eppure se lo scrittore/poeta brasiliano si soffermasse a pensare sul valore che aveva la vecchia e cara Coppa delle Coppe probabilmente, non volendo esser sacrilego, troverebbe delle similitudini più o meno forti. Già, perché ad onor del vero quel trofeo per quarant’anni distribuì emozioni anche a chi per disponibilità economica, storia o blasone non era abituato a viverle. Non serviva essere i dominatori del proprio campionato o avere necessariamente una rosa piena zeppa di talenti; il pass per quella parte d’Europa veniva direttamente dalla coppa nazionale (credenziale decisamente non proibitiva) e poi, riprendendo Coelho, occorreva affidarsi ai sogni per allegare ad una presunta missione impossibile spicchi sempre più grandi di stimata realtà . Chiedete alla Dinamo Tbilisi, o allo Slovan Bratislava e perché no al Malines: apparentemente tutti dei visionari che, a differenza di altri, hanno avuto il coraggio di mostrarsi anche folli o semplicemente illusi per poi, buttando quel famigerato cuore oltre l’ostacolo, ritrovarsi protagonisti di una festa dove nessuno li aveva nominati né tantomeno cercati… ma terminata alla fine con questi al centro dell’attenzione.


I ragazzi della Dinamo Tbilisi trionfatori nella Coppa delle Coppe 1981

Bene, questa era la Coppa delle Coppe, ovvero un laboratorio con aspiranti leader bramosi di scrivere pagine importanti di un libro dalla copertina internazionale e qualche big momentaneamente decaduto ma voglioso di rimettersi in luce con un riconoscimento salva-stagione. Il format non poteva che essere voluto ed ideato dagli inglesi, gli unici a glorificare la propria coppa nazionale (la FA Cup, la più antica competizione al mondo) e quindi maggiormente interessati nel concedere il giusto riconoscimento ai vincitori di questa. In realtà, fuori dai confini di His Majesty, non ci furono grossi entusiasmi e per lungo tempo regnò a riguardo un vasto disinteresse. La Fiorentina vinse nel ’60-’61 l’edizione pilota del trofeo (l’unica giocata con la doppia finale andata/ritorno) e alla squadra toccò pure il primato di diventare il primo club italiano a conquistare una coppa del circuito Uefa.



A chiudere il cerchio in quel tristissimo (per noi inguaribili nostalgici) 19 maggio 1999 ci pensò ancora una squadra made in Italy: al Villa Park di Birmingham la Lazio vince, contro il Maiorca, l’ultima edizione della Coppa delle Coppe. Tutto confluì successivamente nella Coppa Uefa (Europa League poi) con annesso il diritto di giocarsi la Supercoppa Europea con la trionfatrice della Champions. Quella maglia laziale quasi interamente gialla marcata “Del Monte” resterà una delle tante immagini filtrate e conservate nelle menti dei tifosi ed appassionati. I biancocelesti guidati dallo svedese Eriksson, appena quattro giorni dopo quella data, videro ufficialmente andare in fumo uno scudetto praticamente già vinto e perso nelle ultime sette gare. A ripensarci con il senno del poi il 1999, proprio quel giro di millennio, sancì l’atto finale non solo della coppa delle coppe ma fu anche l’ultimo trionfo in Coppa Uefa per le nostre squadre, grazie al Parma di Malesani. Sì, avete ragione, nulla ci impedisce di tornare padroni nella seconda manifestazione europea per importanza, però è come se in un certo senso fosse andata in pensione quella magica epopea vissuta fino a due decenni fa… in attesa comunque che la Serie A torni giovane e vigorosa, con tanti anni di “vita” da sviluppare alla grande. Quei ragazzi della Lazio ’98-‘99 però non potevano finire la stagione a mani vuote (escludendo la Supercoppa Italiana del ’98), perché se hai in rosa gente come Nesta, Mihajlovic, Couto, Stankovic, Nedved, Mancini, Boksic e Vieri, qualcosa devi pur vincere. Proprio quest’ultimo, appena fatto tornare dalla Spagna (era all’Atletico Madrid dove divenne Pichichi), aprì le marcature contro il Maiorca grazie ad un colpo di testa preciso e letale; Roa è battuto e beffato ma l’estremo difensore argentino si “vendicherà” qualche minuto più tardi colpendolo in fronte e costringendo il nostro Bobo a giocare con un turbante di garze e cerotti… anche quella medicazione insanguinata sarà destinata ad entrare nella storia. Nel frattempo gli spagnoli pareggiano con Dani su assist dell’altro Stankovic, Jovan, che per una sera si mostrerà tecnicamente superiore a Dejan (e decisamente meno intimidito dalla finale - il centrocampista della Lazio ha appena 20 anni). Spettro dei supplementari o forse calci di rigore ma la parità non è opzione gradita alla banda capitanata da Nesta (autore di un salvataggio decisivo nella ripresa) e per sbloccarla prima del novantesimo serve tutta la grinta a disposizione… una furia magari “cIeca”. Sì, ci pensa la girata capolavoro di Pavel Nedved a sconfiggere la squadra di Hector Cuper (il “battitore di petti” seriale, giunto poi in Italia) e consegnare l’ultima edizione della Coppa delle Coppe nelle braccia del presidente Cragnotti.



Niente di sorprendente? Vi sbagliate di grosso perché la società, nel corso della stagione, rischiò spesso l’eliminazione; fra Losanna prima e Partizan poi (con l’unica eccezione della goleada inflitta ai greci del Panionios), fino ad arrivare alla rete di Boksic con la Lokomotiv Mosca, micidiale quanto sofferta per agguantare la finale... il percorso non fu semplice. La Lazio conquistò così il suo primo titolo alzato fuori dallo stivale italico ed ottenne il lasciapassare per disputare in estate una Supercoppa Europea, guarda caso da sogno (stai a vedere che Coelho trovò l’ispirazione proprio in questa maniera), contro il Manchester United… quello degli “invincibili” prima di incontrare un Matador cileno. Forse è solo grottesca nostalgia o forse nutrita malinconia per quei club dominatori su tutti i fronti continentali ed oltre, ma… che spettacolo era la Coppa delle Coppe?!


Il logo nostalgico della Coppa delle Coppe

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